Piove… tutta colpa del Governo…
però aiuta a rimettere a posto qualche riflessione visto pure che sulla stampa
c’è poco da leggere.
Ne avevano scritto da mesi e
anche recentemente (lo scorso 17 settembre): qualcuno sta pensando, diciamo
pure tramando, più o meno seriamente e segretamente a rinnovare l’attuale Cda Rai. In un primo
momento la sola idea poteva far venire l’orticaria, poi riflettendo e
dibattendo con vari interlocutori sono emersi elementi che vale la pena tenere
in considerazione. Ovviamente, non si tratta di condividerli ma di avere
qualche tondino di ferro da carpentiere sullo stomaco per ragionare con
freddezza.
Punto primo: l’attuale CdA scade a cavallo del prossimo giugno. La coincidenza
temporale non è irrilevante: a fine luglio 2021 inizia il semestre bianco
preludio all’elezione del Presidente della Repubblica. Evidente che si tratta
di un passaggio di assoluto rilievo. L’informazione pubblica potrà giocare un ruolo
molto rilevante nello spostare significativi aghi della bilancia da una parte
piuttosto che dall’altra. La partita è troppo considerevole per lasciare senza
controllo la direzione delle testate giornalistiche. Pd e 5S sono in grado di
tenere la posizione ed evitare brutti scherzi da un Parlamento già stressato da
un esito referendario le cui conseguenze sono ancora tutte da decifrare? La risposta
a questo interrogativo è una buona chiave di lettura e potrebbe fornire
argomenti a sostegno o contro di questa ipotesi.
Punto secondo: una parte non ancora ben definita nella
composizione e nel peso politico ed economico, ma certamente significativa,
vorrebbe (e in parte dovrebbe) procedere ad avviare qualcosa che somiglia ad
una riforma del’intero sistema delle TLC o almeno di quella parte di Legge (del
2015) che determina la governance di Viale Mazzini. Si può pensare a riformare
solo la Legge Renzi senza toccare tutto il resto? Tutto si può fare, basta volerlo. Lo si vuole veramente? Si tratta solo di capire
quali delle parti in gioco nelle prossime settimane avrà più peso, chi avrà
maggiore visibilità e sostegno più o meno pubblico. La partita non è solo
politica ma anche economica e tecnologica. Economica perché in gioco ci sono interessi
poderosi intorno alle grandi sfide che si stanno definendo sulla questione
della rete unica, del 5G e della transizione al DVB-T2 e poi politica perché riguarda la posizione dell’Italia
nello scacchiere geopolitico internazionale. Questo invece potrebbe essere, al
contrario, un buon argomento per indurre a chiudere la partita prima del tempo
naturale e insediare un nuovo consiglio con maggiore ”presa” sull’Azienda.
Punto terzo: il Piano industriale. Come abbiamo scritto, è
nato come una macchina con almeno una ruota bucata: le risorse. Non c’erano
quando è stato approvato e men che meno ce ne sono oggi. È stato congelato fino
alla fine di dicembre e quando verrà scongelato già si dovrà fare una nuova
gara (milionaria come la precedente) per impostare quello nuovo perché quello
attuale scade appunto il prossimo anno. Qualcuno potrà argomentare che, essendo
stato congelato, potrebbe essere ancora buono, visto che per almeno un anno non
si è potuto “mettere a terra” per colpa del Covid (aggiungiamo pure la
singolare combinazione tale per cui è uscita la persona – Piero Gaffuri - che
era stata appunto incaricata proprio di attuare questo obiettivo e ancora non è stato reso pubblico perché sia stato indotto ad uscire).
Punto quarto: le persone. Oltre tutti gli aspetti di natura
normativa, politica ed economica, ci sono in ballo i diretti e indiretti interessati.
I diretti sono segnatamente i componenti il CdA e un paio di loro collaboratori
che, alla scadenza, dovrebbero tornare a casa salvo che nel frattempo si decida
di trasformare il loro contratto da tempo determinato a indeterminato (DG e
Dir.Com.). Per quanto riguarda il CdA poco da dire: non sappiamo se passerà alla storia della Rai per qualcosa di significativo realizzato sotto il loro
segno. Certo è che a qualcuno potrebbe anche fare piacere rimanere a galla. Poi
ci sono gli indiretti, tutte le persone interne all’Azienda che potrebbero pure
avere qualcosa da dire su come viene gestita l’Azienda ma, diciamo pure che per
vari motivi, preferiscono tacere in pubblico e dannare in privato (con noi
succede ma ovviamente non riportiamo e giriamo sempre nel famoso file criptato
in DES e AES). Infine, ci sono le persone esterne alla Rai che pure possono
avere qualcosa da dire sul tema: è ben curioso che di questa storia se ne parla
sottotraccia ma finora nessuno è venuto allo scoperto. Nessuno ha speso una parola ufficiale per
sostenere questa ipotesi.
Punto quinto: il quadro normativo. Come potrebbe avvenire un
siffatta proroga? Una ipotesi è quella dell’inserimento in un prossimo decreto “mille
proroghe”. Non è un percorso proprio facile ma nemmeno improbabile. Sarà pure
necessario trovare una buona e solida argomentazione e, al momento, non se ne
vedono all’orizzonte. La seconda ipotesi potrebbe essere più praticabile e meno
“dispendiosa” politicamente: alla scadenza naturale il Parlamento e i ministri
competenti rinviano, allungano, tentennano come hanno già dato prova di saper
fare benissimo con le Autorità di Garanzia (vedi AgCom).
Domandina finale da porre a chi si diverte con queste
ipotesi: questa attuale governance gode della fiducia e viene ritenuta in grado di sostenere e
gestire il peso di una inevitabile transizione del ruolo del Servizio Pubblico
prossimo venturo in un contesto normativo e tecnologico di tali dimensioni come
quello che si sta predisponendo? Se qualcuno esce allo scoperto con solide
argomentazioni, se ne potrà discutere. Intanto però, occhio al calendario, il
tempo scorre.
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