Mediaset tracolla?
Per salvarla basta che la RAI perda audience e pubblicità.
Marco Travaglio, 26 novembre 2007
Ci sono articoli, interviste, testi che vanno gelosamente conservati in una cartellina d’argento legata con il filo d’oro. Sono evergreen, sempre attuali, salvo qualche piccolo aggiustamento e riposizionamento di parole. Mediaset tracolla? No, anzi, gode di ottima salute. Rimane che RAI, grossomodo, perde audience e pubblicità. Invertiamo la domanda: la RAI tracolla? Se mai fosse vero, che fare? Per salvarla basta che Mediaset non perda pubblicità e che si mantenga saldamente inalterato il canone alla RAI, anzi, se necessario pure con un piccolo aumento, quanto basta per non andare a rompere troppe uova nel piccolo paniere della pubblicità.
Dunque, ne avevamo sentore da tempo, da anni, e tra ieri pomeriggio e questa mattina ne abbiamo ulteriore conferma. Ieri pomeriggio abbiamo ascoltato Gina Nieri, donna forte e autorevole nella stanza di comando Mediaset, attaccare frontalmente la proposta di riduzione del canone avanzata dal Governo e questa mattina leggiamo un corposo articolo sul Corriere titolato: “La RAI deve distinguersi dalla Tv commerciale. Torni Servizio Pubblico”. Anzitutto interessante osservare un concetto sul quale spesso ci siamo soffermati: la distinzione tra RAI Azienda e Servizio Pubblico Istituzione. Sono due termini che cominciano ad essere sempre più spesso in collisione tra loro dove gli interessi della prima possono non coincidere con quelli del secondo. Nell’articolo (rientra tra quelli da conservare!) si leggono lunghe e molto interessanti dichiarazioni di Pier Silvio Berlusconi: “Noi stiamo crescendo in ascolto da diverse stagioni ... contemporaneamente la RAI si è un po’ involuta nel senso che si è dimenticata che “la RAI è la RAI” il che significa che è Istituzione e Servizio Pubblico...Una Rai ricca e potente (di idee e di prodotto) per noi è stata una grande concorrente … Se invece si comporta da broadcaster commerciale questo ruolo istituzionale viene meno”. Aggiunge “… non penso che le difficoltà della RAI siano colpa dei nuovi vertici, arrivati da pochi mesi; gli errori vengono da lontano” Amen!!! Parole sante!
Non a caso questa “offensiva” mediatica arriva a pochi giorni dalla possibile approvazione della Legge di Bilancio che, palesemente e comprensibilmente, a Mediaset proprio non va giù e, per paradossale che possa apparire, se c’è una speranza di veder bloccata l’iniziativa della Meloni è nel far proporre dai suoi parlamentari di riferimento un tema di incostituzionalità nella apposita Commissione Senato prima che il provvedimento giunga in Aula (visto che l’opposizione su questo fronte sembra latitare e perdersi nei meandri di dubbi infondati, come quello della durata annuale del provvedimento che invece, come abbiamo chiaramente scritto ieri, se non si può fare non si può fare in assoluto e non invece che si potrebbe fare se fosse solo per un anno). Tant’è! Se poi ripercorriamo la storia recente dei ricorsi per incostituzionalità degli interventi sulla Rai c’è da farsi venire il vaiolo: la vendita di Rai Way (da ricordare gli storici pareri di Ainis, Cheli e Pace) per arrivare al provvedimento sull’uscita di Fuortes privo del requisiti di necessità e urgenza previsto dall’art. 81 della Costituzione. Doppio tant’è!!
Ciò detto, veniamo a qualche torbido pensiero e mistero misterioso che stiamo avvertendo sempre più spesso. Il primo, ovviamente, si riferisce ancora alla questione canone e ci porta al VII piano di Viale Mazzini. La domanda semplice semplice che poniamo è: il DG Giampaolo Rossi sapeva del provvedimento che il “suo” Governo ha intenzione di approvare sulla riduzione del canone che certamente non lo avvantaggerebbe quando, se mai, diventasse il nuovo AD RAI? Se la risposta è si è complice, se la risposta è no è vittima. In entrambe i casi è colpevole. Questa considerazione ci riporta all’articolo comparso su Domani nei giorni scorsi e fa bingo con quanto ci riferiscono le nostre fonti interne a Viale Mazzini: debacle su tutti i fronti, dalla scelta dei suoi stretti collaboratori alle pressioni editoriali, dal confronto con la struttura interna al rapporto con la “politica”. Qualcuno, anche a sinistra, diceva di lui "...però è bravo...". Meno male che è bravo, pensa se non lo fosse!
Il secondo mistero ci porta al prossimo 10 gennaio, quando, secondo quanto previsto dal nuovo Contratto di servizio (non ancora ratificato) all’art. 15 si prevede che RAI dovrebbe passare un Mux in DVB-T2 con possibile perdita di telespettatori. Ancora non sappiamo quali canali e quanti telespettatori si stima di perdere (come scritto dal CTO Stefano Ciccotti in una lettera al MimIt). Bel mistero, un altro sul quale Mediaset gongola (non da sola, of course). È un bel problema dove una potenziale opportunità può rivolgersi in un “disastro” piccolo o grande tutto ancora da verificare.
Infine, ci torna e ci ritorna una domanda: perché alcuni sindacati “amici” (uno in particolare) hanno palesemente boicottato la possibilità di candidare una persona nota, esperta e autorevole come rappresentante dei dipendenti in Cda ed hanno, di fatto, favorito la presentazione di altre candidature con altro “peso” politico specifico? Tra pochi giorni sapremo, forse, una parte della risposta, quando si svolgeranno le elezioni, il prossimo 20 novembre.
Note a margine: il convegno di ieri pomeriggio promosso da
Astrid sul tema “La televisione del
futuro. Le prospettive del mercato televisivo nella transizione digitale” è
stato certamente uno dei momenti di confronto più significativi degli ultimi
tempi ed ha visto intorno al tavolo i personaggi più in grado si
esprimere pensieri compiuti sull’argomento. E Rai? … Lasciamo perdere. Altro
mondo, altro pianeta. Oggi leggiamo che la
Shlein vorrebbe proporre una riforma per rendere indipendente la RAI. Questa proposta
di riforma sarà diversa dalle precedenti del PD (Orlando e Fedeli) o simile e
la vuole fare da sola o in compagnia? E, infine, la vuole proporre prima o dopo
gli Stati Generali, se mai vedranno la luce?
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