lunedì 25 marzo 2024

RAI: la potenza di un discorso e la semplice forza della Democrazia


Il discorso che il Papa ha rivolto al ”popolo” RAI lo scorso venerdì, dentro e fuori l’Azienda, è stato potente e devastante.
 
Leggiamo alcune frasi: “Settant’anni di televisione, cento di radio: un doppio compleanno, che da un lato vi invita a guardare indietro, alla vostra storia, tanto intrecciata con quella italiana; e dall’altro vi sfida a guardare avanti, al futuro, al ruolo che avrete in un tempo tutto da costruire” … ”I media, infatti, influiscono sulle nostre identità, nel bene e nel male. E qui è il senso del servizio pubblico che svolgete” … “riflettere con voi proprio su queste due parole – servizio e pubblico –, perché esse descrivono molto bene il fondamento della vostra missione: la comunicazione come dono alla comunità” ... “la verità è “sinfonica” e che la si coglie meglio imparando ad ascoltare la varietà delle voci – come in un coro – piuttosto che gridando sempre e soltanto la propria idea. … La verità è proposta, mai imposta” … “il vostro lavoro è connesso al bene comune di tutti e non solo di qualcuno. Ciò comporta in primo luogo l’impegno a considerare e a dar voce specialmente agli ultimi, ai più poveri, a chi non ha voce, a chi è scartato”… “…Non perdere mai le capacità di sognare” e infine “Non bisogna inseguire gli ascolti a scapito dei contenuti: si tratta piuttosto di costruire, attraverso la vostra offerta, una domanda diffusa di qualità”.

In questa affermazione conclusiva si colloca il cuore del problema: la RAI non sogna e non fa sognare, non guarda (non può) guardare al futuro, non promuove e non produce. Vive di rendita del suo passato tra repliche di successi lontani e modelli narrativi ormai consunti: uno dei suoi settori di punta, la fiction, oscilla tra passato trapassato e brutte copie di prodotti già esauriti (le varie Imma Tataranni, l’Ispettrice Lobosco e un rinato Don Matteo) buoni solo per Villa Arzilla. Per un “Mare fuori” che riscuote successo si deve pagare pegno con altre mezze tacche. Si festeggia Sanremo una volta l’anno e per il resto degli undici mesi si arranca tra coproduzioni esterne e fiaschi editoriali. E così via. Mancano i soldi ma mancano anzitutto le idee: che fine hanno fatto le varie Direzioni creative? Cosa hanno “creato”??? E’ mai possibile che il commento del giorno di RAI Uno sia affidato in monopolio a Bruno Vespa? Già, Papa Francesco ha esortato ad essere concentrati sui “contenuti”. Non è la prima volta che leggiamo un pensiero del genere: “Content is the King” è del 1996.

Bene, scendiamo sulla terra e occupiamoci di quanto succederà nei prossimi giorni.

La Democrazia, come noto, tutto sommato è una “faccenda” semplice. Io mi candido ad amministrare il ”bene comune”, tu valuti la mia onestà, la mia indipendenza, la mia competenza e la mia esperienza e se riscuoto la tua fiducia mi voti, altrimenti voti un’altra persona. Punto e amici come prima. Non si capisce perché, quando si parla di RAI questa faccenda semplice dovrebbe essere tanto complicata. Pensate voi alle proposte di riforma della Governance (ben 4+2 nella precedente legislatura) tutte finalizzate a rendere la RAI “libera dai partiti”…sic!!! Sarebbe sufficiente che il Parlamento applicasse questa semplice “faccenda” della Democrazia e “votasse” i/la candidato/a a fare il prossimo Consigliere di amministrazione con criteri “democratici” o, per farla più semplice e attuale, con quanto disposto dal recente Media Freedom Act e, per paradosso,  si potrebbe anche fare a meno della riforma della governance.

Il Parlamento, come da Legge 220, “vota” e non “nomina”. Io mi candido, ti presento il mio CV, ti propongo un testo dove espongo alcune sommarie riflessioni e dimostro conoscenza di nozioni sui “fondamentali” del Servizio Pubblico (Concessione, Convenzione, Leggi di riforma varie,  Contratto di Servizio, leggi varie, conoscenze tecnologiche, società etc), mi confronti con altri candidati sulla base di un punteggio e chi ottiene il risultato migliore vene eletto dal Parlamento. Semplice no? 

Del resto, non si capisce perché, ad esempio, per diventare titolare di una qualsiasi cattedra universitaria, ovvero per fregiarsi del titolo di Professore, per la più semplice che sia, occorre: A -Laurea nella materia in cui si ha intenzione di insegnare. B- Dottorato di ricerca, che può avere una durata tra i tre e i cinque anni. C- Concorso per diventare ricercatore. D - Concorso per diventare professore. Ma se vogliamo farla ancora più semplice, pure per condurre una locomotiva occorre dimostrare di saperlo fare e così via. Invece non si capisce perché, quando parla di nomina RAI, che siano direttori o consiglieri di amministrazione, è sufficiente una telefonata di una segreteria di partito, quale che esso sia. Urticante!

Perché sostenere o essere indifferenti rispetto al grande imbroglio che si sta apparecchiando con la presentazione dei CV per la selezione dei prossimi consiglieri che nessuno mai prenderà in considerazione?

Perché dare per scontato che Rossi debba essere AD, la Agnes Presidente mentre i consiglieri saranno “nominati” con la logica della Legge 220 ormai superata e non con i criteri del MFA che a breve entreranno in vigore?  

Lo ripeteremo ogni giorno: 

candidiamoci tutti 

e prepariamoci ad un ricorso in Giudizio! 

Si può fare, si dovrà fare!!!

bloggorai@gmail.com

Nessun commento:

Posta un commento