giovedì 17 settembre 2020

Un tema molto, molto spinoso


Lo scorso 6  marzo eravamo all’inizio del periodo più buio e drammatico del Coronavirus ed eravamo tutti inquieti ed appannati per quanto stava succedendo. E’ probabile quindi che tante notizie ci siano sfuggite o non abbiano ricevuto l’attenzione che meritavano. Ieri, rivedendo vecchi documenti e rileggendo ritagli vari, ci è tornato il Rapporto dell’Area Studi di Mediobanca sulla Tv pubblicato appunto il 5 marzo che merita di essere ricordato in alcuni punti proprio nel momento in cui si dibatte sulla rete unica e sulla transizione al DVB-T2. I pochi giornali che se ne sono occupati (La Stampa, Prima Online, Italia Oggi) hanno titolato: “Nel 2021 la Tv  via internet supererà il digitale terrestre”. All’interno del rapporto (fonte Auditel) si leggono numeri significativi: lo share medio complessivo (reti generaliste e specializzate) dal 2014 al 2019 cala dal 37,5 al 35,7 per Rai e dal 32,6 al 31, 6 per Mediaset a vantaggio anzitutto di Sky che passa dal 5,8 al 7,4.  Nel giorno medio lo share segue una curva analoga: Rai cala dal 30,6 al 28,6 e Mediaset dal 26,2 al 24,3 e così via. 

Il Report conclude: “The role of content aggregators will become extremely relevant to help customers in managing the huge number of platforms. In our view, Sky Italia and TIM are best candidate to play this game in Italy. We encourage publishers to speed up their transition towards digital: we believe flagship brands should explore marketing opportunities abroad and simultaneously reducing free content available on their platform Finally, while we continue to see TV as central in the media mix, we expect a flattish trend for the sector in 2020, also thanks to the contribution of sports events. In such a context, with ongoing structural pressure, we continue to believe sector consolidation will remain central to fighting the increasing relevance of OTTs. Mediaset has launched its pan-European project, aimed at integrating the Italian and Spanish businesses as a first step”. Tutto torna e pensare che il documento si riferisce a rilevazioni effettuate in periodo ante Covid.

Veniamo ora ad un tema molto, molto spinoso. Da tempo abbiamo accennato ad una notizia che ci risulta attendibile: da più parti qualcuno sta pensando a prolungare la vita dell’attuale Cda  a causa della sospensione fino al 31 dicembre del Piano industriale dovuto al Covid. Ora a questa argomentazione si aggiunge pure la partita banda larga perché si vorrebbe dar modo alla Rai di partecipare alle trattative in corso per la costituzione della rete unica. Riferiamo una sintesi di un colloquio interessante avvenuto ieri pomeriggio con un autorevolissimo protagonista interno a Viale Mazzini: “Potrebbe non essere un’eresia pensare ad una ipotesi del genere. Mi spiego: la contingenza politica attuale non è in grado di affrontare un dibattito sulla riforma dell’intero sistema delle TLC e tantomeno mettere in calendario una nuova legge per superare la precedente del 2015. Il rischio concreto che si corre è di dover procedere a giugno prossimo a nominare un nuovo consiglio con la vecchia legge, appunto, e, di conseguenza trovarci con una nuova govenance che nascerebbe mezza azzoppata dalla minaccia incombente di essere rimandata a casa entro breve. Tanto vale allora, per il bene dell’Azienda, estendere pro tempore l’attuale Cda e permettere alla politica di fare un passo avanti, forse non sufficiente a varare una riforma complessiva ma almeno quella dei criteri di nomina e formazione di un nuovo Cda Rai”. Il ragionamento è suggestivo e, come dicono chi parla la  lingua della finanza, è “razionale”. Difficile invece capire quanto potrà essere praticabile, anche perché una eventuale proroga dell’attuale Cda non sembra affatto facile da ottenere, con i chiari di luna che si aggirano tra le forze politiche. Un altro nostro interlocutore aggiunge: “… a partire dal secondo semestre 2021 si entra nel tunnel del rinnovo del Presidente della Repubblica, dove il controllo dell’informazione pubblica potrà giocare un ruolo rilevante”. Interessante.

Di certo c’è che la sentenza della Corte di Giustizia europea  e l’obbligo del Parlamento di adeguare la normativa nazionale alle disposizioni comunitarie entro il prossimo dicembre potrebbe dare un colpo di acceleratore. Si tratta ora di capire a quale modello di riforma ci si vuole ispirare, sia per la parte di sistema delle TLC e quindi partita rete unica, sia per la parte Rai, cioè a quale modello di servizio pubblico ci si vuole ispirare del tutto evidente che la governance di Viale Mazzini è un tutt’uno con la sua missione con le risorse che gli si debbano assegnare per il suo svolgimento. Aggiungiamo pure che la quarta componente, le tecnologie con le quali si dovrà svolgere la sua missione non saranno irrilevanti. I giochi sono tutti aperti e il momento sembra propizio ad immaginare anche mosse azzardate. Vedremo.

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