“A voler trovarne il
fondo, o non se ne viene a capo, o vengon fuori cent'altri imbrogli. Sopire,
troncare, padre molto reverendo: troncare, sopire”
Abbiamo tanta voglia di girare pagina e lasciarci alle spalle questa oscura e tormentata vicenda del Contratto di Servizio. E però, più ci si rigira intorno e più vengono fuori magagne ciclopiche che non lasciano scampo per capire il “cui prodest” di tanta nefandezza. Ribadiamo la nostra opinione: è il peggior contratto che si poteva realizzare e nessuna toppa è in grado di coprire il buco che lascia aperto.
Nel momento in cui ci perviene il testo conclusivo, quello che ora dovrà essere ratificato da MiMit e Cda RAI ci è venuto un ultimo sobbalzo di curiosità: che fine hanno fatto il piano industriale e il piano editoriale? Per non sapere leggere e scrivere, abbiamo riversato i testi da PDF in Word e, rispettivamente abbiamo cercato nel documento 2018 e in quello 2023 i termini “piano industriale” e “piano editoriale”.
Nel documento 2018 i termini compaiono in modo perentorio
all’art. 25, (Obblighi specifici): “u) Piano industriale: la Rai è tenuta a
presentare al Ministero, per le determinazioni di competenza, entro sei mesi
dalla data di pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta Ufficiale, un
piano industriale di durata triennale
che, sulla base della definizione di adeguate risorse, rese disponibili dalle quote di canone destinate al servizio
pubblico, per lo svolgimento delle attività di cui al presente Contratto, preveda – in coerenza con
le previsioni della Convenzione - interventi finalizzati a conseguire …
iv) l’individuazione
di una road map per lo sviluppo dei progetti previsti dal presente Contratto,
v) Piano editoriale:
la Rai è tenuta a presentare al Ministero, per le determinazioni di cui all’articolo
13, comma 2, della Convenzione, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del
presente Contratto nella Gazzetta
Ufficiale, un piano editoriale che:i) sia coerente con la missione e gli
obblighi del servizio pubblico”.
Nel documento 2023, semplicemente, questa locuzione “la RAI è tenuta …” diventa evanescente, morbida, soffice, fiocca e leggera come un fuscello al vento, un colpo di magia e, in buona sostanza, diventa “la RAI NON è più tenuta”. Leggiamo solo, all’art. 22 che “3. La Rai è tenuta, altresì, a trasmettere al Ministero, al Ministero dell’economia e delle finanze e alla Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi entro 15 giorni dalla loro approvazione: a) i piani industriali (economici, finanziari, di investimento e strategici)” mentre per quanto riguarda il piano editoriale si legge solo che “5-bis. La Rai informa annualmente la Commissione parlamentare per l’indirizzo generale e la vigilanza dei servizi radiotelevisivi sulla realizzazione degli obiettivi di efficienza e di razionalizzazione indicati nel presente contratto, sull’attuazione del piano editoriale..”. L’obbligo, il vincolo, il carattere perentorio e determinativo all’attuazione si trasforma in procedura di comunicazione, un atto burocratico di trasmissione di un atto che nessuno è obbligato a redigere. Da notare che i due termini (editoriale e industriale) sono completamente assenti nel famigerato Allegato 1. Amen. C’è da dire, a discolpa degli autori del misfatto, che pure quanto erano chiari i vincoli e obblighi del precedente Contratto non sono stati applicati e, dunque, alla fin fine, cambia poco. Vincolare o meno, tanto non si rispettano. Doppio Amen!
Da oggi proviamo ad
avviare una rubrichetta: Domande s/comode.
1. Chi si avvantaggia del fatto che RAI NON è più tenuta a redigere un piano editoriale e industriale?
2. A che punto è l’iniziativa di Cecatto (AD di Rai Way) di riprendere i contatti con gli Stakeholder di Rai Way per dare vita al gigante delle antenne Tv? Ci aspettiamo sorprese?
3. E’ iniziata una trattativa tra M5S e chi altri per dare vita agli Stati generali sulla TV da svolgersi prossimamente? Fino a poco tempo fa il solo che sembrava interessato era Giampaolo Rossi (DG Rai / FdI). E il PD interessato?
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