“Il-le-git-ti-mi-tà” è una parola, sostantivo femminile singolare, che fa tornare in mente la scena di “Ricomincio da tre” di Massimo Troisi che rifletteva sul nome da dare ad un bambino “Mas-si-mi-lia-no”. Troppo lungo e difficile da ricordare. “Illegittimità” evoca poi un bruto pensiero: della Legge si può fare carta straccia.
Già, “illegittimo” è un termine urticante, fastidioso e indispettisce non foss’altro perché induce a dover verificare il dubbio che è in grado di porre. Allora, a quando sembra, in Rai e dintorni ci stanno facendo l’abitudine a compiere atti formali in forte odore di “illegittimità”.
Piccoli passi indietro: il 26 settembre scorso viene nominato l’attuale Cda in forte dubbio di “illegittimità”, oltre che di “inopportunità” per tanti buoni motivi (non ultimo il tradimento di M5S e AVS). Anzitutto per il sostanzioso sospetto di vizio di forma sull’avviso per la selezione dei candidai consiglieri Rai (legge e costituzione) pur sapendo che c’è un ricorso attivato al TAR e poi perché di segno contrario a quanto disposto dal MFA. Se ne sono strafregati quasi tutti, per usare un termine gentile, e sono andati avanti e ora guardano al futuro come se non ci fosse un domani.
Poi, arriva dicembre e si dibatte di canone RAI: tutti sanno che non è materia a disposizione del Governo e già dallo scorso anno si poteva e doveva fare ricorso e forte opposizione a tale atteggiamento. Nulla, silenzio lo scorso anno e silenzio per quest’anno: magari per alcuni questo atteggiamento predatorio del Governo sul canone non è del tutto “illegittimo”.
Veniamo ai giorni nostri. Ci sono specifiche indicazioni che vietano di assegnare incarichi professionali ad ex dipendenti, pensionati, e quindi dovrebbe essere “illegittimo” assegnare una consulenza ad Angelo Teodoli, noto ex dirigente Rai, come abbiamo letto nei giorni scorsi su Domani. Nessuna smentita da Viale Mazzini.
Infine, venerdì 24 gennaio, alle 18.30, l’AD Rossi firma una “Comunicazione interna” dove si legge che devono essere rispettati “vincoli al fine di garantire la necessaria “segregazione” della responsabilità interne ad ognuna delle Direzioni editoriali” ovvero “tutti i programmi devono essere assegnati ad una “struttura editoriale … ed avente un responsabile di struttura”. Poi “La gestione editoriale di ogni programma è di competenza del Responsabile della Struttura ... e quindi NON affidabile al conduttore del programma…”. Appare del tutto evidente che si tratta di un provvedimento “mirato” e non è difficile cogliere chi potrebbe essere il destinatario. Ma non ci vogliamo occupare della difesa di Report che riteniamo sia sufficiente forte e credibile da potersi difendere benissimo da solo, quanto invece, appunto, della “legittimità” formale di tale provvedimento. Prima domanda: il Cda è stato informato di questa iniziativa? Seconda domanda: rientra nelle competenze dell’AD intervenire in materia editoriale? Ci risulta che lo Statuto Rai, all’art. 25.3 lettera e) dispone che “Il Cda approva i progetti specifici in materia di linea editoriale, investimenti, organizzazione aziendale, politica finanziaria e politica del personale”. Con questo provvedimento, infatti, si istituisce una nuova “struttura di controllo” sul prodotto editoriale che non corrisponde a quanto disposto dalle legge e dal relativo e conseguente Contratto di Servizio. Peraltro, non contiene alcuna distinzione tra “programmi giornalistici” o programmi di intrattenimento” come pure non è affatto chiaro cosa si intende per “struttura editoriale”. Ma la domanda centrale: è un provvedimento “legittimo”? Ieri Sandro Ruotolo, parlamentare PD a Bruxelles, ha poi posto pure il dubbio della “legittimità” con l’art. 3 del MFA. Se poi ci si volesse addentare nei dettagli della Comunicazione di Rossi ci sarebbe da scrivere un romanzo: si fa riferimento ad una relazione di Audit del 12 dicembre della quale, ovviamene, non si sa nulla ovvero la conosce solo lui e chi l’ha scritta. Se non è chiaro il presupposto è evidente che è oscura la conseguenza. Fenomenale!
Per quanto ne sappiamo, i consiglieri sembra che non siano molto informati su questo tema ed è verosimile che domani (ultimo Cda a Viale Mazzini prima della chiusura) oltre che di Sanremo possano occuparsi anche di questo “problemino”.
Insomma, il “pasticciaccio” è grosso e, purtroppo, viene pure da lontano. Viene anzitutto da una sensazione di strapotere che alcuni ritengono di poter esercitare impunemente, più o meno consapevoli di non incontrare particolare e vigorosa opposizione. Viene poi da una “nuova” organizzazione interna per “generi” della quale vi abbiamo scritto tante volte: inutile e dannosa non solo per come è stata (o non è stata) applicata ma per la sua intrinseca natura di frammentazione e di centrifugazione delle aree di competenza e responsabilità. Roberto Sergio, ex AD ora DG, a febbraio 2024 ha sollevato il problema: “L’organizzazione per generi sta dimostrando di non funzionare come previsto, anche per l’assenza di un ruolo di coordinamento, la cui creazione dovrebbe passare attraverso un iter formale non banale, compreso il voto in Cda. Nell’attesa, però, gli stessi generi andrebbero rivisti, attualizzati e razionalizzati. Mentre si cercano di portare avanti le procedure, il mercato va avanti e la Rai rischia di perdere il passo”. Un profeta inascoltato: infatti poco dopo ha dovuto lasciare il passo a chi ai “generi” crede molto, tanto da lavorare, per quanto sappiamo da nostre fonti, per nominare Stefano Coletta, il "suo superdirettore".
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ps: non siamo ancora riusciti ad avere i testi dei due appuntamenti ADRAI e Usigrai. Misteriosi assai!
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