mercoledì 2 marzo 2022

NO !!!

NO! Chiaro e tondo: NO! Il discorso di Draghi ieri al Senato è per molte parti ambiguo, contradditorio e per almeno due buoni motivi non è accettabile:

1) contrasta con l’art. 11 della Costituzione dove si legge che “L'Italia ripudia la guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come mezzo di risoluzione delle controversie internazionali;” dal quale poi è discesa la Legge del 9/7/1990 n. 185 dove si dispone in modo chiarissimo che “L'esportazione ed il transito di materiali di armamento sono altresì vietati: a) verso i Paesi in stato di conflitto armato, in contrasto con i principi dell'articolo 51 della Carta delle Nazioni Unite”.

2) perché alimenta un atteggiamento “muscolare” e aggressivo laddove sostiene che “…non è possibile rispondere soltanto con incoraggiamenti e atti di deterrenza …” e perché contrasta il sentimento, da Draghi definito “illusione”, che il nostro Paese debba e possa svolgere un ruolo attivo di pacificazione, dialogo e confronto pure di fronte a casi di palese violazione delle regole internazionali come sta facendo la Russia colpevole di gravi e inaccettabili colpe verso la popolazione civile. Precisiamo pure che questo ruolo l'Italia lo avrebbe potuto e dovuto svolgere ben prima dell'inizio del conflitto. 

Allora o i due dettati normativi sono superati e nessuno lo ha saputo o altrimenti sono in vigore e dunque se vengono inviate armi, difensive o offensive che siano, siamo in presenza di una violazione inaccettabile.

Nei giorni scorsi il Ministro della Difesa Guerini ha firmato, in deroga alla citata Legge 185, un decreto dal contenuto secretato ma del quale sembra noto il punto saliente laddove si autorizza la cessione di “ … missili Stinger antiaerei, missili Spike controcarro, mitragliatrici Browing, mitragliatrici Mg e munizioni” che, notoriamente, sono considerati “strumenti di pace, dialogo e confronto”.

Torniamo al discorso di Draghi. Già il presupposto, la premessa sulla quale poggia tutta la sua architettura è insopportabile: “Negli ultimi decenni, molti si erano illusi che la guerra non avrebbe più trovato spazio in Europa”. E poi aggiunge “Le immagini che ci arrivano da Kiev, Kharkiv, Maripol e dalle altre città dell’Ucraina in lotta per la libertà dell’Europa segnano la fine di queste illusioni”. Draghi ha però ha dimenticato di ricordare da quando e come queste illusioni sono finite e per colpa di chi. Si, è vero, molti si erano “illusi” e a buon motivo che la guerra non avrebbe dovuto trovare spazio in Europa. Questi “molti illusi” purtroppo hanno cominciato ad avere dubbi sulla fine di queste illusioni già da quando l’Italia ha bombardato (con vittime civili incluse) la Serbia e poi ancora quando abbiamo partecipato alle “missioni di pace” in Afghanistan o quando abbiamo aderito direttamente o indirettamente alla guerra in Iraq.

Questi “molti” ne avevano tanti buoni motivi per essere “illusi” anzitutto perché pensavano di avere le spalle protette da una robusta Costituzione che supporta adeguatamente questa illusione e poi perché questi “molti” sono coloro che sanno bene che le guerre anzitutto si prevengono prima ancora di essere combattute. E allora il discorso di Draghi, come al solito, vale più per quanto non dice che per quanto afferma. NON una parola sul fallimento degli accordi di Minsk, non una parola sul ruolo marginale del nostro Paese nelle fasi precedenti l’inizio della guerra in Ucraina, non una parola su come sono stati impostate le relazioni politiche ed economiche con la Russia di Putin fino al giorno prima dell’inizio della guerra. Salvo poi dover sostenere che “Allo stesso tempo, è essenziale mantenere aperta la via del dialogo con Mosca. Ieri, delegazioni russe e ucraine si sono incontrate in Bielorussia, al confine con l’Ucraina. Auspichiamo il successo di questo negoziato, anche se siamo realistici sulle sue prospettive”. Chiunque ha gestito un conflitto, piccolo o grande che sia, fosse pure familiare, sa bene che è facile iniziare quanto difficile finire. E quando due parti si affrontano è sempre necessario cercare una via di uscita, una soluzione al conflitto diversa dalla peggiore possibile con una della due parti che soccombe totalmente all’altra. Chiudere il periodo con “ …siamo realistici sulle sue prospettive” sembra volere quasi affermare che non si crede a questo percorso quando invece, al contrario, oggi è la sola strada percorribile in alternativa alla crescita della tensione dagli esiti imprevedibili.

Andiamo oltre. La notizia del giorno la riporta MF laddove titola “La Rai vuole il controllo delle Torri. Più lontano il Risiko” e si poi si legge “… il piano delle Rai per rendere Rai Way contendibile non ha riscosso grande entusiasmo tra i potenziali investitori. Decreto del Governo permettendo, Viale Mazzini sarebbe disposta a scendere al di sotto del 51% della Società …”.  Cioè, se abbiamo capito bene, che fonti di Viale Mazzini hanno fatto sapere che si potrebbe cedere la quota di controllo di Rai Way senza alcun prospetto o indirizzo strategico? È parte di una strategia industriale oppure un’operazione meramente finanziaria, finalizzata a raggranellare qualche soldo per tappare buchi che altrimenti non si sa come fare? Per quanto noto, sembra buona la seconda. Nessuno finora ha dato segni di visioni o progetti in questo settore: si brancola nel buio.

bloggorai@gmail.com

 

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