lunedì 14 settembre 2020

La Televisione RAi non va in Rete


Oggi da leggere e conservare l’inserto AF di Repubblica di oggi: diversi articoli interessanti. Il primo lo firma Giovanni Pons e titola “La televisione va in rete. Dopo la bocciatura della legge Gasparri quell'incrocio non è più pericoloso: le mosse di Mediaset, Vivendi e Tim. Caduto il divieto agli incroci azionari, si rimescolano tutte le carte a cominciare dalla rete unica”. E già dalle prime battute si coglie un’anomalia: perché ci si riferisce alla televisione in rete con  le mosse degli altri operatori e non si cita Rai che pure, giovedì scorso, ha rilasciato un comunicato dove intende “partecipare a tavoli e iniziative”??? all’interno dell’articolo non una volta è citato il servizio pubblico che pure dovrebbe far parte della “televisione che va in rete”. Così van le cose del mondo … magari il collega non ha saputo per tempo del comunicato stampa Rai di giovedì scorso.

Da incorniciare invece l’articolo firmato da Sergio Rizzo, sempre su Repubblica AF : “Le nomine all'Agcom: Così i partiti hanno scelto l'arbitro per la grande partita di tv e TLC. II settore è in grandissimo fermento, la legge va riscritta. Eppure la scelta dei membri dell'Authority ha seguito i criteri di sempre: competenze scarse, appartenenze politiche certe. Dura a morire, la logica della spartizione politica. E durissima a morire anche quando si tratta di nominare i componenti delle Autorità cosiddette indipendenti. Dove la parola `indipendenti" starebbe per indipendenti dal governo, dai partiti e dagli interessi economici”. Quando a suo tempo abbiamo affrontato il tema nomine all’AGCom eravamo perfettamente a conoscenza del carico di lavoro che sarebbe stato a carico del nuovo consiglio, per la quantità e per la qualità dei dossier aperti. Ora abbiamo prova provata di come la politica ha inteso affrontare il problema che, per altro, ancora non si è chiuso definitivamente con il  mancato insediamento del nuovo presidente Giacomo Lasorella. Certo che poi Rai si trova in difficoltà già di suo: se i suoi interlocutori stanno combinati in questo modo, sarà dura…

In genere, ci occupiamo poco di aspetti editoriali però in questo caso si può fare eccezione. Nei giorni scorsi è stato sollevato il problema della prossima edizione di Sanremo che corre il rischio di andare in onda senza pubblico in sala. Condividiamo le obiezioni sollevate da Amadeus e Fiorello: il pubblico è la componente fondamentale dello spettacolo e il pubblico non è solo quello dietro gli schermi della televisione. Lo stesso ragionamento vale per il calcio: una partita, lo stadio, sono un tutt’uno con lo spettacolo sportivo e non ci saranno riprese fantascientifiche in Ultra 4K che pssono rendere il calore e la passione del tifo a bordo campo che, comunque, anche seduti in salotto si percepisce chiaramente. Qualcuno ha presente le ultime partite trasmesse in Tv senza pubblico sugli spalti? Sembra la Play Station, senza anima, senza passione, senza umanità. Certo, non è il pubblico in sala a Sanremo a fare la differenza rispetto ai 10 milioni di telespettatori comodamente seduti sul divano. Però difficile negare che si tratta di altra cosa, una cosa diversa che nessuno ancora è in grado di percepire esattamente per quanto potrà significare nei meccanismi di percezione che il pubblico, tutto il pubblico, tutta la società italiana, potrà modificare.

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