La guerra è anzitutto un dramma e una tragedia ma è anche
arte e scienza nonché politica. In tutti i casi si richiede abilità e
conoscenza, capacità diplomatiche e di intelligenza, sul luogo e sul
tempo dove ingaggiare o evitare il nemico e, infine, quando dichiarare una tregua
o firmare la pace. Un pilastro delle tante teorie sulla conduzione dei
conflitti sostiene che la vittoria migliore è quella di una guerra non
combattuta.
Tutto questo per aprire una riflessione sulle contingenze in
cui si trovano le relazioni tra Rai e Mediaset all’indomani della sentenza della Corte Europea che, di fatto, potrebbe
cancellare la vituperata Legge Gasparri. Per inciso, c’è sempre un terzo
invitato del quale poco si parla: La 7. I principali broadcasters si trovano accumunati dallo stesso insolito e
inedito destino, con prospettive che
potrebbero vederli oggi alleati almeno in parte a difendere interessi simili. In
primo luogo la transizione al DVB-T2 (speriamo che i lettori più affezionati ci
potranno perdonare per la continua insistenza su questo argomento) laddove l’orologio
del passaggio alla nuova tecnologia di trasmissione non farà sconti a nessuno. Abbiamo
più volte scritto che la più penalizzata sarà Rai ma anche Mediaset potrà
subire serie conseguenze per la drastica riduzione della platea televisiva che
avverrà alla conclusione del passaggio. In secondo luogo, la possibile creazione
di una società di gestione della rete unica in fibra li dovrebbe vedere congiunti
nel sostenere che non si tratta solo di indipendenza e efficienza ma del mantenimento
della propria presenza sul mercato, altrimenti penalizzata dallo spostamento
sempre più rilevante verso la fruizione di prodotti audiovisivi attraverso il
Web. Rileggete il post di ieri e conservate il supplemento AF di Repubblica:
ormai è incessante il ritornello con il quale si sostiene che la Tv è solo in
rete e, per ulteriore curiosità, date un occhio alla campagna stampa di Netflix dei
giorni scorsi con un impegno anche economico senza precedenti. Il tema è
entrare in partita.
Già, ma come e a quale campionato iscriversi? In casa
Mediaset hanno già le idee chiare ed hanno ben capito che oltre al tema dell’indipendenza
della rete (e quindi il controllo), altro terreno di scontro con TIM è sui contenuti. Una
possibile ipotesi consiste nel rafforzare la proposizione di un modello simile
a Terna, dove il gestore è puramente tecnico e gli operatori forniscono i
contenuti e saranno poi gli utenti, il mercato, a scegliere.
Di tutto questo
però non si avverte traccia dalle parti di Viale Mazzini, trincerati dietro un
imbarazzante comunicato che nel punto più rilevante chiede di essere invitato a
partecipare a tavoli e iniziative, senza dire una parola con quali proposte industriale
(vedi Rai Way) oppure con quali risorse affrontare questo confronto (che non ci
sono) oppure, come si legge sempre nel comunicato “quali rischi ed opportunità”
si prospettano per il Servizio Pubblico. Insomma, a farla breve, ancora una volta “vorrei ma non
posso” o a scelta “potrei ma non voglio”
cioè la sagra delle occasioni mancate.
E, a proposito di occasioni, è bene sottolineare che ci
stiamo trovando in una contingenza assolutamente favorevole alla ripresa di una
iniziativa sulla riforma dell’intero sistema delle TLC dove trovare posto a
quella conseguente del Servizio Pubblico e, segnatamente, della sua governance.
Non abbiamo molta fiducia nelle reali
intenzioni di questo Governo di mettere mano ad un argomento di tale rilevanza
e il calendario non ci aiuta. La legislatura, se tutto va bene ...se ...se... si dovrebbe
concludere entro marzo 2023. Teoricamente ci sarebbe tutto il tempo. Una legge
di sistema dell’intero comparto delle telecomunicazioni peraltro previsto dal
programma del Governo Conte al punto 14), sul modello di quella che si vorrebbe
sostituire richiede tempi parlamentari lunghi e soprattutto un dibattito ampio
e in grado di coinvolgere tutti i soggetti interessati. Facciamo grande fatica ad immaginare tutto questo e
anche la più fervida immaginazione non ci aiuta. Ci potremmo accontentare di arrivare alla prossima
scadenza dell’attuale Cda Rai prevista per il prossimo giugno con una proposta di
revisione della Legge del 2015, dichiarando già da ora, pubblicamente, che non ci saranno sotterfugi o scappatoie come
qualcuno già immagina (e trama) per eventuali proroghe per causa Covid. Ci rivolgiamo
direttamente a quanti stanno sostenendo una proposta di riforma della
governance (in particolare al senatore Primo di Nicola). C’è spazio e c’è tempo
per agire subito.
bloggorai@gmail.com
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