sabato 18 febbraio 2023

Il "punto zero" di Viale Mazzini: si scoprono i vasi di Pandora


Come ai fatto a fare bancarotta ? chiese Bill.

In due modi - Mike disse – gradualmente prima e improvvisamente poi.

Chi ti ci ha portato?

Amici – disse Mike. Io avevo un sacco di amici. Falsi amici.

(Hemingway, Fiesta)

Abbiamo proposto questa citazione tante volte e torna sempre attuale, anzi, forse oggi più che mai. Il “punto zero” del possibile spartiacque che segna il destino della Rai potrebbe essere avvenuto proprio la sera del 7 febbraio con l’inizio di Sanremo. Improvvisamente, si sono scoperchiati i vasi di Pandora che celano tutte le debolezze e le difficoltà in cui versa il Servizio Pubblico. Tutte insieme, su tutti i fronti: politici, sociali, economici e tecnologici e in ognuno di questi vasi si celano segreti micidiali per quanto possano essere devastanti una volta scoperti.

Ieri abbiamo provato a scoprire quello della “sicurezza” politica della Rai. Un buco nero nell’Universo difficile da individuare e superare. Oggi prova a fare una proposta risolutoria Giovanni Valentini sul Fatto con il titolo “C'è solo un modo per salvare la Rai: gli Stati Generali”. No, non ci siamo, o meglio, ci siamo già stati. È una proposta eccellente e praticabile in un momento di chiarezza dei soggetti che vi possono partecipare ma in questo quadro politico oggi non è dato nel più assoluto dei modi: nessuno ha in mente cosa possa o debba essere la Rai nel suo prossimo futuro e la prova provata è la mancata costituzione della Vigilanza. I partiti, tutti, non hanno la più pallida idea di cosa possa e debba essere il Servizio Pubblico Radiotelevisivo nei prossimi anni. Altra prova provata è il tema canone: se ne parla da oltre un anno e nessuno, nessuno, ha idea di come si possa sostituire la sua modalità di riscossione visto che, comunque, si dovrà fare. Con chi li fai gli Stati generali? Con i trattoristi in pensione della Bassa Val Tiberina? E poi, la proposta di Valentini si chiude e svela una gabola che, una volta per tutte, andrebbe sfatata. Si legge che “Sarebbe già un segnale apprezzabile se ora la presidenza - come accadeva in passato - fosse attribuita a un candidato dell'opposizione, in veste di garanzia, scegliendolo magari fra i "padri nobili" superstiti dell'azienda”. Errore clamoroso n.1: l’Azienda, formalmente, è già espressione di una opposizione fittizia, artefatta e composita. Errore clamoroso n.2. quali sarebbero i “padri nobili” dell’Azienda che già nel passato non hanno avuto gravi responsabilità per ciò che hanno fatto o che, peggio, ciò che NON hanno fatto? Fuori i nomi oppure forse è meglio che lasciamo perdere.

L’altro buco nero o vaso di Pandora scoperto a Sanremo e che pure frettolosamente è stato chiuso in un cassetto si riferisce alla storia della partecipazione in video di Zelensky a Sanremo. Tutta la vicenda nasce e si sviluppa nel torbido mondo paludoso interno ed esterno all’Azienda. Dibattito infuocato e polemiche sullo sfondo di una considerazione che la maggioranza diretta e indiretta dei partiti continua a far finta di ignorare: gli italiani non ne vogliono più sentir parlare di aumento delle spese militari e invio di altre armi sempre più pericolose. Lo stesso Vespa lo sostiene in una sua trasmissione. Si arriva su filo di lana: video oggetto di revisione preventiva si o no e chi lo dovrebbe fare? Coletta? Uhmmmm… fatto sta che nelle ora concitate che precedono la finale viene escogitato il trucco: Amadeus leggerà un messaggio. Una pezza più piccola del buco.  Ma il “vulnus” che svela è ben più grave: se la proposta di far intervenire il Leader ucraino a Sanremo ha nome e cognome, l’idea di far leggere il messaggio alle 2.15 di notte appare orfana di ogni genitore. Ripetiamo l’interrogativo già posto nei giorni scorsi: chi è stato a decidere e quali criteri sono stati utilizzati non tanto e non solo nella “forma” del messaggio quanto nella scelta dell’ora? Assolutamente evidente che una decisione del genere, di tale rilevanza, non può essere stata  presa solo dai vertici di Viale Mazzini ma necessariamente in accordo con le autorità di Kiev e “qualche parte” del Governo italiano.  Già, ma quale? Chi ha la forza di “imporre” una scelta del genere e farla digerire e poi farla passare quasi inosservata? Molti se lo chiedono e pochi trovano una risposta. Nessuno lo dirà mai apertamente ma un nome e cognome “innominabile” sembra noto. Un gioco di parole che nasconde un’altra grande verità: i vertici di Viale Mazzini contano come il due di coppe quando regna denari.

Ieri vi abbiamo citato un interessante articolo comparso sul Sole con il titolo "La governance della Rai è materia per la Consulta" dove si riflette su un nodo fondamentale della natura giuridica della Rai: il meccanismo di nomina dei suoi amministratori che, come noto, sono stati ridefiniti con la Legge del 2015 che assegna al Governo la capacità di determinare la sua composizione a partire della nomina dell’Amministratore delegato. Si legge nell’articolo che “ … occorrerebbe strutturare la Rai come un'istituzione autorevole e autonoma, con regole che consentano agli amministratori di resistere ai cambiamenti degli equilibri politici e alle pressioni esterne. Tuttavia, la stessa legge, specie dopo le infauste riforme del 2004 e del 2015, sembra scritta proprio per indebolire tali garanzie. II consiglio di amministrazione è di nomina quasi interamente politica e il mandato dei consiglieri è di soli tre anni, un tempo troppo breve per garantire una distanza da chili ha scelti. Quanto poi all'obbligo costituzionale che il consiglio di amministrazione «non sia espressione, diretta o indiretta, del potere esecutivo» e che la sua struttura «sia tale da garantirne l'obbiettività», la legge attribuisce al governo e alla maggioranza parlamentare un peso preponderante nella scelta dei consiglieri e soprattutto dell'amministratore delegato”. Da qui alla possibile ipotesi di incostituzionalità il passo è breve. Torniamo però a quanto detto più volte: chi è il soggetto che ha voglia, forza, capacità e lucidità di percorrere questa strada?

Ultimo mistero in corso d’opera: solo nei giorni scorsi è stata ufficializzata la partenza del striscia quotidiana affidata Vespa dopo il Tg1 delle 20.30. Nello scorso Cda è stato chiesto quanto costa e nessuno ovviamente ha risposto. Ma pure nessuno ha chiesto perché e in quale logica è stata fatta questa scelta.

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