“Il problema è politico”. Chiunque abbia frequentato anche
solo di passaggio una qualsiasi associazione, sezione di partito, assemblea
studentesca ha sentito ripetere questo dogma. Il problema è sempre
politico. Oggi il campo di battaglia di Sanremo evidenza con tutta la sua spietata
chiarezza che la contesa non è sugli ascolti, sui vecchietti o su qualche
spernacchiato cantante più o meno sconosciuto, ma a ciò che oggi è in primo
piano: l’attuale governo di destra e il ruolo della televisione pubblica che
in qualche modo accompagna il racconto della sua affermazione in questo delicato
momento di affermazione del suo ruolo prima ancora sociale e culturale che politico.
La Rai è politica e Sanremo è doppiamente politica. Quanto
avvenuto finora e quanto ancora potrà avvenire lo sta a dimostrare. Già è nel
dimenticatoio la scellerata questione della partecipazione di Zelensky a
Sanremo ma non può essere sottaciuto. Oggi i quotidiani riferiscono della fallimentare
missione della Meloni a Bruxelles dove, di sfuggita e in piedi, ha incontrato il
leader ucraino … di sfuggita e in piedi come le immagini hanno impietosamente evidenziato,
e solo perché non sarebbe potuto accadere altrimenti. Vedi titolo di oggi de La
Repubblica: “UE, il giorno nero di Meloni”. Ha influito in qualche modo,
seppure marginalmente, il “malumore” di Zelensky per come è andata a finire la
sua partecipazione al Festival con un video poi derubricato a semplice
messaggio letto? Lecito avere dubbi.
Andiamo oltre con i dubbi. Benigni e la Costituzione dal palco
di Sanremo sono stati o no uno strumento di confronto politico con la destra di
governo o no? La Meloni si sarà spellata
le mani ad applaudire o gli sarà venuto qualche “malumore”? Si può dire che
l’AD Fuortes era complice di questa “manovra” di questo sottile e perfido complotto
avvenuto a sua insaputa? Tutto è possibile ma difficile crederci.
Andiamo avanti: nel corso del Festival, nel pieno del
mucchio selvaggio delle polemiche, il ministro Giorgetti trova tempo e
necessità per uscirsene con la questione del canone. È un caso? No, non lo crediamo
affatto e si lega perfettamente alle dinamiche dello scontro politico in corso
all’interno e all’estero della maggioranza. La Rai è preda ed ostaggio di ben altre
manovre: ne citiamo due. La prima si riferisce alla Vigilanza non ancora
costituita e la seconda (che in qualche modo gli si riferisce) è l’assenza del regolamento elettorale
che sarebbe dovuto entrare in vigore per le prossime regionali di domenica. Non
è cosa da poco.
Infine, gli ascolti. Come sempre, in queste circostanze, si
strombazza sui record di ascolti ma si bada bene a riferire i numeri per la
loro interezza. Gli “ascolti” debbono essere sempre e comunque relativizzati e
contestualizzati: a parità di serate, gli ascolti in epoca Covid non possono essere
paragonati a quelli del post epidemia. Gli ascolti con Mattarella per la prima
volta al Festival non possono essere paragonati a nessun precedente simile. E così
via. Lo stesso si può dire della composizione della platea: è noto che è in calo
progressivo e inarrestabile: il pubblico della Tv emigra verso altre piattaforme
e modalità di visione. Ecco allora che il totem diventa lo share che è vero essere
in “relativo” aumento ma si mette in ombra il totem degli ascolti in numeri
assoluti che invece diminuiscono. Rispetto all’anno scorso centinaia di
migliaia di telespettatori sono emigrati verso altre destinazioni. Faremo i conti
dettagliati a fine festival, ma intanto questo è e questo è ciò che non viene
comunicato.
Finale: la notizia di ieri è che è stata depositata alla cancelleria
del Comune di Sanremo la manifestazione di interesse per la prossima edizione. Si
legge di una cordata privata ancora sconosciuta. A noi risulta un “interesse”
di ben altro livello. Il problema è sempre politico. Vedremo.
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