venerdì 4 ottobre 2024

RAI: solo una questione di soldi, tutto il resto è fuffa


Le strade del Paradiso sono lastricate di buone intenzioni. 
Dopo il 26 settembre (segnate questa data, nulla sarà più come prima) non vogliamo ragionare per capire se Conte voterà la Agnes presidente per avere in cambio il Tg3 ora libero da Orfeo. Non vogliamo ragionare se le tensioni preesistenti tra Sergio e Rossi si trasformeranno in nuove tensioni tra Rossi e Sergio con Lui nella parte di Lui e viceversa. Non vogliamo ragionare per capire come e con quali nomi si sistemeranno tutte le caselle delle diverse direzioni di genere o giornalistiche conseguenti alle nuove dimensioni politiche della governance RAI. Non vogliamo ragionare per capire se Roberto Natale, il “nuovo” consigliere di Viale Mazzini, sarà l’uomo di riferimento in “quota” del partito che lo ha sostenuto, AVS, oppure anche del PD oppure in quota a se stesso  o di tutti messi insieme. Non vogliamo ragionare con una becera e logora battuta del “lasciamolo lavorare e poi giudicheremo dai fatti”.

Proveremo a ragionare sulle cose, sui problemi, per come si presentano e per come verranno affrontati e magari risolti. Proveremo a  ragionare cercando di intuire percorsi, traiettorie e prospettive per quanto potranno essere condivise, percorribili e sostenute, proveremo a ragionare sostenendo che dopo il 26 settembre  non tutto è perduto, che la Caporetto non si trasformi in una Waterloo. Proveremo a ragionare sull'udienza prevista al TAR il prossimo 23 ottobre che potrebbe anche avere esiti o sviluppi diversi da quelli facilmente prevedibili.

Come abbiamo sostenuto e continueremo a sostenere il solo ed unico grande problema da affrontare subito è il canone, ovvero il tema delle risorse sulle quali Rai potrà contare. Deve essere affrontato in termini contingenti (come verrà rinnovato per il prossimo anno) e in termini strutturali (nel prossimo futuro come si dovrà sostenere il Servizio Pubblico). Non c’è governance che tenga, non ci sono problemi editoriali che dir si voglia se non ci sono certezze di risorse sulla quali contare. Il MFA dice chiaro e tondo : “Gli Stati membri provvedono affinché le procedure di finanziamento dei fornitori di media di servizio pubblico si basino su criteri trasparenti e oggettivi stabiliti in anticipo. Tali procedure di finanziamento garantiscono che i fornitori di media di servizio pubblico dispongano di risorse finanziarie adeguate, sostenibili e prevedibili corrispondenti all'adempimento della loro missione di servizio pubblico e alla capacità di sviluppo nell'ambito di tale missione. Tali risorse finanziarie sono tali da salvaguardare l'indipendenza editoriale dei fornitori di media di servizio pubblico”.

Ecco il cuore della riforma di cui parlare subito: le fonti di finanziamento. Invece le proposte di legge di riforma di cui abbiamo accennato, ovvero la fonte della debacle dell’ex “campo largo” iniziata lo scorso 6 agosto con “prima la riforma e poi le nomine”, il tema canone o non c’era del tutto  o posto in termini marginali e subordinati. Ora cosa succede? Succede che l’entusiasmo della Floridia per aver “incardinato” il dibattito ha resuscitato scheletri di vecchie proposte affumicate ma con una novità: l’aggiornamento della proposta dei 5S dopo il MFA. E quale è la sua novità più rilevante e significativa? Nientepopodimenoche leggiamo “L’art. 2 determina le modalità di finanziamento del servizio pubblico con uno stanziamento di entrate statali non inferiore a tre miliardi di euro annuali unitamente all’affidamento della concessione, tenuto conto del tasso di inflazione programmato e delle esigenze di sviluppo tecnologico, prevedendo conseguentemente l’abolizione del canone. Viene stimato un contributo statale di massimo 3 miliardi annui. Da dove potranno uscire questi soldi, con l’aria che tira, non è dato sapere. Cosa ci si potrà/dovrà fare non è dato sapere. Tombola!!!  A confronto la proposta della Lega di abolire il canone progressivamente del 20% annuo è roba da educande delle Orsoline. Però … però … parliamone. Ne deriva, evidente, che si prevede una risorsa ricavata dalla pubblicità (a Mediaset già preparano casse di Champagne). Ne deriva, evidente, che l’Azienda debba necessariamente fare i conti con una offerta editoriale strutturalmente e culturalmente diversa da quella attuale costretta ogni istante a fare i conti con gli ascolti ai quali si legano i contrati pubblicitari.  Insomma, per ora facciamola corta: vi sembra possibile che una proposta del genere possa essere “scardinata” in tempi ragionevolmente sufficienti e adeguati a fronteggiare le emergenze RAI?

Andiamo avanti e vi proponiamo un argomento interessante quanto sottotraccia: il futuro della Rai nei suoi mercati di riferimento. Un esempio ce lo fornisce oggi un articolo a firma Marco Gambaro sul Foglio con il titolo “Lo streaming on demand della Rai passa da Amazon, ma avrà vita dura” dove si legge che “Nei giorni scorsi ha debuttato un canale Rai on demand venduto su Amazon Prime a 7 euro al mese. Per ora include 150 film prevalentemente italiani di cui la Rai ha i diritti. Si tratta della prima incursione della televisione pubblica nel mare periglioso delle piattaforme di streaming ed è possibile dire già da ora che non avrà vita facile” e si conclude con “Lo streaming Svod insomma è fatto per quelli che ribaltano il tavolo; non è un gioco da vecchie aziende attorcigliate dove nel nuovo consiglio di amministrazione 5 membri su 7 sono dipendenti o ex dipendenti”. Se il problema fosse solo che i “nuovi” amministratori RAI sono ex dipendenti Rai sarebbe il meno rilevante. C’è ben altro e in questo altro c’è il tema risorse, appunto. Per fare la Digital Media Company occorrono risorse, tante che nessuno sa dove reperire.

bloggorai@gmail.com

 

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