Oggi abbiamo da annotare un bel pensierino e ce lo propone l’AD di TIM, Luigi
Gubitosi. Avete presente quel sorriso dolce, tenero, affabile, cordiale, con
quegli occhi che sprizzano simpatia e cordialità in ogni scintilla, quella stretta
di mano calda, affettuosa e avvolgente? Leggiamo sul Messaggero di oggi “Se
Netflix volesse comprare il 2% della Rete lo valuteremo ma mentre mi è evidente
il vantaggio che avrebbe un operatore di TLC, non vedo il vantaggio che avrebbe
un fruitore della rete come può essere Netflix, la Rai o Mediaset”. Ipse Dixit
! cerchiamo di tradurre con una frase solitamente usata nel suo ambiente: “non
è razionale” che, tradotto ancor più dettagliatamente, non è razionale per lui
e per gli interessi che rappresenta.
Fatto sta che la possibile “discesa in campo” di Mediaset
nella partita in corso ha aperto nuovi scenari fino a pochi addietro alquanto
imprevisti. Ora, che il diretto competitor privato del Servizio Pubblico sia
potenzialmente interessato ad entrare in gioco (e vedremo in che forma e a
quale punto della partita) nella società che gestirà la rete unica (se e quando???)
dovrebbe far sorgere qualche riflessione dalle parti di Viale Mazzini e porre
qualche interrogativo.
Premessa: chi vi scrive da oltre 40 anni frequenta l’ambiente, direttamente e indirettamente e, a spanne, più o meno, ne intuisce le
dinamiche. Sommariamente, con tutte le dovute eccezioni, il popolo Rai e quello
che gli gira intorno si divide in alcune grandi categorie. La prima è quella di
chi svolge onestamente, con competenza e responsabilità, il proprio lavoro e non si cura più di tanto delle beghe della politica. Una seconda categoria
raggruppa coloro che sono sempre attenti agli stromir di fronda, preoccupatissimi
di salvare il salvabile (spesso il proprio ruolo e posizione strettamente personale);
una terza categoria è quella di chi più o meno ha tirato i remi in barca,
rassegnati e impauriti da un futuro incerto che osserva con distacco compassato
l’andare degli eventi. Infine, ci sono i duri e puri: coloro che a dispetto
della sorte e del destino, sono fermamente convinti che il Servizio Pubblico avrà un futuro glorioso e
dunque sono in trepida attesa che la politica possa addivenire a più miti
consigli e consentire di iniziare una nuova stagione per la Rai. Purtroppo però,
al momento, quest’ultima categoria sembra essere la più penalizzata.
Ecco che allora si legge con interesse il titolo di Francesco
Spini su La Stampa di oggi: “La rete unica deve essere aperta. E Conte non
esclude Mediaset”. Già, perché tutta questa “simpatia” e attenzione per le
reti del Cavaliere da parte del Governo? Perché tutto questo fervore sul fronte della ripartizione
del mercato pubblicitario che da mesi tiene banco e che vede, appunto, Rai e Mediaset
frontalmente contrapposti? Perché il Governo è tanto sollecito a far entrare
nella partita pure l’Associazione guardiamacchine in pensione (vedi Stati generali) e non la Rai che non viene invitata
nemmeno a prendere un caffè a Via Veneto (vedi recenti consultazioni al MISE)? E
perché, infine, la partita della transizione al DVB-T2 viene giocata in
sordina, a porte chiuse? Un nostro attento analista ci propone: “Conte gioca su
più sponde e in questo momento tattico, oltre che con occhio strategico, ha
tutto l’interesse a tenersi buona una parte di opposizione. La partita è ancora
lunga e gli esiti del tutto incerti” e aggiunge “può essere vantaggioso far
sentire il fiato sul collo a Gubi e ai suo amici americani”.
Allora ci chiediamo noi, e chiediamo ai nostri lettori: ma
Rai in tutto questo cosa c’entra? Deve essere o no della partita? Se si (come
siamo fermamente convinti) quando e come si decide ad uscire allo scoperto? Quale
è il suo ruolo, il suo futuro nei prossimi anni? Sarà un semplice fornitore di contenuti,
potrà partecipare come operatore di rete ibrido? Siamo certi che il CTO di Viale
Mazzini è in grado di rispondere adeguatamente a questi interrogativi. Rimaniamo
tutti in tiepida attesa, come sempre, da tempo.
bloggorai@gmail.com
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