martedì 20 febbraio 2024

RAI: tra democrazia e tecnologia




È verosimile supporre che ieri sera, intorno alle 21, i telefoni tra Viale Mazzini e palazzo Chigi abbiano iniziato a saltellare impazziti. Stava succedendo che su RAI Tre andava in onda Presa Diretta di Riccardo Iacona e il tema era particolarmente caldo “Attacco alla Democrazia”. Il primo argomento affrontato ha riguardato uno degli “amici” più cari della Meloni, quel Viktor Orban di provata fede “democratica”, alfiere di quel Dio, Patria e Famiglia che tanto fervore incontra nelle destre europee. A seguire un servizio su Julian Assange, il caso più clamoroso e drammatico di violazione dei diritti fondamentali della persona e delle libertà democratiche operato non da un’orda tribale primitiva ma da paesi che vorrebbero rappresentare se stessi come paladini della “democrazia”. OGGI gli inglesi potrebbero decidere la sua estradizione verso gli USA. Ce n’era a sufficienza per mandare di traverso la serata a molta gente, dentro e fuori la RAI.

Bene, andiamo avanti. Vi abbiamo accennato della comunicazione interna firmata Sergio sul Piano industriale con la quale si dava disposizione per l’attivazione di tre Team dove, per quanto letto, non ci sono tracce di tecnologie e tantomeno del CTO. Prima di proseguire importante fissare un paio di punti. Il primo richiede un passo indietro di alcuni anni. Correva il 2018, mese di giugno, poco prima della nomina del nuovo Cda a guida Salini/Foa, quando a Viale Mazzini ha circolato un documento fondamentale per il futuro tecnologico della RAI con il titolo: “RISTRUTTURAZIONE DELLE RETI DTT”. Era un documento che forse nasceva già “vecchio di suo” e si concentrava sul DTT che già allora si profilava in zona critica con l’avanzare dello streaming. La parte interessante che vale la pena ricordare sono i costi. Nelle pagine a seguire si indicavano dettagliatamente le criticità per RAI e i relativi costi. Leggiamo alcuni stralci: “CRITICITA’ PER RAI /1 - RISCHIO DI PERDITA DI SERVIZIO - Dal 2022, Rai1 e Rai 2 e non potranno più essere diffuse sul nuovo mux VHF (ex mux 1), rinunciando in tal modo ad una rete con copertura superiore al 99%; questo impone a Rai ingenti investimenti per assicurare una copertura analoga su un altro mux diverso. Senza tali investimenti, la perdita di copertura sul digitale terrestre per Rai1 e Rai2 riguarderebbe almeno il 7% della popolazione”. Per inciso, ieri è comparsa una notizia che riferiva le dichiarazioni di Marco Bussone, dell'Unione nazionale comuni comunità enti montani (UNCEM) secondo cui circa 5 milioni di famiglie non sono in grado di ricevere bene i segnali RAI a causa del refarming delle frequenze. Non siamo in grado di verificare questi dati ma, a spanna, coincidono con quanto evidenziato nella criticità che abbiamo riferito.

Con la “CRITICITA’ PER RAI /2” si parla di risorse necessarie: “INVESTIMENTI RILEVANTI DI RISORSE PUBBLICHE SENZA VANTAGGI PER IL SERVIZIO PUBBLICO E L’UTENZA -  I costi di ristrutturazione del mux VHF si avvicinerebbero ai 200 milioni di euro, dati i vincoli tecnici del mux stesso. Resta indefinito il criterio di remunerazione del servizio di trasporto a favore delle emittenti locali, che è difficile immaginare possano pagare i costi di trasporto su questo mux: a fronte di un simile obbligato volume di investimenti, il costo del trasporto risulterebbe significativamente superiore ai costi di mercato e scarsamente sopportabile per le emittenti locali”.infine, leggiamo “DECISIONI SUGLI INVESTIMENTI -  Mux 2, 3 e 4: estensione della copertura al 95% • Necessaria per raggiungere gli obiettivi indicati dal Contratto di Servizio • Investimenti di circa 40 milioni € complessivi per l’attivazione di ulteriori 1.800 trasmettitori (600 trasmettitori per ciascuno dei mux)”. 

La domanda semplice semplice è: quei costi quanto sono aggiornati e quanti ne occorrono per adeguare RAI al nuovo mondo di una Digital Media Company, seppure NON di Servizio Pubblico? 

Il secondo punto da tenere fermo è quanto dispone la recente Legge di Bilancio 2024 sulla RAI a fronte della riduzione del canone al comma 20, art. 1: “Per il  miglioramento  della  qualità  del  servizio  pubblico radiofonico,  televisivo  e  multimediale  su  tutto  il   territorio nazionale, nell'ambito delle iniziative, previste  dal  contratto  di servizio nazionale  tra  la  società  RAI-Radiotelevisione  italiana S.p.A. e  il  Ministero  delle  imprese  e  del  Made  in  Italy,  di ammodernamento, sviluppo e gestione  infrastrutturale  delle  reti  e delle  piattaforme  distributive,  nonché  di  realizzazione   delle produzioni interne, radiotelevisive e multimediali,  e'  riconosciuto alla medesima società un contributo pari a 430 milioni di  euro  per l'anno 2024”. Attenzione ai passaggi sottolineati. Queste risorse saranno anzitutto riconosciute “…nell'ambito delle iniziative, previste  dal  contratto  di servizio” ovvero dal soggetto che ha sottoscritto il Contratto,  il MiMiT e non più il MEF. Si passa quindi da una erogazione “in automatico” ad una “a condizione” che siano applicate le iniziative previste dal Contratto. È grave ed è uno dei punti più importanti sui quali ci siamo spesso soffermati nel valutare negativamente questo Contratto. Da ricordare sempre che di questo documento non ci sono notizie: è accuratamente secretato e nessuno, nemmeno i parlamentari che lo hanno votato in Vigilanza, sembra che NON ne sanno nulla e però nemmeno protestano per questo silenzio. Su questo solco si inseriscono gli interrogativi che poniamo sugli investimenti tecnologici che, peraltro, dovrebbero essere indicati nel Piano Industriale.

Il passaggio della Legge su “ammodernamento, sviluppo e gestione  infrastrutturale  delle  reti  e delle  piattaforme  distributive”. A cosa si riferisce? Quali reti e quali piattaforme? Quali previsioni di spesa?

Sappiamo però che un possibile motivo di tanto segreto sta proprio nelle difficoltà che si incontrano nell’applicare quanto disposto nella prima versione del Contratto sulla transizione al DVB-T2 prevista per il 10 gennaio scorso e poi persa nelle nebbie. Rileggiamo quanto possediamo (bozza di luglio 2022) a pag. 5 e 6: “Il contratto di servizio 2023-28 pone al centro dello sviluppo di Rai gli obiettivi di rilevanza, inclusività, credibilità, responsabilità e sostenibilità …Rinnovare gli asset tecnologici … Finanziare investimenti che verranno completamente sviluppati e messi a terra nei prossimi 5-8 anni”. Sappiamo che si prevede un investimento triennale di circa 225 milioni di euro, in larghissima parte coperti dalla vendita dell’ulteriore 14 p.c. della partecipazione Rai in Rai Way ovvero una incognita tutta da verificare nei tempi e nelle modalità. Vedi pure il Comunicato sindacale a vale dell’incontro con l’AD del 6 febbraio dove è emersa con chiarezza la difficoltà di Sergio a “..realizzare un Piano Industriale più complesso, in discontinuità con il passato, che non punterà esclusivamente al potenziamento del business nei confronti della RAI …”. Amen.

In sintesi: gli investimenti e il conseguente sviluppo della RAI sul fronte dell’ammodernamento tecnologico sono in secondo piano e in subordine rispetto ad altre priorità. Nella Comunicazione interna citata e firmata da Sergio di tutto questo non ci sono tracce e sappiamo solo che sono stati istituiti 10 sotto gruppi di lavoro dove si accenna solo a “Reti e infrastrutture IT”. Morale della favola: il Digitale Terrestre va bene così, ancora per molto e per molti.

bloggorai@gmail.com


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