Eppure, per il clamore mediatico che si era sollevato, era legittima l’attesa di qualcosa di inedito e di clamoroso tanto da far tremare le sorti del governo Meloni. Ad esempio, tanto per capirci: mostrata la foto di qualche importante personaggio politico ripreso mentre compie atti sconvenienti in luogo pubblico, oppure le immagini di un camion guidato dallo stesso personaggio mentre trafuga il Sarcofago degli Sposi dal museo etrusco di Valle Giulia.
E invece, puffete, è andato in onda un fritto misto di cose già trite e ritrite che però, almeno dal punto di vista del Marketing televisivo sembra aver funzionato benissimo. I dati di ascolto hanno premiato Report: è stato visto da oltre 2,6 mln di telespettatori con una media del 13,75% (pubblico prevalentemente maschile al 14,6%, di età media oltre i 55 anni con circa il 32%, un livello di istruzione con la laurea al 25% e la regione con maggiore ascolto la Liguria con il 22,6%).
Ora, è noto che i confini tra marketing e politica e viceversa sono alquanto labili: i linguaggi e gli "schemi" adoperati" sono spesso fungibili tra loro. Provate a digitare i due termini su un motore di ricerca e vedrete uscire fuori l’enciclopedia britannica. Allora, ci domandiamo: quale è stato ed è tuttora il senso di questa operazione Report anzitutto mediatica e poi, in subordine, mirata ad una “piccola” politica tuta infarcita del “pare”, “sembra”, “dicono” etc etc? Fino a che punto il Marketing ha superato la politica? In fin dei conti, abbiamo una vaga impressione, che di tutta la vicenda Sangiuliano e relativa foto della sua ferita sulla testa spacciata come un grande scoop, del nuovo ministro Giuli e dei suoi precedenti politici in formazioni di ultradestra, del ministero della Cultura e delle mostre sul futurismo e compagna cantando si è parlato di fuffa allo stato puro che pure, ribadiamo, era nota da tempo.
Altro discorso merita il servizio su Genova e la Liguria che allo stesso modo non ha svelato nulla di nuovo e, ciononostante, il timore che Report fosse andato in onda ad urne aperte e che avesse potuto “influenzare il voto” non sembra essersi avverato salvo dover ammettere che forse lo sdegno civile provocato dal racconto televisivo di quanto successo nella regione possa avere indotto tante persone a tenersi ben lontane dal seggio elettorale. E, nel caso, si tratterebbe di un dato polito molto rilevante visto che più della metà degli aventi diritto non si sono recati a votare.
Eppure, tutto questo ha attirato tanto pubblico sugli schermi di RaiTre da battere tutte le altre trasmissioni concorrenti alla stessa ora. Cosa vuol dire? Che la potenza del Marketing supera quella dei contenuti? Che il “modello” narrativo è più forte dell’oggetto del racconto? Che è sufficiente fare un “bignami” dei fatti conosciuti per fare grandi ascolti? Che i telespettatori si buttano a pesce quando si tratta di intingere il biscotto nel caffellatte del gossip più o meno sofisticato? Che la RAI si presta ad alimentare questo modello di ”marketing” o di offerta giornalistica che dir si voglia? E questo è un punto cruciale: per questo specifico caso si tratta di “giornalismo di inchiesta”? Salvo la parte sulla strage di migranti tenuta segreta che, ripetiamo, da sola avrebbe dovuto reggere una intera puntata, cosa ha svelato Report che non fosse già noto?
Qualche interrogativo è lecito porlo? Si, ci stiamo “facendo persuasi” che qualcosa non torna ma ancora, dobbiamo ammettere che non riusciamo a capire cosa. Sarà che, come abbiamo scritto, tante volte, siamo rigorosamente sospettosi per natura e interrogativi per cultura.
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