sabato 17 febbraio 2024

RAI: una "nuova" storia confusa, ottusa e forse collusa


Questa mattina ci stavamo predisponendo a scrivere un pezzo sul tema di un generico e forse collettivo “qualcuno”, che appare alquanto confuso, leggermente ottuso e probabilmente colluso. 

Si tratta di una "storia" che fatica a prendere forma. 

Quando poi, ci viene urgentemente segnalato un articolo molto interessante sul Il Foglio oggi in edicola con il titolo: Fratelli di fiction. La storia torna in Rai ed è subito autocoscienza nazionale. Mameli infilato nel pantheon di Giorgia, ma è pure un ragazzo di oggi”. Ecco cosa mancava alla lettura diacronica del pre e del post Sanremo: cosa ci ha “raccontato” il Festival non solo in quanto spettacolo canoro ma come parte di un tutto, di un nuovo e diverso “narrare” il Paese con altri mezzi. E come poi usare lo spettacolo, con quello che è venuto prima e sta venendo ora, come grimaldello necessario a scardinare e impostare il “nuovo futuro del Servizio Pubblico. E non a caso, il sostegno promozionale più forte alla “nuova Fiction” è stata attivato proprio negli intervalli pubblicitari con lo spot in onda su RAIUno.  

Questo capitolo della storia RAI e di un nuovo racconto  della storia del Paese era tutto già scritto, da tempo e la penna era nelle mani del DG RAI Giampaolo Rossi. È proprio intorno alla sua figura, al suo ruolo presente e futuro,  che si stanno impostando i giochi. Siamo andati e ripescare due sue interviste: quella del 6 luglio e quella del 10 ottobre dello scorso anno. Ce le siamo incorniciate perché “raccontavano” molto di più di quanto si leggeva. A luglio Rossi al Corriere dichiara: “I nuovi palinsesti che avete dovuto preparare in tutta fretta in che modo rappresentano la nuova Rai? «Valorizzano le risorse interne, sono plurali e organizzano finalmente le reti secondo criteri di genere, uscendo da una visione ideologica”. Tenetela bene in mente questa frase  ma non è questo il tema. Aggiunge: “Spesso la Rai è stata fuori sincrono rispetto alla realtà: è stata l'espressione di un gruppo ristretto che la dominava”. E ancora: “Intanto nel 2024 che succederà? «Ci sono ragionevoli certezze che il canone possa rimanere in bolletta. Dopo di ché non è un dogma. In molti Paesi non c'è”. Arriva il 10 ottobre e su Libero dichiara: “…abbattere ogni pretesa egemonica e fare respirare la cultura di questa nazione. Se il nuovo governo conservatore saprà fare questo, potrà sviluppare il valore della nostra industria culturale, darà un contributo fondamentale ad un nuovo rinascimento italiano”. Torna poi su un tema a lui carissimo: “E’ necessaria una riorganizzazione industriale conseguente al nuovo modello editoriale delle Direzioni di Genere varato ai tempi di Fabrizio Salini (uno degli ultimi ad Rai con visione strategica)”. Dopo affonda il colpo sul tema racconto/narrazione/ficition e dice “C'è una narrazione dell'Italia introflessa e marcata ideologicamente, che non tiene conto dell'identità storica della nazione. In qualunque altro paese, un personaggio come Garibaldi con la sua storia avrebbe alimentato la mitopoietica e l'immaginario narrativo per anni”. A parte la sofisticata “mitopoietica” (l'attività spirituale creatrice dei miti) il nostro entra a piedi pari sul vero problema tanto a cuore a questo Governo: cambiare l’aria che tira, la percezione del Paese, dei suoi miti e dei suoi riti. Da è un soffio a citare “D'Annunzio, De Ambris, Keller, Marconi, Toscanini, Comisso… Spengler, Heidegger, Junger, Lorenz, McLuhan o Del Noce… E le avanguardie artistiche (futurismo, dadaismo) e Pirandello, Celine, Mishima, Tolkien, Yourcenar, alla poesia di Pound o Eliot”.

Ecco il contesto dove sorge e si propone la fiction “Mameli” andata in onda subito dopo Sanremo dove nel testo (lo avevano dimenticato o forse del tutto ignorato) si legge che “… i bimbi d'Italia si chiaman Balilla…”. Il Foglio lo definisce “ … esempio purissimo di "nuovo storytelling" del direttore generale Giampaolo Rossi”. Ovvero colui che vorrebbe o dovrebbe essere il nuovo uomo forte di Viale Mazzini, pronto a succedere a Roberto Sergio qualora.. qualora, decidesse di farsi gentilmente da parte dopo avergli scaldato la sedia come prossimo AD. Ma che, come la “storia” recente di questi giorni ci sta raccontando, prima e dopo Sanremo, non sembra proprio che tutto possa andare come previsto. E dove si colloca il centro della battaglia, quale la pistola fumante che da il colpo di inizio delle ostilità? Proprio quelle dichiarazioni incrociate sulla “riforma di generi” tanta cara a Rossi quanto osteggiata da Sergio (ipse dixit "Rai, organizzazione da rivedere Sergio: verifico se è meglio tornare alle direzioni di rete" del 2 febbraio, nota bene la data). 

La grande famiglia RAI si confronterà su questo e su questo saranno chiamato a raccolta i fedelissimi. Piccola prova provata: nei giorni scorsi vi abbiamo appena accennato ad una notizia: lo scorso 1 febbraio viene diffusa una “Comunicazione interna – Strutture Aziendali tutte” con oggetto “Piano di implementazione del Piano Industriale 2024-26 e costituzione Team di implementazione ad alta priorità” firmato Roberto Sergio. Sapete la novità? È che nei tre Team (Evoluzione dell’offerta informativa, editoria e e Assetto Organizzativo) non compare mai … MAI ... il termine “tecnologie” o  “tecnologico” che dir si voglia e il CTO non viene mai citato, nemmeno per sbaglio. Come se l’argomento fosse del tutto irrilevante, come se la RAI nel nuovo Piano Industriale non dovrà fare i contri con le nuove tecnologie, che richiedono investimenti e visioni, progetti e impegni che nessuno, con queste risorse, è oggi in grado di garantire. Vorrà pur dire qualcosa? Si certo e non poco. Lo approfondiremo.

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