sabato 4 giugno 2022

Rai: alla vigilia del Caos tra Cesare e Augusto

Foto di GU LA da 

Quanto vi stiamo per scrivere è frutto di riflessione e dibattito con molti esperti e autorevoli lettori, interni ed esterni alla Rai. Questo “sitarello” gode di buona salute nelle sue relazioni, nelle sue interlocuzioni, nella sua memoria e nella sua agenda telefonica. Ci sono molte ipotesi e suggestioni ma tutte bene ancorate a fatti difficilmente controvertibili. Mettetevi comodi, questo non è Twitter.

Premessa: nel momento di massimo splendore, alla fine dell’epoca delle guerre civili, Roma antica era governata da Augusto. L’impero stava entrando nel pieno della “aurea aetas” e il popolo aveva, voleva e doveva avere l’impressione che si era spalancata una porta di prosperità e di riforme. Augusto si è posto il problema: come fare a comunicare a Roma e nel resto delle province questo suo intendimento? Risposta semplice: con le immagini. La prima è forse più importante è l’Ara Pacis, simbolo assoluto di governo e di programma. Suggeriamo la lettura di “Augusto e il potere delle immagini” di Paul Zanker.

Ora premettiamo un altro breve elemento: gli esperti della materia sostengono che un giocatore di scacchi di media levatura ha due “orizzonti” di previsione delle mosse possibili che dipendono assolutamente dalla posizione ottenuta sulla scacchiera: in posizioni chiuse cioè con catene di pedoni è possibile prevedere anche 20 mosse mentre in posizioni aperte, cioè senza pedoni posti a presidio del centro è difficile andare oltre le 5/7 mosse.

Governare con le immagini questo il tema e quella di ieri è certamente destinata ad entrare nell’album di famiglia della Rai, di quelle che si faranno vedere ai nipotini fra 50 anni. Per questo merita di essere approfondita ancora. Cosa significa? Cosa svela, cosa racconta? Per ora possiamo limitarci solo a tratteggiare qualche elemento più rilevante. Cominciamo a dire che questa immagine (sui dettagli della quale c’è da scrivere un capitolo a parte) dovrebbe essere copiata e incollata su un altro album: quello di Palazzo Chigi. È in quel luogo infatti che nasce e si risolve tutto ciò che riguarda la Rai (o si dovrebbe) ed è “l’immagine” di questo Governo in questa fase che necessita di essere compresa per “intuire” cosa succede a Viale Mazzini.

Il contesto principale: il “governo” Fuortes nasce su espressione diretta del Governo Draghi, appunto a sua immagine e somiglianza sia nel ruolo della persona che rispetto al complesso equilibrio dei partiti che lo sostengono. A luglio 2021 la pandemia era ancora forte e il suo mandato reggeva bene l’impatto con l’immagine del salvatore della Patria. Sulla scena politica piomba il meteorite dell’elezione del Presidente della Repubblica con l’autocandidatura del Capo del Governo (“… un nonno al servizio delle istituzioni). Le cose non vanno per il verso giusto, la pandemia inizia (per fortuna) a indebolirsi e il 24 febbraio la Russia invade l’Ucraina. La “seconda emergenza” globale si proietta sui partiti nella loro fase di massimo disordine e già proiettati verso le prossime elezioni. Draghi avverte il clima e cerca di annaspare tra il fosco e il losco, consapevole di reggersi sugli spilli di una maggioranza senza capo né coda. In questo quadro Pares cum paribus facillime congregantur e Fuortes già dallo scorso autunno manda segnali di fumo che non sembrano essere stati molto bene interpretati dentro e fuori la Rai. In poche parole, si racconta, che Fuortes era l’uomo di Draghi nella fase 1 del suo governo, ora che invece è scattata la fase 2 non è più lui la persona giusta al posto giusto. Non è più il momento di raccontare che occorre “raggiungere il pareggio di bilancio” quanto più sembra necessario garantire la comprensione e la guida dello scenario politico che si appresta a definire tra pochi mesi. Un altro errore come quello del Quirinale sarebbe difficile da digerire. Occorre cambiare.

