Lo scorso 6 marzo
eravamo all’inizio del periodo più buio e drammatico del Coronavirus ed eravamo
tutti inquieti ed appannati per quanto stava succedendo. E’ probabile quindi
che tante notizie ci siano sfuggite o non abbiano ricevuto l’attenzione che
meritavano. Ieri, rivedendo vecchi documenti e rileggendo ritagli vari, ci è
tornato il Rapporto dell’Area Studi di Mediobanca sulla Tv pubblicato appunto
il 5 marzo che merita di essere ricordato in alcuni punti proprio nel momento
in cui si dibatte sulla rete unica e sulla transizione al DVB-T2. I pochi
giornali che se ne sono occupati (La Stampa, Prima Online, Italia Oggi) hanno titolato:
“Nel 2021 la Tv via internet supererà il digitale terrestre”.
All’interno del rapporto (fonte Auditel) si leggono numeri significativi: lo
share medio complessivo (reti generaliste e specializzate) dal 2014 al 2019
cala dal 37,5 al 35,7 per Rai e dal 32,6 al 31, 6 per Mediaset a vantaggio anzitutto
di Sky che passa dal 5,8 al 7,4. Nel giorno
medio lo share segue una curva analoga: Rai cala dal 30,6 al 28,6 e Mediaset
dal 26,2 al 24,3 e così via.
Il
Report conclude: “The role of content
aggregators will become extremely relevant to help customers in managing the
huge number of platforms. In our view, Sky Italia and TIM are best candidate to
play this game in Italy. We encourage publishers to speed up their
transition towards digital: we believe flagship brands should explore marketing
opportunities abroad and simultaneously reducing free content available on
their platform Finally, while we continue to see TV as central in the media
mix, we expect a flattish trend for the sector in 2020, also thanks to the
contribution of sports events. In such a context, with ongoing structural
pressure, we continue to believe sector consolidation will remain central to
fighting the increasing relevance of OTTs. Mediaset has launched its
pan-European project, aimed at integrating the Italian and Spanish businesses
as a first step”. Tutto torna e pensare che il documento si riferisce a
rilevazioni effettuate in periodo ante Covid.
Veniamo ora ad un tema molto, molto spinoso. Da tempo
abbiamo accennato ad una notizia che ci risulta attendibile: da più parti
qualcuno sta pensando a prolungare la vita dell’attuale Cda a causa della sospensione fino al 31 dicembre del
Piano industriale dovuto al Covid. Ora a questa argomentazione si aggiunge pure
la partita banda larga perché si vorrebbe dar modo alla Rai di partecipare alle
trattative in corso per la costituzione della rete unica. Riferiamo una sintesi
di un colloquio interessante avvenuto ieri pomeriggio con un autorevolissimo protagonista
interno a Viale Mazzini: “Potrebbe non essere un’eresia pensare ad una ipotesi
del genere. Mi spiego: la contingenza politica attuale non è in grado di
affrontare un dibattito sulla riforma dell’intero sistema delle TLC e tantomeno
mettere in calendario una nuova legge per superare la precedente del 2015. Il
rischio concreto che si corre è di dover procedere a giugno prossimo a nominare
un nuovo consiglio con la vecchia legge, appunto, e, di conseguenza trovarci
con una nuova govenance che nascerebbe mezza azzoppata dalla minaccia incombente
di essere rimandata a casa entro breve. Tanto vale allora, per il bene dell’Azienda,
estendere pro tempore l’attuale Cda e permettere alla politica di fare un passo
avanti, forse non sufficiente a varare una riforma complessiva ma almeno quella
dei criteri di nomina e formazione di un nuovo Cda Rai”. Il ragionamento è
suggestivo e, come dicono chi parla la
lingua della finanza, è “razionale”. Difficile invece capire quanto
potrà essere praticabile, anche perché una eventuale proroga dell’attuale Cda non
sembra affatto facile da ottenere, con i chiari di luna che si aggirano tra le
forze politiche. Un altro nostro interlocutore aggiunge: “… a partire dal
secondo semestre 2021 si entra nel tunnel del rinnovo del Presidente della
Repubblica, dove il controllo dell’informazione pubblica potrà giocare un ruolo
rilevante”. Interessante.
Di certo c’è che la sentenza della Corte di Giustizia
europea e l’obbligo del Parlamento di
adeguare la normativa nazionale alle disposizioni comunitarie entro il prossimo
dicembre potrebbe dare un colpo di acceleratore. Si tratta ora di capire a quale
modello di riforma ci si vuole ispirare, sia per la parte di sistema delle TLC
e quindi partita rete unica, sia per la parte Rai, cioè a quale modello di
servizio pubblico ci si vuole ispirare del tutto evidente che la governance di
Viale Mazzini è un tutt’uno con la sua missione con le risorse che gli si
debbano assegnare per il suo svolgimento. Aggiungiamo pure che la quarta
componente, le tecnologie con le quali si dovrà svolgere la sua missione non
saranno irrilevanti. I giochi sono tutti aperti e il momento sembra propizio ad
immaginare anche mosse azzardate. Vedremo.
bloggorai@gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento