Anzitutto vi proponiamo di rileggere il Post di ieri: l'effetto stupefacente ancora resiste. Oggi invece proponiamo solo piccole perle di saggezza che meritano conservare.
Sole 24 Ore: “Tv la rivincita della televisione free. Lo streaming
non guadagna ascolti”. Le piattaforme non decollano e i Tg della sera
perdono ascolti. Nei prossimi giorni in arrivo il VI Rapporto Auditel Censis.
Domani: “La destra sta uccidendo la RAI. Se n’è
accorto anche Berlusconi”. Forse il titolista ha sbagliato: intendeva
dire “solo” e non “anche”. Interista al capogruppo Pd in Vigilanza, lo stesso che
ha presentato il famigerato emendamento che ha “salvato” l’Allegato1 del nuovo Contratto
di Servizio. Sic!
La Repubblica: “Una poltrona per tre nella staffetta
Rossi-Sergio spunta il nome di Chiocci”. Un film già visto quando si
cominciò a leggere di Rossi nei prima della sua nomina: un desiderio che si potrebbe
avverare. Comunque interessante: un manuale Cencelli ai tempi della “nuova”
destra.
La Repubblica si accanisce e nel giro di due giorni spara a
palle incatenate: il 2 novembre Giovanna Vitale titola “Tg e programmi flop.
La RAI affonda. Mediaset la sorpassa” e il giorno successivo “RAI,
scatta l’emergenza per il crollo di ascolti. Di Girolamo a rischio”. A Viale
Mazzini non la prendono bene e a stretto giro di posta comunicano “Mai in
discussione leadership del servizio pubblico”.
Lo stesso giorno Domani ci mette il carico da undici: “La
RAI sovranista non attrae neanche l’elettorato di destra”. Già: quello di
sinistra, quello che restava, era già emigrato.
A metterci una “pezza” ci pensa La Stampa che il 3 titola “Arriva
il salva RAI”. Gioia intensa ma breve: si parla del confuso provvedimento
sul canone. Tanta la confusione sotto il cielo: dunque la situazione è eccellente.
Arriviamo a ieri: una notizia cade attesa. Si costituisce il
“nuovo” sindacato dei giornalisti RAI e si chiamerà UniRAI e, per quanto
poco abbiamo inteso, dovrebbe raccogliere le ceneri del vecchio sindacato
SingRAI della destra precedente. Ad ogni destra il suo sindacato di
riferimento: si prepara la battaglia del prossimo Cda.
Il Quotidiano del Sud pubblica un articolo a firma Marco Mele
con il titolo “Il taglio del canone aumenta la dipendenza di Viale Mazzini
dalle scelte del Governo”. È la prima volta, insieme a Bloggorai, che si
legge sulla carta stampata del dubbio di costituzionalità del provvedimento sul
canone. Tutti gli altri tacciono. Perché?
Veniamo ad oggi. La Stampa titola: “L’anno zero di Mediaset”.
L’Azienda non compete più con la RAI ma con i giganti del digitale. Viale Mazzini
sta bene (o male) così: non ha bisogno di aiutini. Merita una citazione: “Per
questo i numeri consegnano una fotografia chiara del fenomeno, che se da un
lato dimostra la virtuosità del management di Cologno che spendendo poco
meno di un quinto della Rai sulla fiction, ad esempio (35 milioni contro 150
milioni di euro) - e con un budget per la coppia Italia più Rete4 inferiore
a quello della sola Rai2 e della sola Rai3 - è praticamente sulla stessa linea
di ascolti della tv pubblica…”. Hai capito? con molto meno fanno molto dipiù. Perchè? Si capisce perché mandano in
replica 30 volte Montalbano.
Il Messaggero aumenta il volume di fumo e confusione del
Governo sul tema canone: la manovra non sarà solo per un anno ma due. A questo
punto pure la flebile obiezione del dubbio di costituzionalità viene rafforzato.
Non si può fare!
bloggorai@gmail.com
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