Big trouble at Mazzini Avenue !!! Incertezza e confusione regnano sovrani su molti fronti ma, su uno in particolare e non di poco conto, il quadro che si prospetta è particolarmente complesso. Si tratta della proposta di riduzione del canone da 70 a 90 euro e il suo corrispettivo di circa 420, 430 o 440 mln (sic!) che il Governo vorrebbe erogare alla Rai in compensazione della riduzione delle entrate da prelevare dalla fiscalità generale.
Appena ne abbiamo avuto notizia abbiamo, tra i primi, sollevato il problema che il provvedimento andasse incontro a forti dubbi di legittimità costituzionale e scontro frontale con la legislazione comunitaria (..Il Parlamento invita gli Stati membri a garantire finanziamenti stabili, aperti, trasparenti, sostenibili e adeguati a favore dei media di Servizio Pubblico …) in materia di aiuti di Stato.
Abbiamo lavorato sul primo punto, abbiamo chiesto pareri ad
esperti e approfondito l’argomento. Questa mattina siamo in grado di fornirvi un
dettagliato report che illustra pianamente la fondatezza del problema che, ribadiamo,
fa rilevare l’incostituzionalità del
provvedimento che il Governo intende adottare. Siamo entrati in possesso di un importante
documento dove si argomenta puntualmente in punta di diritto costituzionale la
fondatezza del dubbio.
Citiamo solo le
conclusioni: “La Manovra di Bilancio 2024 non si limita alla riduzione del
canone Rai, decurtandone l’importo, ma altera l’ordinamento esistente del
Servizio Pubblico sul versante del finanziamento.
Introduce un terzo tipo
di finanziamento oltre al canone e alla pubblicità: il contributo del Governo. Introduce
un ulteriore presupposto di imposta oltre a quella già definita di possesso di
apparecchi atti a adattabili a ricevere segnali radiotelevisivi (vedi nota MISE
del 20/4/2016) proprio dell’imposta speciale: il possesso del reddito come
elemento tipico della fiscalità generale.
Introduce una ingerenza
ulteriore ed esorbitante dell’Esecutivo (rispetto ai principi dettati dalla
Corte Costituzionale) che per la prima volta attinge il contenuto editoriale (vedi
art. 8 laddove si riferisce alla produzione interna) destinata ad incidere in
modo rilevante sulle necessarie garanzie che il Servizio Pubblico deve prestare
in merito al pluralismo, l’imparzialità,, l’indipendenza e l’obiettività.
Le sopraindicate “novità”
della Legge di Bilancio non producono come effetto la modifica di singole norme,
ma più ancora l’alterazione indebita di un ordinamento costituendone, di fatto,
uno diverso. Indipendentemente dal giudizio di merito, la Legge di Bilancio non
ha la forza ne di stabilire ordinamenti, ne di cancellarli o modificarli. Lo
vieta espressamente la Legge n.243/12 che pone precisi limiti contenutistici alla
stessa Legge: “Non possono essere previste norme di carattere ordinamentale”.
Peraltro, essendo la
Legge 243/12 una cosiddetta “legge rinforzata” in quanto approvata ai sensi del
sesto comma delle’Art.81 della Costituzione con la maggioranza dei componenti
delle due Camere, ed essendo prevista dalla Legge Costituzionale n.1/12 (Introduzione
del principio del pareggio di bilancio nella Carta costituzionale. (12G0064) - Entrata
in vigore del provvedimento: 08/05/2012), la sua violazione implica
automaticamente il contrasto con principi di carattere costituzionale e
comporta di fatto l’illegittimità della disposizione del Governo che ha
esorbitato i limiti di contenuto”.
Ce n’è quanto basta affinché chi può dovrebbe porre preventivamente il problema nelle sedi competenti e nei tempi necessari. Per quanto ci è dato constatare, chi deve sapere sa e chi non sa ha modo di sapere.
Lasciare il Servizio Pubblico sotto la tagliola di un
finanziamento ridotto e incerto significa semplicemente favorire quel processo
di riduzione del suo ruolo, di marginalizzazione della sua presenza, di indebolimento
della sua capacità di accompagnare e sostenere la vista civile e democratica del
Paese per indurla invece a mero strumento di propaganda del Governo di turno.
bloggorai@gmail.com
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