martedì 1 marzo 2022

La Guerra, l'Informazione e la Rai: il nostro sondaggio


L’immagine di un bambino che piange colpisce i sentimenti ma annebbia la ragione e cancella la memoria. È facile: fai partire il servizio con una mamma con la valigia e un lattante infagottato e la commozione è assicurata e giustificata. Da riprendere e tenere sempre a portata di mano Davanti al dolore degli altri di Susan Sontag. Da tempo, e forse prima ancora della guerra in Ucraina, ci domandiamo quale sia il ruolo dell’informazione del Servizio Pubblico durante le crisi. Ce lo siamo chiesto per il Covid e ancora di più ce lo chiediamo con la guerra in corso. Non abbiamo trovato riposte sufficienti ed adeguate a risolvere il solo grande problema che abbiamo posto: perché? Nessuno è stato in grado di rispondere al perché quando è scoppiata la pandemia il nostro Paese era totalmente impreparato a fronteggiare l’emergenza e il piano pandemico (obbligatorio) dormiva in un cassetto da almeno 10 anni mentre tutta la sanità pubblica (lombarda in particolare) era stata regalata alla logica del profitto privato.

Ma porre questa domanda disturbava un “manovratore” ovvero il Ministro della sanità Speranza e i Governi di cui ha fatto e fa parte e prima di lui chi è stato responsabile dello sfascio sanitario pubblico nazionale. E allora ecco il via alla schiera di virologi, immunologi, pneumologi, infettivologi conditi da dati numeri e tabelle che dicevano tutto ma non spiegavano nulla e quando qualcosa si spiegava veniva subito contraddetta da opinione contraria generando stordimento e confusione.

Così oggi nessuno sembra in grado di rispondere al perché Putin ha scatenato la guerra in Ucraina e quali responsabilità ci sono state da parte europea/americana nel cercare di impedirla e se qualcuno ci prova, direttamente o indirettamente, si cerca di tacciarlo come fiancheggiatore o simpatizzante dello stesso Putin. Vedi articolo di Barbara Spinelli di ieri sul Fatto e l’irritazione che ha suscitato pure in quella certa “sinistra” con la coscienza sporca quando si parla di guerra e armi (anche oggi articolo sempre sul Fatto).

Bene, anzi male, veniamo ora alla guerra e la Rai. Lasciamo da parte le goffe gaffe (fuori onda, filmati di videogiochi, copertine del Time inventate) che pure qualche elemento di riflessione lo forniscono. Lasciamo pure da parte per un attimo il grande tema del rapporto tra testate giornalistiche e il loro coordinamento (Parteniti) in relazione al “genere approfondimento” di Orfeo che pure aprirebbe un baratro di problemi.

Ci sono due approcci: uno quantitativo (quanti programmi, quante ore di trasmissione, quanti ascolti, quanti corrispondenti etc) e uno qualitativo (come si espongono i fatti e le notizie, come si commentano e da chi, quali e quanti punti di vista etc). Sui numeri non siamo molto bravi: sappiamo solo che dal 24 al 27 febbraio i cinque programmi news più seguiti sono stati in ordine: lo speciale Tg1 del 24, Che tempo che fa del 27, le due edizioni di 8 e 1/2 del 24 e 25 e Mezz’ora del 27 (studio Frasi su dati Auditel) e che sulla differenza in minuti trasmessi  a confronto con i Tg5 il Tg1 ha uno share del 25,9 a fronte del 20,5. Poi sappiamo che Rai News24 con i suoi oltre 190 giornalisti e oltre 230 mln di budget, in prima serata raramente supera i 100 mila telespettatori e non sappiamo nulla del sito Rainews.it.

Ci siamo chiesti ancora una volta quale ruolo svolge l’informazione pubblica, la Rai durante questa crisi e abbiamo svolto un rapido sondaggio tra alcuni dei nostri attenti lettori. Ovviamente, si tratta solo di opinioni sintetiche, nulla di scientifico, ma sufficienti a far emergere spunti interessanti. Premessa: sommariamente su 100 lettori interpellati 40 hanno risposto, 40 no e 20 ci stanno ancora pensando. Dei 40 che hanno risposto, circa 20 hanno azzardato un’analisi, 10 si sono limitati ad osservazioni e 10 l’hanno buttata in caciara. Riportiamo in breve alcune riposte (ci scusiamo per non citarle tutte).

