giovedì 24 marzo 2022

I Gladiatori della Guerra moderna: Giletti, il PD e il Tg1

Foto di ArtCoreStudios da Pixabay

Ogni Paese ha i partiti che si elegge e merita, il Governo che li guida e le televisioni che li rappresentano. In genere non ci occupiamo delle televisioni degli altri, ma quanto abbiamo visto domenica sera su La7 merita un cenno da conservare in archivio: Giletti in diretta dall’Ucraina è stato un raro esempio di orrore in prima serata dove pure di raccattare qualche mezzo punto di share non si indugia a sbattere in faccia ai telespettatori le immagini della morte in diretta.  

Susan Sontag, nel suo indispensabile testo “Davanti al dolore degli altri”, lo ha ricordato benissimo con “Il sangue in prima pagina” ovvero l’iconografia della sofferenza, che da secoli accompagna la storia umana quando rappresenta se stessa e le sue nefandezze. Scrive la Sontag: “Il desiderio di immagini che mostrano corpi sofferenti sembra essere forte quasi quanto la bramosia di immagini che mostrano corpi nudi”. Ricorda i fondamentali sociali, religiosi, antropologici di questo “racconto” che inizia con le visioni delle rappresentazioni bibliche, le decapitazioni di Oloferne e di Giovanni Battista, i neonati ebrei e così via. A pochi passi da casa nostra c’è sempre il Colosseo a ricordarci come, poche decine di generazioni addietro, i nostri antenati pagavano il biglietto per vedere squartare persone tra loro con il supporto di belve sanguinarie oppure lo spettacolo gli veniva offerto “gratis” dall’imperatore di turno che in tal modo ne se voleva ingraziare i favori. Nulla di nuovo: c’è sempre stato un filo nemmeno tanto sottile tra chi “propone” lo spettacolo di morte e chi ne usufruisce: la televisione, nell’era moderna, diventa la tela dove si dipinge questo spettacolo. Le immagini di morte e di sofferenza si sintetizzano con quelle di quando si assiste ad un incidente in autostrada che provoca l’ingorgo a causa di chi vuole assistere in “diretta” a quanto avvenuto (qualcuno ricorda i successo della trasmissione “Car Crash” ?). 

Si direbbe una specie di pornografia televisiva dell’orrore che sembra godere di molta attenzione.   

Un tanto al chilo, a spanna, grosso modo ma ci sembra che almeno un terzo degli italiani (per quanto sappiamo dai diversi sondaggi che pure abbiamo riportato almeno due volte su Bloggorai) non è d’accordo sull’orientamento assunto dal Governo sulla guerra in Ucraina. In particolare c’è un vasto dissenso su due scelte: la prima è l’invio di armi e la seconda è l’aumento delle spese militari oltre il 2% del PIL. 

Il tema è molto semplice: questa parte rilevante dell’opinione pubblica non trova visibilità nei telegiornali Rai e, in particolare, nel Tg1. Pericolosi “estremisti” come Barbara Spinelli, Luciano Canfora e Carlo Rovelli diventano “putinisti” e si cancellano dell’agenda telefonica degli “esperti” da invitare in trasmissione o ai quali chiedere un parere discorde dal “comune sentimento” della narrazione di maggioranza governativa. E' la stessa che pure quando Zelensky alla Camera assume toni moderati senza chiedere più la No Fly Zone, supporta e applaude Draghi che lo scavalca a “destra” mentre invoca più armi da inviare in Ucraina con lo sguardo soddisfatto di quel "colombo" del ministro della Difesa. 

Succede poi che la Berlinguer mette sotto contratto quel “pifferaio” di Putin come Orsini e un certo PD ringhioso si mette l’elmetto, come ha fatto già prima con il corrispondente da Mosca Marc Innaro, colpevole di aver fatto vedere una mappa geografica, e ne chiede il confino, magari pure in Siberia. I cannoni di Twitter tuonano. Berlusconi, a confronto con il famoso “editto bulgaro” è stato un chierichetto, un ancella delle Orsoline. Il “modello” di gestione del dissenso che Putin utilizza con i suoi oppositori evidentemente trova consenso e simpatia. Mai sentita una parola da parte dei vari esponenti di un certo PD su come il Tg1 usa le “fonti” dei nazifascisti del Battaglione Azov per spacciarle come “notizie” in prima pagina alle 20 (vedi nostro post dei giorni scorsi) oppure sollevare un battito di ciglio sulle copertine false del Time, sui filmati taroccati o sui “giornalisti” esterni Rai con il cellulare che ogni giorno imperversano indisturbati a mezzo servizio tra il Tg1 e altre emittenti.  

C’è una forte corrente di pensiero in onda sui teleschermi Rai che avverte il confronto, il dibattito tra opinioni diverse, l’analisi e l’approfondimento come un fastidioso prurito facile da eliminare semplicemente, banalmente, con il bollino “putiniano”. Tutto e tutti coloro che non sono tali, che pure avversano e condannano fermamente la guerra di Putin, a priori ne diventano solidali. NO, non è così e non deve essere così.  Noi riteniamo sia necessario esattamente il contrario: avere sempre tante voci diverse e avverse a confronto tra loro, seppure fossero le più distanti dalle nostre. Non c’è bisogno di scomodare Voltaire per ricordarcelo, sempre.

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