giovedì 31 marzo 2022

La complessità matematica di Fuortes e il Tg1

Foto di Ulrike Leone da Pixabay

Oggi clamorosa intervista dell’AD Rai, Carlo Fuortes, sul Corriere. Da incorniciare e tramandare ai posteri. Superata l’estasi per tanta cristallina lungimiranza, visione e progettualità sul futuro del Servizio pubblico, ci soffermiamo su un microscopico aspetto. Nel testo dell’intervista, ad un certo punto, la giornalista Antonella Baccaro chiede: 


Questo è un piccolo dettaglio, potenza e mistero dei numeri, dei segni e dei simboli. Allora, il dettaglio merita attenzione. Se ti chiedo quanto fa 1+1 hai una sola risposta: 2. Se ti chiedo se gli ascolti ripagano e rispondi “si” devi poi aggiungere che i numeri che fornisci sono positivi mentre se hanno il segno negativo come fanno ad essere positivi? Non siamo particolarmente esperti con la matematica ma, fino a prova contraria, il segno  - dovrebbe indicare un numero negativo. Si osserva: si però uno dei due numeri è positivo... ahhhh... vero... almeno quello.
Ma lasciamo perdere per un momento l’interpretazione dei segni ed entriamo nel merito delle due varianti sullo 0,01% dell'edizione serale. Variante Numero A: errore tipografico, cioè il segno - è sfuggito autonomamente dalla tastiera ed è comparso a sua insaputa. Fuortes voleva dire il contrario, cioè 0,01% che, notoriamente, se non specificato con il segno - sta ad indicare un numero positivo. Mannaggia chi scrive. Variante Numero B: Fuortes ha detto esattamente quello che a lui è noto, cioè che il Tg1, rispetto al marzo dello scorso anno, ha “guadagnato” -0,01%. Cioè, leggiamo noi, ha “perso” lo 0,01%… o no??? Qualcosa non torna e lasciamo agli esperti di interpretazione dei segni, dei numeri, delle carte, delle stelle o dei fondi di caffè cosa intendesse dire con quel “Si” alla domanda specifica. 

Ma ancora meglio, il tema è capire se una “crescita” o meno dello 0,01% si possa considerare “positiva” anche indipendentemente dal segno positivo e negativo sfuggito al tastierista. L’AD si vorrebbe riferire all’edizione delle 20, la più seguita e la più rilevante. La domanda è allora: come si può considerare un fatto positivo che proprio durante un momento così grave e importante, quando si presume che i telespettatori siano fortemente motivati ed interessati a seguire quanto succede nella guerra in Ucraina, i telespettatori “crescono” (o meno) dello 0,01%. Chissà cosa direbbe Totò... ma ci faccia il piacere!!!! Per quanto risulta a noi, almeno nell’edizione delle 20 delle ultime domeniche, a confronto con lo scorso anno, come abbiamo scritto chiaramente nei giorni scorsi i numeri sono impietosi e ben diversi e non lasciano spazi a dubbi sul segno da anteporre: mancano centinaia di migliaia di telespettatori.

Ma abbandoniamo il sentiero dei numeri ed entriamo invece nell’autostrada dei contenuti, in particolare del Tg1. Nella mappa di questi percorsi di informazione televisiva non esiste un “navigatore” e non esistono segnali indicatori per indicare un percorso, quale che sia, verso una “verità” che non è e non sarà mai oggettiva. Ognuno va per se e risponde solo ad una “preminenza” dell’indicazione “politica” alla quale risponde la testata giornalistica, ovvero il Governo. Esiste un “metodo” o un “sistema” per misurare il “peso” o il “valore” delle parole e delle immagini messe in onda? Ovviamente, ci riferiamo ad un sistema scientifico, dove si possa assegnare una valore che possa poi essere codificato e confrontato con altri. La riposta è no. Non esiste un “metodo oggettivo” e l’analisi si può ricondurre semplicemente alla “percezione” soggettiva, individuale o collettiva, che si può avere ascoltando i servizi ovvero tutto il “racconto” ovvero ancora la “percezione” di quanto viene diffuso con tutto il "pacchetto" Tg. In altri termini, il solo elemento sul quale si potrebbe avere, attraverso specifici strumenti di rilevazione, qualche elemento di riflessione di riferisce al senso generale, alla “narrazione” che il Tg1 propone su questi giorni di guerra.

Allora, tanto per proporre una sommaria esercitazione, provate a mettere in ordine la “gerarchia” delle notizie per la loro rilevanza (trattative o “notizie sul campo di battaglia), provate a contare le volte in cui si ripetono frasi, concetti e immagini (bambini, ospedali, morti, feriti etc), oppure le tipologie di domande (tg1 edizione delle 20 di ieri 30 marzo,l’inviata del Tg1 Stefania Battistini chiede al sindaco di Iripn  “Quanti civili sono stati uccisi dai russi?”) oppure il rapporto tra quanti inviati Rai e quanti “giornalisti collaboratori esterni” e così via. In queste ore in cui Draghi parla con Putin e le delegazioni si incontrano in Turchia lasciando intravvedere microscopiche speranze di pace, difficili e complicatissime, provate ad ascoltare i commenti che riferisce il Tg1 dove si percepisce chiaramente, si lascia intendere in modo evidente che… si va bene, si tratta ma tanto… non servono a nulla. Chissà, forse, Palazzo Chigi  non ha informato la Palazzina A di Saxa Rubra di come stanno andando le cose.

Ecco allora la madre di tutte le domande sugli ascolti del Tg1 e del “+”o “-“ dello 0,01% degli ascolti in prima serata. Quale credibilità e attendibilità può avere una “narrazione” del genere? Quale senso generale può trarre il grande pubblico da una narrazione concepita, costruita, strutturata nel modo che ne viene fuori?

Torniamo brevemente all’intervista di Fuortes perché più la rileggi e più diventa buona, come il cacio stagionato. Vi riportiamo l’immagine così non ci sono dubbi di trascrizione:

Ritagliate l’intervista a Fuortes, un giorno sarà utile.

bloggorai@gmail.com

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