Tranquilli, oggi non ci sono notizie.
Un Paese normale… già… un Paese normale. Facile dirlo, sperarlo o immaginarlo. Altra cosa è viverlo tutti i giorni, lavorarci dentro, andare a scuola, stare bene o stare male, andare al cinema o ad un concerto oppure vedere la televisione. Per poi scoprire che tutto normale proprio non è. Forse non lo è mai stato e forse sarà difficile che possa esserlo. “Un Paese normale” è anche il titolo di un libro di Massimo D’Alema, pubblicato nel 1995, dove scriveva “'Il compito della mia generazione è portare la sinistra italiana al governo del Paese. Altre generazioni hanno fatto cose fondamentali: hanno ricostruito la democrazia, hanno rinnovato il Paese. Ora, per noi, il problema è il governo: vogliamo essere messi alla prova”.
“Un Paese normale” è ancora il titolo di una canzone di Enrico Ruggeri dove nel testo si legge “In un Paese normale, c’è chi dovrebbe pagare il conto e si dovrebbe cambiare davvero sperando di fare in tempo e ci vorrebbe una legge speciale per un Paese normale…”.
Già, eccolo il Paese normale, dove il Ministro Gualtieri che ha disposto lo sfratto a tempo ritardato per l’AD Rai sembra essere di fedele scuola dalemiana, quella che, appunto vuole essere messa alla prova nella capacità di governo del Paese. In questo “Paese normale” ci dovrebbe essere chi paga i conti sbagliati e gli errori compiuti e, sempre in un Paese normale, dovrebbe avvenire subito. Invece, in un Paese “normale” come il nostro tutto questo non avviene. Sarebbe troppo facile e scontato prendersela con il tema della sanità e delle catastrofi avvenute non tanto e non solo sul Coronavirus, ma in decenni di sfascio della sanità pubblica, dove nessuno è innocente, nessuno.
In un Paese normale, il Servizio Pubblico radiotelevisivo avrebbe pari dignità di attenzione e interesse come le grandi infrastrutture di interesse nazionale e gli si dovrebbe riconoscere ciò che gli spetta e non ciò che gli si concede graziosamente. In un Paese normale, dove agiscono Aziende normali, di fronte ad un credito non riscosso, si mandano le ingiunzioni e, se necessario, si procede a norma di codice civile. Quando qualcuno si erge a difensore dell’attuale vertice di Viale Mazzini, potrebbe avere il buon senso di ricordare che su almeno 3, tre partite, non è stato fatto quanto dovuto: recupero dei 150 mln sottratti dal Governo Renzi, recupero per intero dell’extragettito del canone e incasso dei 40+40 mln previsti dalla precedente Legge finanziaria. Sarebbe bastato portare a casa la metà di questi obiettivi e le casse di Viale Mazzini non dico sarebbero sanate, ma quasi. Invece, in questo Paese poco normale, quando si parla di Rai viene quasi automatico doverci ritrovare a parlare di conti che non tornano, di nomine inutili e inopportune, di nan* e di ballerin* (con tutto il rispetto per le categorie) senza arte ne parte. Leggete, ad esempio, questa mattina un articolo su La Verità con il titolo “ La questua a Lotti per andare in Rai” e, per chi la segue, provi a mettere in sovrapposizione questo articolo con le vicende narrate nella fiction Suburra mandata in onda da Netflix. Impressionanti le possibili analogie tra chi “conosce”, chi vorrebbe incontrare qualcuno potente e chi vorrebbe stringere alleanze.
Ci hanno raccontato le facce dei consiglieri appena usciti dalla visione della diretta di Gualtieri in Vigilanza: tutte normali, come se niente fosse avvenuto. Con alle spalle le nomine di 18 vicedirettori e 20 nuovi dirigenti (tutti uomini). Come se nulla fosse, come se fosse un Paese o un’Azienda “normale”.
In un Paese normale, in un’Azienda normale, dopo che l’Azionista di maggioranza ti ha detto chiaro e tondo cosa pensa del tuo operato ci sarebbe poco da fare. Invece, siamo un Paese poco normale, dove forse, sarà opportuno attendere che tutto possa andare a scadenza normale, come lo yogurt in frigorifero. Come abbiamo scritto ieri, in questo Paese più o meno normale, tutto è destinato a rimanere allo stesso modo affinché tutto possa cambiare. Gattopardi e iene, tutti nella stessa savana.
bloggorai.gmail.com
Nessun commento:
Posta un commento