Per nostra fortuna, l’Europa chiede molto ma spesso
restituisce altrettanto e lo fa anzitutto laddove nel nostro Paese si intravvedono
buchi di analisi e riflessioni grandi come voragini. Su segnalazione di un nostro attento lettore,
abbiamo ricevuto The European audiovisual industry in the time of COVID-19, una
pubblicazione realizzata dall’Osservatorio Europeo sull’Audiovisivo in collaborazione
con il Consiglio d’Europa. Leggiamo
in premessa “The global health crisis induced by the COVID-19 pandemic risks
becoming an economic disaster with a dramatic impact on the audiovisual sector
if nothing is done to prevent it” e più avanti “Key characteristics include a
stagnation of resources: TV advertising, although resisting better than print,
is challenged by Internet advertising; Linear pay TV is challenged by SVOD; and
a massive number of consumers switching from pay TV to SVOD may have the
following impacts: …SVOD prices are lower than the linear pay-TV prices … and the
“programming mix” of SVOD services is not necessarily the same as linear pay-TV
services (for example, no sports, or more TV series and less films), and public
service broadcasters’ revenues rely (by more than 85%) on public funding (or
licence fees) and, to a much lesser extent, on advertising; additionally, their
revenues have, on average, been decreasing in real terms over the past few years”.
Si tratta di 90 pagine di grande interesse che, qualora non lo avessero
già sotto mano, consigliamo molto ai tanti autorevoli colleghi residenti a
Viale Mazzini e dintorni.
Questo il link:
https://rm.coe.int/iris-plus-2020-2-the-european-audiovisual-industry-in-the-time-of-covi/16809f9a46
Questo argomento si accompagna al nostro preferito da tante settimane
a questa parte: la transizione al
DVB-T2. Oggi lungo articolo a firma Andrea Biondi e Carmine Fotina sul Sole 24
Ore con il titolo: “Bonus per i televisori a rilento. Rischi sul passaggio al
digitale T2” e si legge un dettagliato resoconto di quanti incentivi sono stati
utilizzati dagli utenti per la sostituzione del vecchio televisore o per l’acquisto
di un nuovo decoder. Pochi, terribilmente pochi mentre siamo a distanza ravvicinata
per il primo “spegnimento” in programma a settembre 2021, prima di quello
definitivo a giugno 2022. Ora il tema sembra essere tutto nella campagna di
comunicazione che il MISE sta coordinando (ne abbiamo parlato del documento di
consultazione tra gli operatori, conclusa nei giorni scorsi) concentrata sull’utilizzo,
appunto, del bonus di 50 euro destinata ai consumatori con reddito ISEE
inferiore a 20 mila Euro. Le leve che si intendono attivare sono così
congiunte: comprate un nuovo televisore e, per chi ha difficoltà, vi diamo 50 euro.
Tutto troppo poco e tutto molto complesso in queste determinate circostanze
sociali ed economiche dettate, appunto, dall’emergenza Covid. Nell’articolo si legge di una speranza, del tutto
remota e improbabile, che ci possa essere una deroga sullo svolgimento della
road map. Non si vede infatti alcun motivo plausibile perchè gli operatori
telefonici che hanno pagato 6.5 mld di euro debbano accettare un rinvio dal
quale non traggono alcun vantaggio. Conclude l’articolo “Di tempo fino al 2022
ce n'è, ma accelerare inizia ad apparire sempre di più come un imperativo”.
Evidente
però che non si tratta solo di accelerare ma di individuare la direzione che si
intende sostenere, definire una strategia che invece sembra essere del tutto
fumosa se non del tutto assente, almeno da parte del Servizio Pubblico che,
sull’argomento, continua ostinatamente a tacere. Non solo tace ma si priva pure
delle persone che sul tema avrebbero potuto dire e dare un contributo importante:
nei giorni scorsi ha lasciato l’incarico Luca Balestrieri, già Direttore Reti e
Piattaforme, e prima di lui Roberto Serafini, già Direttore Servizi Broadcast e
gestione frequenze, le cui competenze erano state assorbite ad interim dallo
stesso Balestrieri ed ora tutto riportato sotto il CTO Stefano Ciccotti. Attenzione:
da non dimenticare che, nel non tanto lontano giugno 2018, lo stesso Ciccotti
presentò un dettagliato documento dove si legge “Abbiamo così la previsione di una
riduzione della capacità diffusiva del sistema televisivo nel suo insieme e di ogni
singolo operatore senza la certezza del guadagno di efficienza dovuto alla tecnologia
che potrebbe in parte compensare questa riduzione” per poi precisare che questa
operazione per Rai comporterebbe che “I costi di ristrutturazione del mux VHF si
avvicinerebbero ai 200 milioni di euro, dati i vincoli tecnici del mux stesso”. Già… 200 milioni, proprio la stessa cifra prevista nel deficit di bilancio per il
prossimo anno. Sono trascorsi due anni e sarebbe utile sapere se e in quale
direzione sono stati fatti passi avanti. Nel frattempo, per non farci mancare nulla,
si dovrà pur sapere quali saranno i rischi e le opportunità della rete unica in
banda UBB, come il recente Cda di Viale Mazzini si è preoccupato di far sapere.
Parafrasando
Flaiano: “la situazione … è grave ma non è seria”. Coraggio, ce la faremo !!!
bloggorai@gmail.com
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