Oggi da leggere e conservare l’inserto AF di Repubblica di oggi:
diversi articoli interessanti. Il primo lo firma Giovanni Pons e titola “La
televisione va in rete. Dopo la bocciatura della legge Gasparri quell'incrocio
non è più pericoloso: le mosse di Mediaset, Vivendi e Tim. Caduto il divieto
agli incroci azionari, si rimescolano tutte le carte a cominciare dalla rete
unica”. E già dalle prime battute si coglie un’anomalia: perché ci si riferisce
alla televisione in rete con le mosse
degli altri operatori e non si cita Rai che pure, giovedì scorso, ha rilasciato
un comunicato dove intende “partecipare a tavoli e iniziative”??? all’interno
dell’articolo non una volta è citato il servizio pubblico che pure dovrebbe far
parte della “televisione che va in rete”. Così van le cose del mondo … magari
il collega non ha saputo per tempo del comunicato stampa Rai di giovedì scorso.
Da incorniciare invece l’articolo firmato da Sergio Rizzo,
sempre su Repubblica AF : “Le nomine all'Agcom: Così i partiti hanno scelto
l'arbitro per la grande partita di tv e TLC. II settore è in grandissimo
fermento, la legge va riscritta. Eppure la scelta dei membri dell'Authority ha
seguito i criteri di sempre: competenze scarse, appartenenze politiche certe. Dura
a morire, la logica della spartizione politica. E durissima a morire anche
quando si tratta di nominare i componenti delle Autorità cosiddette
indipendenti. Dove la parola `indipendenti" starebbe per indipendenti dal
governo, dai partiti e dagli interessi economici”. Quando a suo tempo abbiamo
affrontato il tema nomine all’AGCom eravamo perfettamente a conoscenza del
carico di lavoro che sarebbe stato a carico del nuovo consiglio, per la
quantità e per la qualità dei dossier aperti. Ora abbiamo prova provata di come
la politica ha inteso affrontare il problema che, per altro, ancora non si è
chiuso definitivamente con il mancato insediamento
del nuovo presidente Giacomo Lasorella. Certo che poi Rai si trova in difficoltà
già di suo: se i suoi interlocutori stanno combinati in questo modo, sarà dura…
In genere, ci occupiamo poco di aspetti editoriali però in
questo caso si può fare eccezione. Nei giorni scorsi è stato sollevato il
problema della prossima edizione di Sanremo che corre il rischio di andare in
onda senza pubblico in sala. Condividiamo le obiezioni sollevate da Amadeus e
Fiorello: il pubblico è la componente fondamentale dello spettacolo e il
pubblico non è solo quello dietro gli schermi della televisione. Lo stesso
ragionamento vale per il calcio: una partita, lo stadio, sono un tutt’uno con
lo spettacolo sportivo e non ci saranno riprese fantascientifiche in Ultra 4K
che pssono rendere il calore e la passione del tifo a bordo campo che,
comunque, anche seduti in salotto si percepisce chiaramente. Qualcuno ha presente
le ultime partite trasmesse in Tv senza pubblico sugli spalti? Sembra la Play
Station, senza anima, senza passione, senza umanità. Certo, non è il pubblico
in sala a Sanremo a fare la differenza rispetto ai 10 milioni di telespettatori
comodamente seduti sul divano. Però difficile negare che si tratta di altra
cosa, una cosa diversa che nessuno ancora è in grado di percepire esattamente
per quanto potrà significare nei meccanismi di percezione che il pubblico,
tutto il pubblico, tutta la società italiana, potrà modificare.
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