giovedì 10 settembre 2020

La Guerra è iniziata: il Cda, Il CTO, Vodafone e l'irreversibile inquinamento degli animi


À la guerre comme à la guerre … e, tanto per essere ancora più chiari: non si faranno prigionieri! Le armate scendono in campo e dispiegano le truppe, rullano i tamburi e si prepara l’artiglieria. Ma tutto questo frastuono di guerra non preannuncia l’immediata battaglia, serve solo a rimandare il confronto. I fini strateghi stanno applicando un principio fondamentale delle teoria dei conflitti: la migliore vittoria viene da una battaglia non combattuta.

Oggi leggiamo un nuovo capitolo sul fronte della rete unica: Nick Read, amministratore delegato di Vodafone, si compra una  pagina su Politico e spara a palle incatenate sostenendo che “Digital infrastructure must look forward, not back. Monopolies and forced competition are bad for consumers” (https://www.politico.eu/sponsored-content/digital-infrastructure-must-look-forward-not-back/ ). Tutto chiaro? La battaglia per costituire una società per la rete unica in Italia così come è stata concepita nelle scorse settimane nei desideri di TIM e di parte del Governo sarà lunga e irta di ostacoli e per qualcuno potrebbe anche prefigurare una nuova Waterloo  (che non a caso si trova in Belgio, non molto lontano da Bruxelles).  Ed è li infatti che potrebbe cadere il castelletto laddove, una volta  costituita la società, le autorità europee potrebbero, solo a posteriori, dichiarare che così come si sta definendo l’operazione della rete unica non si può fare. A  rincarare la dose si aggiunge un commento del Financial Times che dice chiaro e tondo che la rete unica rappresenta  "un suicidio perfetto per la fibra”. Bene. Punto e a capo.

Traduciamo in soldoni: se mai la società dovesse prendere forma la sua piena operatività difficilmente potrebbe prendere avvio prima di 18-24 mesi, durante i quali può succedere di tutto. Ed ecco che scende il cielo sulla terra di Viale Mazzini.

Oggi si dovrebbe svolgere un importante Cda dove il CTO Stefano Ciccotti si  dovrebbe presentare con un non si sa bene cosa: un dossier, una nota, un appunto, un pensiero il libertà. Proviamo a leggere nella mente di chi parlerà e di chi ascolterà (beninteso, abbiamo fatto prima le prove tecniche). Il CTO non potrà andare oltre le buone intenzioni: per entrare nella partita occorrono due condizioni. La prima è brutalmente economica, ci vogliono soldi e tanti e nessuno sa bene dove tirarli fuori (a proposito: che fine ha fatto il ricorso per il recupero degli 80 milioni dell’extragettito???); la seconda richiede un progetto, una visione, un’idea che lui in quanto tale potrebbe pure avere (magari ben nascosta nel cassetto)  ma che in verità si attende dal suo AD che dovrebbe essere la guida e ispiratore. 
Il solito autorevole (quanto malizioso) osservatore interno commenta: “Perché mai Ciccotti dovrebbe regalare un progetto a Salini quando poi a goderne i possibili vantaggi non sarebbe lui stesso?" La domanda è lecita e ponderata bene, anche perché guarda lontano, molto lontano, quando a giugno prossimo le carte in tavola potrebbero cambiare e a gestire la partita ci potrebbero essere altri amministratori. Dalla parte di chi ascolterà (i consiglieri) invece le cose potrebbero essere più articolate: va bene essere della partita sulla rete unica, però intano è in corso un’altra partita dagli effetti più immediati e potenzialmente più rilevanti a danno del Servizio Pubblico, cioè la tanto temuta transizione al DVB-T2 sulla quale Rai è tuttora inadempiente per quanto previsto dal Contratto di Servizio a proposito dell’informazione al suo pubblico. Nota a margine: nei prossimi giorni un altro dirigente di rilievo lascia ICT (o meglio...il CTO  ???) ed è proprio quello che avrebbe dovuto seguire il tema della transizione al DVB-T2 prima seguito da Serafini, pure lui "incentivato" all'esodo.

Detto questo passiamo ad un punto correlato: il quadro politico che sostiene Viale Mazzini. Oggi leggiamo un intervento sul Sole 24 Ore del senatore Primo Di Nicola, M5S, che dopo aver fatto un panegirico dell’attuale dirigenza, già nel titolo molla la botta: “La Rai ha bisogno di una governance indipendente” e riprende il ragionamento avviato qualche giorno addietro dalla sottosegretaria Bonaccorsi “… I nodi che oggi vengono al pettine, nel bel mezzo di una crisi globale, richiedono discontinuità e riaprono interrogativi sulle scelte del recente passato…”. 

Cerchiamo di tradurre: Di Nicola già aveva avviato una riflessione sul tema governance alla quale, in un certo senso, ci siamo associati. Lo abbiamo scritto tante volte: la Legge Renzi del 2015 è nefasta e va cambiata. È evidente però che anche ciò che ne è derivato assume le stesse caratteristiche (abbiamo scritto di frutto avvelenato di un albero malato). Se ne può dedurre, semplificando e sintetizzando, che l’attuale governance non è indipendente e che, di conseguenza, va cambiata prima possibile con una nuova legge. Magari ci sbagliamo, ma quando leggiamo certe cose come quelle che sostiene Di Nicola ci sorgono dubbi e sospetti non facili da fugare.

Infine, un attentissimo lettore ci segnala un tema delicato che invita alla riflessione e ci scrive “… i grandi temi strutturali sono importantissimi. I temi editoriali sono fatti da tanti piccoli spezzoni minuti che depositandosi nel tempo diventano impalpabile e irreversibile inquinamento degli animi” e si riferisce a come i servizi giornalistici Rai hanno trattato il caso di Willy, il ragazzo assassinato dal branco di belve a Colleferro. Il racconto sociale, la formazione della coscienza collettiva, il sentimento condiviso, passa anche attraverso le immagini del Servizio Pubblico e, purtroppo, questo non sembra essere un tema di grande interesse.  


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