In questa affermazione conclusiva si colloca il cuore del problema: la RAI non sogna e non fa sognare, non guarda (non può) guardare al futuro, non promuove e non produce. Vive di rendita del suo passato tra repliche di successi lontani e modelli narrativi ormai consunti: uno dei suoi settori di punta, la fiction, oscilla tra passato trapassato e brutte copie di prodotti già esauriti (le varie Imma Tataranni, l’Ispettrice Lobosco e un rinato Don Matteo) buoni solo per Villa Arzilla. Per un “Mare fuori” che riscuote successo si deve pagare pegno con altre mezze tacche. Si festeggia Sanremo una volta l’anno e per il resto degli undici mesi si arranca tra coproduzioni esterne e fiaschi editoriali. E così via. Mancano i soldi ma mancano anzitutto le idee: che fine hanno fatto le varie Direzioni creative? Cosa hanno “creato”??? E’ mai possibile che il commento del giorno di RAI Uno sia affidato in monopolio a Bruno Vespa? Già, Papa Francesco ha esortato ad essere concentrati sui “contenuti”. Non è la prima volta che leggiamo un pensiero del genere: “Content is the King” è del 1996.
Bene, scendiamo sulla terra e occupiamoci di quanto succederà nei prossimi giorni.
La Democrazia, come
noto, tutto sommato è una “faccenda” semplice. Io mi candido ad
amministrare il ”bene comune”, tu valuti la mia onestà, la mia indipendenza, la
mia competenza e la mia esperienza e se riscuoto la tua fiducia mi voti,
altrimenti voti un’altra persona. Punto e amici come prima. Non si capisce
perché, quando si parla di RAI questa faccenda semplice dovrebbe essere tanto
complicata. Pensate voi alle proposte di riforma della Governance (ben 4+2
nella precedente legislatura) tutte finalizzate a rendere la RAI “libera dai
partiti”…sic!!! Sarebbe sufficiente che il Parlamento applicasse questa
semplice “faccenda” della Democrazia e “votasse” i/la candidato/a a fare il
prossimo Consigliere di amministrazione con criteri “democratici” o, per farla
più semplice e attuale, con quanto disposto dal recente Media Freedom Act e, per paradosso, si potrebbe anche fare a meno della riforma della governance.
Il Parlamento, come da Legge 220, “vota” e non “nomina”. Io mi candido, ti presento il mio CV, ti propongo un testo dove espongo alcune sommarie riflessioni e dimostro conoscenza di nozioni sui “fondamentali” del Servizio Pubblico (Concessione, Convenzione, Leggi di riforma varie, Contratto di Servizio, leggi varie, conoscenze tecnologiche, società etc), mi confronti con altri candidati sulla base di un punteggio e chi ottiene il risultato migliore vene eletto dal Parlamento. Semplice no?
Del resto, non si capisce perché, ad esempio, per diventare titolare di una qualsiasi cattedra universitaria, ovvero per fregiarsi del titolo di Professore, per la più semplice che sia, occorre: A -Laurea nella materia in cui si ha intenzione di insegnare. B- Dottorato di ricerca, che può avere una durata tra i tre e i cinque anni. C- Concorso per diventare ricercatore. D - Concorso per diventare professore. Ma se vogliamo farla ancora più semplice, pure per condurre una locomotiva occorre dimostrare di saperlo fare e così via. Invece non si capisce perché, quando parla di nomina RAI, che siano direttori o consiglieri di amministrazione, è sufficiente una telefonata di una segreteria di partito, quale che esso sia. Urticante!
Perché sostenere o
essere indifferenti rispetto al grande imbroglio che si sta apparecchiando con
la presentazione dei CV per la selezione dei prossimi consiglieri che nessuno
mai prenderà in considerazione?
Perché dare per scontato che Rossi debba essere AD, la Agnes Presidente mentre i consiglieri saranno “nominati” con la logica della Legge 220 ormai superata e non con i criteri del MFA che a breve entreranno in vigore?
Lo ripeteremo ogni giorno:
candidiamoci tutti
e prepariamoci ad un ricorso in Giudizio!
Si può fare, si dovrà fare!!!
bloggorai@gmail.com
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