Giochiamo a fare i piccoli finanzieri grossolani e sprovveduti e poniamo allora qualche domanda (s/comoda):
Quanto può valere una rete generalista? Ad esempio, RAIDue?
Quanto costa gestire un canale tematico RAI? Ad esempio, RAI Storia con lo 0,2% di share oppure RAI Yoyo e Gulp che insieme fanno lo 0,7% di share?
Quanti potranno essere i telespettatori che RAI perderà dopo il 10 gennaio 2024 (come scritto in un documento della Vigilanza RAI) come previsto dal nuovo Contratto di Servizio?
Quanto costa sostenere 8 testate giornalistiche con poco meno di 2000 giornalisti del Servizio Pubblico? Ad esempio RAINews24 che con oltre 200 giornalisti raccoglie mediamente lo 0,6%?
Quanto costano l’insieme di tutti i documentari mandati in onda da tutte le reti o le testate al di fuori della competenza (e del budget) della relativa Direzione di genere Doc?
Quanto costa un punto di share in prime time che si perde con trasmissioni sbagliate?
Come si dice a Roma, facciamoci a capire. Se è vero come è vero che il canone, bene che vada, rimarrà lo stesso. Se è vero come è vero che la pubblicità è destinata a calare progressivamente. Se è vero come è vero che i costi aumentano in modo esponenziale. Se è vero come è vero che non ci sono risorse per nuovi investimenti e sviluppo. Se è vero come è vero che la concorrenza (generalista e piattaforme) diventa sempre più aggressiva e toglie spazio e pubblico alla RAI.
Se tutto questo è vero ed è indiscutibilmente vero, come se ne esce?
È utile rileggere quanto affermo dall’ex ministro Gualtieri in Vigilanza RAI nel novembre 2020: “In tale ottica, non si può che valutare con attenzione e preoccupazione il deterioramento della posizione finanziaria della RAI, in quanto elemento critico per il necessario sviluppo dell’attività e il buon funzionamento aziendale … I problemi di conto economico della RAI che vi ho rappresentato non riflettono solo una flessione congiunturale dei ricavi, ma mettono a nudo degli squilibri strutturali che richiedono risposte durature, non solo dal punto di vista delle fonti di finanziamento, ma anche da quello di un’adeguata capacità di rilancio dell’azienda e di una rivisitazione del suo piano industriale …L’incremento strutturale delle entrate da canone, che come ho detto inseriremo in legge di bilancio, deve impegnare innanzitutto il vertice dell’azienda a presentare un piano serio di riorganizzazione e rilancio della Rai razionalizzi strutture e costi per assicurare un equilibrio prospettico tra entrate e uscite e garantisca una crescente e migliore capacità di offerta di competizione …”.
Leggiamo poi la relazione della Corte dei Conti del giugno scorso: “In virtù, infine, delle perdite di conto economico evidenziatesi, i giudici contabili hanno confermato la necessità di impiegare “ogni misura organizzativa, di processo e gestionale idonea ad eliminare inefficienze e sprechi”, per un più elevato contenimento dei costi nell’ottica di un maggiore equilibrio economico e gestionale”.
Infine, per ricollegare tutto, rileggiamo quanto previsto (e disatteso) dal precedente Contratto di Servizio all’ormai compassato art. 25 sugli obblighi specifici : “i) presentare alla Commissione, per le determinazioni di competenza, entro sei mesi dalla data di pubblicazione del presente Contratto nella Gazzetta Ufficiale, un piano di riorganizzazione che può prevedere anche la ridefinizione del numero delle testate giornalistiche nonché la riprogettazione e il rafforzamento dell’offerta informativa sul web”.
Va bene così. È utile e conveniente per molti che la RAI rimanga così com’è e forse anche un tantino ancora più sotto della concorrenza. Ecco cosa significa esattamente esonerare l’Azienda dal dover predisporre un Piano editoriale e uno industriale come si deduce dal nuovo Contratto di Servizio.
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