Los hombres hablan de personas y
los caballeros hablan de cosas.
Per intenderci: le persone passano e le idee, i temi, i problemi restano. Su quelli ci confrontiamo e facciamo i conti. Non ci interessa il destino degli individui, la loro storia personale, le loro amicizie e le loro preferenze o comportamenti sessuali, se vanno a Sanremo o meno e cosa ci vanno a fare, se si ritengono “in quota” a qualcuno o meno e così via. Ci interessa sapere cosa ne pensano, quale sia il loro progetto, la loro visione su qualcuno dei grandi argomenti che interessano il futuro della Rai. E invece siamo indotti a trastullarci con numeri più o meno azzardati, su “successi” e “record” finti come un soldo bucato senza alcun riferimento a come e perché si ottengono quei numeri: se per entrare nella storia di Sanremo o della Tv è necessario avere in video la saga Ferragnez basta saperlo: all’occorrenza c’è di peggio. Se per qualche dollaro in più di contratti pubblicitari è necessario proporre e sostenere tutto il caravanserraglio di Sanremo, basta saperlo, c’è pure di peggio. Non ci interessano i numeri in quanto tali ma ciò che rappresentano: non si contano nella loro composizione percentuale (share) o assoluti (ascolti netti) ma si pesano in termini di cosa contengono, cosa esprimono, cosa riflettono e cosa propongono. Ieri abbiamo saputo che con Sanremo RaiUno ha “spostato” ovvero ridotto la soglia di età dei telespettatori over 45 da una media di 63 anni a 53. Interessante. Cosa sta a significare? È il risultato di una strategia editoriale ovvero il mix di Rosa Chemical e Ornella Vanoni?
Poniamo con forza il tema Instagram e Ferragnez: cosa ne pensano i consiglieri Rai, non solo per la rilevanza economica ma anche per il loro significato sociale nonché “editoriale”?
Poniamo un’altra domanda: chi e perché è stato deciso che il discorso di Zelensky fosse mandato in onda in piena notte dove, peraltro, ha avuto grande attenzione di pubblico? Si voleva fare il “botto” di ascolti? Si poteva farlo leggere alle 21.30, nel momento di picco. Si è trattato di una evidente scelta politica ma fatta da chi?
Bene, veniamo al 12 febbraio. Hanno fatto il deserto spianato con le ruspe e ora la chiamano politica. E con i risultati di ieri siamo entrati nel “dopo” elezioni regionali, la seconda tappa di avvicinamento alla resa dei conti in Rai. Manca solo il congresso del PD e poi potremo essere pronti per la “nuova era” del Servizio Pubblico. Manca ancora poi un tassello: la Vigilanza e, se vogliamo dircela tutta, si avverte pure il silenzio di AgCom che sul tema Ferragnez avrebbe potuto e dovuto dire qualcosa.
Dunque, non sembra essere in discussione il se ma solo il quando. Attenzione, in discussione non c’è la Rai, l’Azienda di Servizio Pubblico in quanto tale (detto pure che ci sarebbe molto da dire in merito) ma la forma e la sostanza di chi la dirige. A leggere i giornali di oggi lo schieramento sembra netto: da un lato il PD o ciò che resta di esso (ovvero ciò che ne sarà) contro il resto del mondo a ranghi sparsi. Si invoca la “riforma della Rai” (Conte e Orlando, non pago di aver fatto ammuffire la sua proposta precedente) ma senza neanche prendersi la briga di accennare in che senso la si vorrebbe impostare. Il M5S guarda attonito il suo mondo che gli crolla intorno con la speranza di non naufragare insieme al PD. Tutti gli altri, Governo&C, vorrebbero fare qualcosa ma non possono, almeno per ora, o non vogliono o per manifesta e dichiarata difficoltà ad agire (come, quando e con chi?) o per mera convenienza (Berlusconi: la Rai non si tocca). C’è da crederci: la Rai è stata già “toccata” e contagiata nel suo spirito, nella sua anima profonda, e Sanremo ne è la sua immagine, la sua icona quasi assoluta.
Per il momento la destra è attestata e barricata per tanto tempo ancora: Hic manebimus optime e con questo vertice di Viale Mazzini potrebbe non esserci nessuna fretta di mandarli a casa.
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