La prima e forse più rilevante osservazione che ci è stata proposta riguarda il ruolo dell’informazione pubblica nei confronti del Governo. Se la Rai diventa “portavoce” ufficiale di quanto sostiene Palazzo Chigi (dal quale trae fonte di nomina dei vertici) si deve pagare necessariamente pegno sul fronte dell’equilibrio e dell’imparzialità. Tutte le voci distoniche o che solo lontanamente possono far emergere dubbi e perplessità sull’operato del Governo  sono bollate come “pro Putin” e complotto con il nemico. Non appena è stata proposta una cartina con una banale e incontrovertibile verità, oltre ogni ragionevole dubbio, sull’espansione dei confini NATO è stato lanciato l’anatema e la messa al bando di ogni tentativo di analisi. Domanda semplice: è stata una mossa giusta enfatizzare l’invio di armi italiane in Ucraina? Sono armi “buone” o “cattive” offensive o difensive? Aiutano la ricerca di dialogo e soluzione del conflitto o alzano l’asticella della tensione?

Poi un lettore solitamente più attento e informato, ci ha inviato una lunga serie di osservazioni interessanti. “Complessivamente la Rai ne esce bene etc etc … ma .. non solo news”. La prima parte dell’osservazione è abbastanza condivisa da altri lettori Rai mentre nella seconda parte  si coglie il punto centrale sollevato da molti altri: non solo notizie che forse aiutano a sapere ma non sempre sono utili a comprendere. Esempio fresco di ieri sera: superata l’opposizione emotiva alla video bulimia della Maggioni ci siamo apprestati con calma a vedere lo speciale Tg1 per cercare di capire come può essere stato avviato il tavolo negoziale tra Russia e Ucraina, cioè la notizia del giorno, la più rilevante e significativa. Attenzione: le parti in guerra sono loro e in tutto lo speciale non è stata ascoltato il corrispondente da Mosca che pure, forse, avrebbe avuto qualcosa da dire … o no??? ll primo commento da Kiev è stato affidato, come da giorni sta avvenendo, ad un certo quanto misterioso Valerio Nicolosi con il titolo “giornalista Micromega” e subito si pone una domanda banale: ma dove sono i corrispondenti Rai nelle due capitali interessate (in Ucraina ne risultano 12: di cui 7 al Tg1, 4 al Tg2 e 1 al Tg3) e quando è stata data la linea ad un corrispondete Rai da Kiev era del Giornale Radio (la chiamano "sinergia" anche se non è ben  chiaro come una notizia "radiofonica" possa essere tratatta in video) e dopo di che una sequela di servizi di pullman di profughi, di donne in lacrime e così via. Sulle trattative in corso mistero assoluto e ancora buio più fitto quando si tratta di capire e rispondere alla sola e semplice domanda di cui prima: perché? Quali sono i presupposti dei tavoli negoziali degli anni precedenti e perché hanno fallito? Di chi è la colpa e responsabilità? Mai una parola sul fallimento degli accordi di Minsk 1 e 2 pure fortemente sponsorizzati da Francia e Germania (Merkel in particolare) e poi benedetti dall’ONU.

Ancora: tra le tante analisi, molte (fonte interna Rai) concordano sull’ampiezza della copertura ma pressoché tutte si limitano all’aspetto numerico, ovvero al numero delle persone coinvolte tra giornalisti e commentatori. Magari ci è sfuggita (e nessuno l’ha segnalata) ma non abbiamo colto nessuna voce fori dal coro: ripetiamo, nessuno in grado di spiegare compiutamente e adeguatamene le vicende in corso necessarie e far comprendere come e perché siamo giunti a questo punto come se Putin fosse sceso improvvisamente dall'albero del pero.  Abbiamo molto altro materiale e spunti importanti che ci sono pervenuti sui quali riflettere ma, per ora, ci limitiamo a riassumere due elementi: A) non sono sufficienti le news ma occorrono analisi e approfondimenti e, possibilmente, svolti da punti di vista differenti. B) mai come in questo caso si avverte la forte assenza di una regia unica, di un coordinamento giornalistico organico ed omogeneo (un arguto lettore ha scritto “testate multiple” e un altro “corrispondenti dal nulla e sul niente”) ovvero la tanto famigerata “newsroom unica”.

bloggorai@gmail.com

   


 

Nessun commento:

Posta un commento