venerdì 20 ottobre 2023

RAI Game Over: una partita persa senza essere giocata


Chiunque abbia giocato a poker conosce bene alcune regole non scritte ma fondamentali e necessarie da conoscere perfettamente, pena lasciarci l’osso del collo. A: se dopo poche mani non hai capito chi è il pollo, il pollo sei tu. B: se dopo poche mani ti accorgi di un giocatore che gioca poco o male, la maggior parte delle volte è complice, sia pure indiretto, di un baro al tavolo. C: se, dopo poche mani, hai capito che c’è una possibilità di andare ad un piatto forte e rinunci a partecipare, quella possibilità potrebbe non ripetersi. Ed altre regole ancora. 
Morale della favola: quando si gioca o si gioca bene quella determinata partita, di quella sera/notte, oppure è meglio portare a spasso i gatti.

Arrivederci tra sei mesi. La partita sulle candidature del rappresentante dei dipendenti si è chiusa al primo tempo. Al momento, dopo la chiusura delle proposte, non risultano candidature ufficiali di CGIL, CISL e UIL, di ADRAI E Usigrai, ovvero, formalmente lo zoccolo duro della rappresentanza sindacale RAI. Questa parte della partita, per questi soggetti e per questa specifica partita, fosse solo della durata di sei mesi, è stata persa senza nemmeno essere giocata. O meglio: alcuni hanno provato a giocare ma hanno trovato di fronte altri che hanno posto ostacoli composti di trame e complotti difficili da ricostruire e decifrare. Diciamo sommariamente, che come al tavolo di poker quando un giocatore assume una particolare postura “remissiva”, alcuni rinunciano a giocare o proponendo un gioco “distratto” hanno di fatto agevolato o impedito la proposizione di una candidatura unitaria che pure c’era. La notizia della candidatura di Di Trapani per conto dell’Usigrai (non ci risulta smentita o confermata pubblicamente) è stata da alcuni interpretata proprio in questo modo perché potrebbe aver fatto saltare il tavolo e, da quel momento, tutto si è messo in salita.   

Cosa è successo e perché i sindacati citati sono giunti a questo punto? Premessa: la Legge 220 del 2015, pur nefasta, su questo punto è chiara: “Le singole candidature possono essere presentate da una delle organizzazioni sindacali firmatarie del contratto collettivo o integrativo della RAI-Radiotelevisione italiana Spa o da almeno centocinquanta dipendenti e devono pervenire almeno trenta giorni prima della nomina”. Ovvero, la ratio della Legge individua nelle Organizzazioni sindacali il soggetto primario a cui spetta il compito di indicare un proprio rappresentante in Cda e solo in subordine ad una singola persona l’autocandidatura se supportata da 150 firme. Ne deriva, semplicemente, che in questo caso gli sconfitti nel loro insieme sono anzitutto le sigle che abbiamo indicato che hanno rinunciato ad un compito istituzionale che la Legge gli assegnava in via prioritaria.

Tutto questo riporta ad un dibattito mai avvenuto: quale ruolo deve avere il rappresentante dei dipendenti in Cda? Si tratta di un “protosindacalista”? Si tratta di un portatore di istanze progettuali oltre quelle di carattere meramente contrattuali (aumenti, promozioni, ricorsi etc) o cosa altro? La preziosa esperienza di Riccardo Laganà, purtroppo, non ha potuto avere un momento di verifica e confronto finale al termine del suo secondo mandato.

Finale della favola: dopo la sberla del Contratto di Servizio, dopo lo sganassone del canone e dopo gli scivoloni sugli ascolti, il futuro è tutto da scrivere e non sembra un bel futuro per Viale Mazzini.

bloggorai@gmail.com  

Nessun commento:

Posta un commento