La domanda che ci siamo posti ieri e che per tutto il giorno (e la notte) ha rimbalzato tra i palazzi e palazzetti è molto semplice: ci troviamo di fronte ad un lucido disegno, previsto e programmato (come le 5/7 mosse di scacchi prevedibili) ovvero trama o complotto che dir si voglia oppure siamo davanti ad un insieme di “accadimenti” fortuiti e casuali, imprevisti ed imprevedibili (articolo de Il Foglio)? La foto pubblicata ieri mostra un gruppo di “congiurati” o un gruppo di “disperati” smarriti e confusi? Si vuole far cadere l’AD (e vedremo l’8 giugno cosa succederà in Cda) o si vuole solo “rimodellare” gli assetti interni in vista, appunto, di nuovi equilibri politici?

La domanda correlata è Draghi sapeva (o meglio sapevano Garofoli, Funiciello e Giavazzi .. nonché l’attentissimo Giorgetti) ??? Anche in questo caso è legittimo supporre che qualcuno sapeva ed è  complice o tutti non sapevano e sono colpevoli.

Gli elementi di cui disponiamo, diretti e indiretti, ci portano inevitabilmente verso la prima ipotesi e quindi il gruppo di ameni e sfaccendati dirigenti in amorosa conversazione nei giardinetti proprio sotto le finestre del Palazzo, in bella vista e a favore di obiettivo, non erano lì per caso ma stavano mettendo una bandierina ben visibile a chiunque volesse intendere. Ora però, su un dettaglio della foto, c’è da risolvere un piccolo giallo che, a seconda della soluzione, apre una lettura piuttosto che una forse opposta per capire se si tratta di congiurati o disperati. La didascalia iniziale pubblicata da Dagospia elencava quattro nomi: Ventura, Ciannamea, Orfeo e Coletta. Chi è il quinto uomo con la camicia bianca? Ma la domanda precisa è: perché viene scambiato una persona con un'altra? Tre volti e tre nomi sono certissimi: Orfeo, Coletta e Ciannamea. Quello a destra è certamente Brancadoro (attuale CFO) e rimane allora da assegnare il nome al “quinto uomo”. Gli esperti di “riconoscimento facciale” nonché di “pelata” e di modo di vestire si sono scatenati e sono usciti fuori due nomi: Ventura e Pasciucco. La maggior parte dei nostri lettori interpellati che conoscono bene i personaggi danno Pasciucco 7 a 3. Magari si sbagliano ma facile trarne le conseguenze. Abbiamo pure letto che qualcuno tra loro sia molto amico di un certo Lucio Presta. Non si fanno mancare nulla.

Ora veniamo a queste e alle prossime ore. L’AD avrebbe ritirato l’incarico a Orfeo perché venuto meno il rapporto di fiducia e, sembra, pare, dicono che la comunicazione sia stata fatta proprio da Pasciucco (capo staff dell’AD) nonché sembra, pare, dicono, grande amico sia dello stesso Orfeo non che del capo del legale Spadafora. È verosimile che la domanda che i “congiurarti o disperati” si siano posti ai giardinetti  sia stata secca e semplice: “ ..e mo’ che famo???”. Nel frattempo qualche Rasputin ha suggerito a Fuortes le mosse dei cavalli: Orfeo al Tg3 in sostituzione della Sala che ha fatto raggiungere al giornale lo sprofondo degli ascolti (nostra elaborazione su dati Auditel, nel periodo 27/2 al 21/5 rispetto all’anno precedente steso periodo – 25%) e di Bella, prossimo alla pensione al posto di Orfeo. Oltre la fantascienza: un direttore che non gode più della fiducia dell’AD di solito, in aziende normali, viene accompagnato alla porta e non gli si affida una testa di grande rilevanza come il Tg3. La direzione “approfondimento” per il rilievo e lo spessore che dovrebbe avere non si affida ad un direttore pronto a fare le valigie e predisporsi ad una serena e meritata pensione tra pochi mesi. Una dirigenza aziendale che tra poche settimane dovrebbe presentare i palinsesti e dovrebbe sciogliere nodi fondamentali come il Contratto di Servizio e il Piano industriale non semina il caos come quello che stiamo osservano.

Repubblica di oggi titola “Rai: la rivolta del Cda per le mosse di Fuortes “mercoledì voto a rischio”.  Delle due l’una: “…o si rimangiano tutto e allora è bene che si tolgono di mezzo prima possibile o confermano tutto ed ancora di più è bene che si tolgano di mezzo prima possibile. Quale delle due soluzioni prospetta una Rai allo sbando che non ci possiamo permettere”. La fonte di questa osservazione è importante ma sulla quale abbiamo una relativa fiducia: è parte in causa. Amen.

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