Siamo di fronte ad una situazione inedita e di grandissimo interesse. L’approvazione del Media Freedom Act che, di fatto, ha messo fuori gioco la Legge 220 del 2015 proprio alla vigilia di un possibile ricambio del Cda RAI sta rimescolandole le carte in modo formidabile.
Il tentativo di accelerare il procedimento di nomina dei nuovi amministratori ora si pone sotto altra dimensione politica come se non fosse stata sufficiente la prossima consultazione europea a sconsigliare ogni velleità di procedere con urgenza. Quanti hanno scritto “Il patto è sottoscritto” (La Stampa della scorsa settimana) ora dovrebbero aggiornare l’articolo.
Allora vediamo i possibili scenari.
A – il Governo ha i numeri per procedere subito: impone al Cda Rai di approvare il bilancio e avviare le procedure per la presentazione delle candidature per i 4 consiglieri espressi dalle Camere. Al netto della sospensione dei lavori delle Camere, ci potrebbero essere i tempi per arrivare alla nomina di un nuovo Cda entro metà luglio (come avvenuto la volta precedente) e approvare i nuovi palinsesti invernali.
Questa ipotesi presenta profili critici. Il primo è di carattere puramente politico: segnatamente la Meloni, e solo lei, ha la forza per imporre ai suoi alleati questa accelerazione? C’è da nutrire qualche dubbio. In subordine, i partiti di opposizione, PD e M5S dai quali nei giorni scorsi sono trapelati già dei nomi (sic!!!) da che parte si collocano rispetto a questa ipotesi? Sono favorevoli o contrari ad accelerare? Per quanto letto e per quanto sappiamo, nelle ultime ore hanno evidenziato di “fare qualcosa subito” ma ancora non si sa bene cosa.
Il secondo profilo critico è di carattere normativo. Il citato art.28 del MFA dispone che “Entrata in vigore e applicazione 1. Il presente regolamento entra in vigore il ventesimo giorno successivo alla pubblicazione nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea”. Sta a significare che, in via del tutto teorica ma nondimeno rilevante, che se venisse pubblicato in GU Eu nei prossimi giorni potrebbe diventare immediatamente esecutivo già per la metà del prossimo mese, ovvero quando è già in calendario la riunione del Cda che dovrebbe approvare la bozza di bilancio da sottoporre all’Assemblea. In soldoni, si dovrebbero adottare le nuove procedure di nomina, finalmente, con i criteri “trasparenti, oggettivi, non discriminatori” previsti dal nuovo ordinamento comunitario.
Ne consegue un’inevitabile allungamento dei tempi poiché si richiederebbe l’adeguamento, ovvero il superamento della 220 che, obiettivamente, non è di facilissima e immediata soluzione.
B – Il Governo e l’opposizione convengono che si possa (o si debba) procedere immediatamente a recepire nell’ordinamento nazionale quanto disposto da Bruxelles. Anzi, cogliere l’occasione per mettere in cantiere qualcosa che possa somigliare ad una sorta di Stati Generali condivisi per mettere mano ad una riforma radicale della Rai e del Servizio Pubblico dove il tema governance è subordinato (giustamente) al quello della sua missione. È proprio il caso di dire “mission impossible”. Ma non del tutto.
Ne consegue che si dovrebbe “raffreddare” il procedimento delle nuove nomine in attesa del possibile e necessario adeguamento. È una pista sulla quale ci sono margini per far lavorare esperti giuristi.
Ieri è stato ipotizzato in una sede molto autorevole l’utilizzo di uno strumento molto interessante: una mozione parlamentare dove si richiede esplicitamente l’adozione immediata dell’MFA. Potrebbe essere complessa da ottenere ma almeno potrebbe sollevare il problema e porlo nella sua giusta evidenza politica ed istituzionale. Di cosa si tratta esattamente e chi lo potrebbe fare? “La mozione è un atto parlamentare non legato al processo legislativo. Il suo fine è quello di promuovere una discussione e un voto dell’assemblea su un determinato argomento. Per questo motivo la mozione rientra tra gli atti parlamentari cosiddetti “di indirizzo politico“. Con questo strumento infatti camera e senato possono esprimere la loro indicazione al governo sull’atteggiamento da tenere o sulle iniziative da adottare in merito a una determinata questione.
Alla camera in base all’articolo 110 del regolamento un atto di questo tipo può essere presentato da un capogruppo o da almeno 10 deputati. A palazzo Madama invece l’articolo 157 prevede che sia proposto da un minimo di 8 senatori"(da Openpolis.it).
Una iniziativa del genere sarebbe sufficiente ad avviare un percorso virtuoso. Forse lungo e complesso ma certamente utile a rompere un giocattolo, la Legge 220, che ha già fatto tanti danni alla RAI e al Servizio Pubblico.
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