martedì 15 settembre 2020

Rai e Mediaset: il tempo della pace


La guerra è anzitutto un dramma e una tragedia ma è anche arte e scienza nonché politica. In tutti i casi si richiede abilità e conoscenza, capacità diplomatiche e di intelligenza, sul luogo e sul tempo dove ingaggiare o evitare il nemico e, infine, quando dichiarare una tregua o firmare la pace. Un pilastro delle tante teorie sulla conduzione dei conflitti sostiene che la vittoria migliore è quella di una guerra non combattuta.

Tutto questo per aprire una riflessione sulle contingenze in cui si trovano le relazioni tra Rai e Mediaset all’indomani della sentenza della Corte Europea che, di fatto, potrebbe cancellare la vituperata Legge Gasparri. Per inciso, c’è sempre un terzo invitato del quale poco si parla: La 7. I principali broadcasters si trovano accumunati dallo stesso insolito e inedito destino, con prospettive che potrebbero vederli oggi alleati almeno in parte a difendere interessi simili. In primo luogo la transizione al DVB-T2 (speriamo che i lettori più affezionati ci potranno perdonare per la continua insistenza su questo argomento) laddove l’orologio del passaggio alla nuova tecnologia di trasmissione non farà sconti a nessuno. Abbiamo più volte scritto che la più penalizzata sarà Rai ma anche Mediaset potrà subire serie conseguenze per la drastica riduzione della platea televisiva che avverrà alla conclusione del passaggio. In secondo luogo, la possibile creazione di una società di gestione della rete unica in fibra li dovrebbe vedere congiunti nel sostenere che non si tratta solo di indipendenza e efficienza ma del mantenimento della propria presenza sul mercato, altrimenti penalizzata dallo spostamento sempre più rilevante verso la fruizione di prodotti audiovisivi attraverso il Web. Rileggete il post di ieri e conservate il supplemento AF di Repubblica: ormai è incessante il ritornello con il quale si sostiene che la Tv è solo in rete e, per ulteriore curiosità, date un occhio alla campagna stampa di Netflix dei giorni scorsi con un impegno anche economico senza precedenti. Il tema è entrare in partita.


Già, ma come e a quale campionato iscriversi? In casa Mediaset hanno già le idee chiare ed hanno ben capito che oltre al tema dell’indipendenza della rete (e quindi il controllo), altro terreno di scontro con TIM è sui contenuti. Una possibile ipotesi consiste nel rafforzare la proposizione di un modello simile a Terna, dove il gestore è puramente tecnico e gli operatori forniscono i contenuti e saranno poi gli utenti, il mercato, a scegliere. 

Di tutto questo però non si avverte traccia dalle parti di Viale Mazzini, trincerati dietro un imbarazzante comunicato che nel punto più rilevante chiede di essere invitato a partecipare a tavoli e iniziative, senza dire una parola con quali proposte industriale (vedi Rai Way) oppure con quali risorse affrontare questo confronto (che non ci sono) oppure, come si legge sempre nel comunicato “quali rischi ed opportunità” si prospettano per il Servizio Pubblico. Insomma, a farla breve, ancora una volta “vorrei ma non posso” o a scelta “potrei ma non voglio” cioè la sagra delle occasioni mancate.

E, a proposito di occasioni, è bene sottolineare che ci stiamo trovando in una contingenza assolutamente favorevole alla ripresa di una iniziativa sulla riforma dell’intero sistema delle TLC dove trovare posto a quella conseguente del Servizio Pubblico e, segnatamente, della sua governance. Non abbiamo molta fiducia nelle reali intenzioni di questo Governo di mettere mano ad un argomento di tale rilevanza e il calendario non ci aiuta. La legislatura, se tutto va bene ...se ...se... si dovrebbe concludere entro marzo 2023. Teoricamente ci sarebbe tutto il tempo. Una legge di sistema dell’intero comparto delle telecomunicazioni peraltro previsto dal programma del Governo Conte al punto 14), sul modello di quella che si vorrebbe sostituire richiede tempi parlamentari lunghi e soprattutto un dibattito ampio e in grado di coinvolgere tutti i soggetti interessati. Facciamo grande fatica ad immaginare tutto questo e anche la più fervida immaginazione non ci aiuta. Ci potremmo accontentare di arrivare alla prossima scadenza dell’attuale Cda Rai prevista per il prossimo giugno con una proposta di revisione della Legge del 2015, dichiarando già da ora, pubblicamente, che non ci saranno sotterfugi o scappatoie come qualcuno già immagina (e trama) per eventuali proroghe per causa Covid. Ci rivolgiamo direttamente a quanti stanno sostenendo una proposta di riforma della governance (in particolare al senatore Primo di Nicola). C’è spazio e c’è tempo per agire subito.

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