martedì 21 febbraio 2023

Il cavallo e la sua povera bicicletta

Foto di Kira da Pixabay

Il Palazzo di Vetro di Viale Mazzini è abitato da figure sinistre: fantasmi, ombre, sensi di colpa, omissioni, silenzi  e misteri. Per ognuna di esse c’è una storia, un precedente e un futuro che non potrà mai essere svelato. Con buona pace di chi parla e scrive di trasparenza, chiarezza, visibilità e tanti altri buoni propositi.

Oggi ci interessa di parlare di una figura tra esse che, verosimile, nei prossimi gironi (volevamo scrivere giorni ma il temine non è del tutto improprio) potrebbe occupare uno spazio di di attenzione: il prossimo Contratto di Servizio, a che punto è la notte? Buia, fitta, umida e con scarse possibilità che possa vedere l’alba. Ma ancora più fitto il mistero sul prossimo Piano industriale che si dovrebbe presentare prossimamente in Cda e che, per quanto letto, potrebbe costituire una miccia accesa sotto la sedia di qualcuno. A sua volta, il mistero è reso ancora più misterioso dalla pervicace e ottusa volontà di confondere le carte sui due piani: Piano industriale e Contratto di Servizio scaduto lo scorso anno e la cui validità è stata prorogata di alcuni mesi. Per quanto noto il primo è subordinato al secondo: con il Contratto si redigono le linee guida, si definiscono gli obiettivi e si prefigurano le risorse da impiegare per il loro raggiungimento e il Piano ne diventa lo strumento operativo. Un Piano senza Contratto è come una bicicletta senza pedali con le gomme bucate: non può andare da nessuna parte perché, semplicemente, può prefigurare impegni diversi da quelli richiesti.

E quì emerge con tutta evidenza il primo “buco nero” dove si avverte il precipizio: il Contratto, per sua intrinseca natura, impone un semplice rapporto “sinallagmatico” ovvero un sistema di vincoli di reciprocità ineludibili: un quid in cambio di tot. Questo fondamentale presupposto ancora non è dato supporre perché traballano due presupposti, due architravi, del contratto: le definizione dei “quid”. Il primo pilastro si riferisce alla componente “normativa”: un qualsivoglia modello di Servizio Pubblico proponibile per il prossimo decennio, una sua “mission”, una sua idea fondante autorevole e credibile. Il secondo pilastro, la quantificazione del "tot" si riferisce alla componente economica: il canone è fortemente minacciato, la pubblicità è in progressiva riduzione mentre i costi aumentano a dismisura. Piano e Contratto non possono fare un centimetro avanti se non si chiariscono e puntualizzano almeno questi due elementi. Ne siamo ben lontani: non ci sono segnali di fumo. Ci sarebbero poi altri pilastri che pure si dovrebbe ridefinire: la governance e un apposito e specifico “piano tecnologico” del quale non si quasi mai parlato se non all’interno di altri piano mentre appare alquanto evidente una sua particolare specificità.

Ricostruiamo rapidamente: siamo rimasti, almeno formalmente, ad un “gruppo di lavoro” Rai incaricato di redigere una bozza da sottoporre al Ministero secondo questo schema:

Ammesso ma assolutamente non concesso, poniamo pure che MiMit e Rai abbiano raggiunto un “accordo” su una bozza comune (punto 3) si tratterebbe ora di approvarla con la speranza che poi si possa inviare alla Vigilanza Rai che, come noto, non è ancora stata costituita. Bene che vada, seppure il Governo riuscisse a definire un percorso preferenziale, secondo lo schema che abbiamo indicato prima, nel migliore dei modi, se ne parla per il prossimo inverno. Auguri. Rimaniamo in attesa che da Viale Mazzini giungano segnali di fumo.

Però, alla fin fine, qualche figura invece lucida e corposa che si aggira a Viale Mazzini si vede e pure molto bene: ieri sera ci siamo imbattuti su La scelta, programma di Rai Tre condotto da Ezio Mauro. Difficile nascondere un certo fastidio: per l’ennesima volta un giornalista esterno Rai che conduce un programma con la sola semplice idea di fare domande ad un protagonista. Insopportabile.

bloggorai@gmail.com

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