Torniamo al centro del problema: la Legge 220 c’è e ci sarà ancora per molto tempo. Sarà con questa Legge che si dovrà rinnovare il prossimo CdA e sarà questo nuovo Cda che traghetterà la RAI verso il rinnovo della Convenzione prevista per il 2027. Dunque, si tratta di una occasione unica e irripetibile per provare a smantellare e colpire al cuore la natura governativa della Legge, in particolare per quanto riguarda il perverso meccanismo di elezione e proposizione dei vertici RAI, in particolare il Cda. Se, come abbiamo vagamente inteso, PD e M5S hanno intenzione di rifare lo stesso giochetto della precedente legislatura e fare uscire i nomi dei nuovi consiglieri dal cilindro di Maga Magò e magari riproporli tali e quali, per quanto ci riguarda, abbiamo idea che non sono sulla buona strada.
Lo spazio per una iniziativa, seppure sperimentale, seppure da mettere a fuoco dettagliatamente i vari passaggi, c’è ed è assumere il “modello francese” dove i candidati sono noti prima, presentano i loro curricula e si confrontano pubblicamente su come intendono agire qualora eletti con un testo scritto e con una possibile audizione pubblica. Sarà poi sempre il Parlamento sovrano a decidere e votare, ma almeno lo potrà fare con trasparenza e conoscenza di chi verrà sottoposto al voto e non su nomi usciti sottobanco dalle segrete e oscure stanze come è avvenuto finora. PD e M5S ci stanno a provare, a sperimentare subito o almeno a dibatterne pubblicamente su questa possibilità oppure lasceranno scorrere tutto sotto traccia per poi arrivare disarmati alla decisione finale? E poi, seppure questo “esperimento” si dovesse rivelare di difficile attuazione (e non lo crediamo) si potrebbe porre subito un tema: con quali criteri il Governo selezionerà il prossimo AD? Deve essere “per forza” Rossi come la Meloni vorrebbe? Ci può essere di meglio, di più, di diverso? Draghi nel 2021 aveva dato incarico ad una società di cacciatori di teste e vennero fuori pure nomi interessanti. Sollevare questo tema, tenere accesi riflettori e fare clamore sulla possibilità che il nuovo AD sia dato per scontato che possa essere anche lui uscito dal cilindro di Palazzo Chigi (peraltro già noto) è un modo per smascherare in ogni modo la perversa e ottusa tenaglia che minaccia l’autonomia e indipendenza del Servizio Pubblico. Si tratta, semplicemente, di non dare per scontato, come in parte è avvenuto, che il nuovo Ad e presidente siano il frutto illegittimo di un matrimonio perverso malauguratamente annunciato.
ps: per chi lo avesse perso, ricordiamo
il Post SPECIALE di ieri sera
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