venerdì 24 novembre 2023

La RAI al Banco dei Pegni

Foto di Anna da Pixabay
Cosa succede in una famiglia normale, oppure un’azienda, quando le cose non vanno gran che bene dal punto di vista economico? Succede che si inizia a fare qualche debituccio con la speranza che le cose possano migliorare. E se poi le cose non migliorano? Che succede? Succede che i debitucci crescono e bisogna farne altri per ripagare i primi … oppure … oppure… si cerca di tappare qualche buco vendendo o portando al Banco dei Pegni (oggi si chiamano “compro Oro) qualche “gioiello di famiglia”. Altrimenti, un saggio capo famiglia e dirigente di azienda, chiama i suoi familiari o collaboratori e gli fa un discorsetto semplice e chiaro: “O riduciamo le spese e conteniamo i costi oppure la baracca fallisce, decidiamo quale dovrà essere il nostro futuro”.

Più o meno a Viale Mazzini stanno messi così: il debito è alto, il bond dei 300 mln del 2019 si dovrà rinnovare, il canone è minacciato e la pubblicità ben che vada è incerta o la raccolta potrebbe pure peggiorare. Ecco che allora si profila e si comprende il “blitz” (come è stato titolato oggi sui quotidiani) di Sergio (Rossi no?) sulla frenesia di approvazione del Piano Immobiliare con il quale si prevede di fare cassa per circa 240 mln (salvo poi dover pagare gli affitti degli immobili che si venderanno cioè il famigerato lease back)

Passo indietro, a luglio dello scorso anno quando compare la prima bozza di questo Piano si legge, alle pag. 7 e 8, che il Piano Industriale poggia su 4 pilastri (distribuzione, contenuti, ricavi, aree operative) e relative 16 16 iniziative strategiche prioritarie. Poi si legge che “Il Piano prevede in parallelo una profonda evoluzione di tutti i principali Fattori Abilitanti: immobiliare, risorse umane, tecnologie ed organizzazione”. Appunto, anzitutto il Piano Industriale dove quello Immobiliare è un “fattore abilitante”. Punto. Allora come è mai possibile approvare con tutta fretta il suo esatto contrario? Ovvero prima il Piano Immobiliare poi quello industriale che, notoriamente, non si sa da che parte inizia e, ancora di più non si sa che fine ha fatto il Contratto di servizio???

Ma, andiamo avanti con il ragionamento di fondo. È del tutto evidente che Rai si trova di fronte a un momento cruciale della definizione del suo ruolo o missione. Poniamo che presto, speriamo, si possa cominciare a mettere in discussione il suo perimetro di attività e il suo rapporto tra costi e risorse? Che senso ha allora smobilitare risorse senza un contesto, un quadro, un indirizzo, una visione strategica? E se proprio vogliamo scendere nei bassifondi della bruta contabilità, volgiamo dire un’eresia? Vogliamo immaginare che Viale Mazzini possa non avere più senso per come è e per come dovrebbe essere (almeno ripulito dall’amianto)? Quanto costa per quante sono le persone che ci lavorano (e quante tra queste oggi sono in Smart working)? Vogliamo dire un’altra eresia: che 12 mila dipendenti, 2000 giornalisti per tre reti generaliste e qualche canale specializzato non regge il conto delle risorse sulle quali contare?

Ribadiamo quanto abbiamo scritto ieri: questa fretta di approvare il Piano Immobiliare è poco convincente.

Torniamo all’attualità. Ieri abbiamo scritto che il prossimo CdA del 5 dicembre dovrebbe procedere alla “nomina” del nuovo consigliere DI Pietro e abbiamo scritto chiaro e tondo che non ci sembra nelle sue competenze. Anzi! Ci sono stati obiettati due articoli del Codice Civile dai quali si potrebbe evincere questa possibilità cioè che il Cda possa “ratificare” la nomina. E ancora una volta NO! Al Cda RAI la Legge non assegna nessuna possibilità né di “nomina” e tantomeno di “ratifica” di un atto giuridico compiuto da altro soggetto, cioè l’Assemblea dei dipendenti che nulla ha che vedere con l’Assemblea degli azionisti convocata dalla Soldi. Purtroppo, però ci dobbiamo limitare in questo campo: se non c’è nessuno interessato a far valere il diritto e nessuno obietta e si oppone e, al contrario si lascia sfuggire una importante occasione di fare valere l’autonomia dell’Azienda dall’ esecutivo (l’azionista di maggioranza, ovvero il Governo). Come già successo in passato sulle obiezioni di costituzionalità etc (vedi legge per rimuovere Fuortes) o nel presente (vedi dubbi di costituzionalità sulla riduzione del canone) se non c’è nessuno che si oppone e soll8eva il problema… si capisce bene perché poi si fermano i treni a piacimento.

Ultima nota: da giorni si legge della vicenda Report e Gasparri. Su La Stampa di oggi si legge che “… il senatore azzurro sapeva delle scoperte fatte dalla trasmissione. «Si tratta di Cyberealm – rivela Report nell'inchiesta che dovrebbe andare in onda tra un paio di settimane - una misteriosa società di sicurezza informatica, di cui Gasparri è presidente. Ne fanno parte manager e collaboratori, sia ufficiali che occulti, con un passato imbarazzante e legati ai servizi segreti di altri Paesi”. Poi, oggi, leggiamo su Dagospia che “… Gasparri avrebbe preso la decisione di dimettersi dalla società prima della messa in onda dell’inchiesta della trasmissione di Sigfrido Ranucci (domenica è prevista la prima parte ormai resa pubblica da “la notizia”)”. Bene, la vicenda non è irrilevante o inferiore di interesse a quella che occupa tanto spazio sul treno fermato a Ciampino. Anzi!!! Perché allora la RAI non anticipa la trasmissione per intero già dalla prossima domenica? È diritto essere informati e dover informare correttamente, subito e non tra 10 giorni.

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