giovedì 1 febbraio 2024

RAI: le carte in tavola sotto l'albero del pero


Per paradossale che possa apparire, tra poco sarà più interessante guardare con maggiore attenzione cosa succede a Cologno Monzese piuttosto che a Viale Mazzini. 

Bruxelles, 16 settembre 2022: viene pubblicata la prima bozza ufficiale della “Proposta di REGOLAMENTO DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO che istituisce un quadro comune per i servizi di media nell'ambito del mercato interno (legge europea per la libertà dei media) e modifica la direttiva 2010/13/UE”. A metà dello scorso dicembre il testo ha fatto un passo avanti e presto potrebbe diventare esecutivo con il vincolo di essere immediatamente recepito dalle legislazioni nazionali.

Tutto noto da tempo, da anni. Tutto silenziato ed ignorato, da anni. Succede poi che ieri va in Vigilanza Noel Curran, direttore generale dell'European Broadcasting Union (Ebu) e sembra che tutti cascano dall’albero del pero. In particolare laddove Curran gli ricorda che l'art. 5  prevede che “Il direttore e i membri degli organi direttivi dei fornitori di media di servizio pubblico sono nominati mediante una procedura trasparente, aperta e non discriminatoria e sulla base di criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori e proporzionati stabiliti in anticipo dalla normativa nazionale”. Senza mezzi termini gli si rinfresca la memoria sul fatto che la Legge Renzi, la 220 del 2015, è semplicemente incostituzionale, come ricorda opportunamente Roberto Zaccaria in una intervista oggi sul Fatto “Una sentenza della Consulta ha stabilito già nel 1974 che gli organi direttivi della televisione pubblica non devono dipendere dal potere esecutivo” ovvero l’esatto contrario di quanto ha stabilito l’ultima riforma RAI. Punto. 

Perchè nessuno ha sollevato e sostenuto con vigore il conflitto costituzionale sulla Legge Renzi? Per inciso, si tratta della stessa Legge che ha consentito la quotazione in Borsa di RAI Way. Tutti sapevano, tutti sanno e tutti fanno finta di non sapere. E magari invocano pure la primogenitura di una proposta di riforma che poi, pure quanto potevano e dovevano, non sono stati in grado di sostenere. Anzi, hanno fatto di meglio: si sono votati e portati avanti i loro rappresentanti in Cda RAI scelti a loro piacere e gradimento. Come sono stati individuati, con quali criteri? Con buona pace della trasparenza, del confronto aperto e libero, sono andati avanti e perseguono ottusamente su questa strada: ancora nessuno sa nulla del Contratto di Servizio e del Piano Industriale!

E adesso che si fa? Sarebbe sufficiente per la “politica” tutta trarre le debite conseguenze e prendere atto che sta per intervenire una profonda revisione delle regole del gioco che non lascia adito a dubbi di interpretazione. Tra pochi mesi questo Cda “potrebbe” scadere. Il condizionale è d’obbligo perché ci sono due variabili temporali contrapposte. La prima sostiene che potrebbe succedere presto, molto presto, magari con la presentazione del bilancio, ovvero prima delle elezioni europee. In questo caso si potrebbe realizzare il capolavoro di vedere nominato l’AD, Giampaolo Rossi (sempre che la Meloni lo abbia ancora nelle sue grazie) con un percorso di formazione della sua candidatura tale che a Bruxelles farebbero intervenire i Caschi Blu per opporsi.  La seconda variabile sostiene che la scadenza dell’attuale Cda di Viale Mazzini si andrebbe a sovrapporre o coincidere con le elezioni europee e allora sarebbe meglio rinviare per non rischiare un ingorgo istituzionale difficile da gestire. Leggiamo ancora Zaccaria: “Qualsiasi modifica alla governance andrà a operare dopo questo triennio, che finisce nel 2027. Nell'aprile del '27 scade anche la concessione decennale del servizio pubblico”. Già, ma nessuno impedisce che la “politica” ovvero questi partiti che comunque dovranno applicare “questa” Legge 220 proprio  per questa prossima occasione possano “portarsi avanti il lavoro” dell’EFA e nella fase di selezione dei prossimi candidati consiglieri RAI possano applicare i principi di “…procedura trasparente, aperta e non discriminatoria e sulla base di criteri trasparenti, oggettivi, non discriminatori …”. Non è vietato, anzi sarebbe vivamente auspicato.  

Giriamo pagina. Ieri pomeriggio, alle 15,28, il Sole/Radiocor pubblica un lancio: Non voglio essere troppo critico e capisco la necessità della RAI di fare cassa, ma mi sembra che vendere a pezzi un asset non sia la soluzione migliore. Penso sarebbe meglio provare a valorizzare interamente quell'asset al 100%'. Così l'AD di Mfe, Pier Silvio Berlusconi, torna a esprimersi in favore di una fusione tra Rai Way ed Ei Towers per creare un campione nazionale delle torri. Avevamo lanciato opa e quella era stata un'occasione - ha aggiunto -. Bisognerebbe puntare a qualcosa che crei valore e la creazione di un campione nazionale e' l'unico progetto possibile', anche perché potrebbe portare a un dividendo straordinario di circa 400 milioni per la Rai'. Vendere quote 'mi sembra sia un passo sbagliato - ha ribadito -. Noi siamo super favorevoli al progetto di fusione”. Ci pesa la tastiera scriverlo ma dobbiamo farlo: forse potrebbe avere ragione. Vendere o non vendere pezzi di RAI Way è solo un tema di politica industriale: necessario sapere se c’è o no, necessario sapere se a Viale Mazzini hanno fatto qualche ragionamento sul futuro delle torri di RAI Way o no, necessario sapere se e in che modo, con quali risorse, la RAI è in grado di intervenire, di investire, sul futuro tecnologico dell’Azienda o no. Si capisce perché si tengono il Piano Industriale strettamente chiuso nel cassetto: meglio non far sapere cosa NON contiene. 

Al momento, come gli ricorda Berlusconi e come tutti noi sappiamo, vendere un pezzo della quotata serve solo a racimolare qualche moneta con la quale pagare debiti. Al contrario, sostenere un ”polo delle torri” potrebbe avere un suo “razionale” in termini di valore e di efficienza di sistema. Sempre che sia chiaro il progetto e definite le regole di governance. Quest’ultimo aspetto tutt’altro che scontato come molti ritengono, ovvero che sia prevalente l’interesse pubblico.

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