lunedì 9 novembre 2020

La storia si ripete, talvolta in forma tragica

La storia che vi stiamo per raccontare è vecchia, molti la conoscono molto bene ed è la premessa di quella che sta per cominciare questa settimana. Partiamo dal 2014. A febbraio il Governo Letta rassegna le dimissioni (stai sereno!!!) e gli subentra il Governo Renzi: a maggio ci sono le elezioni Europee e, captatio benevolentiae, si propone un bonus di 80 euro in busta paga (DL n.66 di aprile); per coprire tale impegno si richiede un “contributo” a tutti e, alla Rai in particolare,  si applica un “prelievo forzoso” di 150 milioni di euro, in detrazione dalla quota di canone riscossa dallo Stato. Il CdA, guidato dalla Tarantola e DG Gubitosi si oppongono (o vorrebbero farlo) e lo stesso Gubitosi giudica il ricorso come “inopportuno”. Per evitare di portare i libri in tribunale e coprire il buco di bilancio, si autorizza la “S” vendita di una parte di Rai Way. Si richiedono ben tre pareri a tre noti e autorevoli costituzionalisti, Michele Ainis, Enzo Cheli e Alessandro Pace. Tutti concordano nel sostenere che il canone è tassa di scopo espressamente definita dalla Legge e come tale, inderogabile e indisponibile per altri scopi. Parte il ricorso amministrativo e li giace, salvo lo scorso anno un maldestro tentativo, poi naufragato, di scambiarlo con un bonus straordinario. Nel frattempo, prima il Governo Gentiloni (PD) poi Conte, si inventano la geniale idea di trattenere l’extragettito del canone versato dai cittadini. Infine, con la finanziaria 2019, il Governo Conte stabilisce che, per far fronte agli impegni previsti dal Contratto di Servizio (e, in subordine, dal Piano Industriale) si debba erogare un contributo straordinario di 40 milioni per due anni (40+40). Salvo poi, lo scorso gennaio, da parte del MISE (Patuanelli, M5S) tirare fuori dal cilindro magico la storia della rendicontazione di tale contributo che, al momento, risulta iscritto al Bilancio Rai per l’anno corrente ma non è stato ancora erogato.

Riassumendo e semplificando: 

A) I 150 milioni sono ancora oggetto di contenzioso  

B) L’extragettito è ancora sottratto dalle casse Rai;  

C) I 40+40 sono ancora in ballo. 

Domandina semplice semplice: cosa è stato fatto per “imporre” al Governo di adempiere a quanto previsto dalla Legge e tacitare tutte le farfuglie sul futuro della Rai, sul canone e compagnia cantando? Come si pensa di sostenere non tanto lo sviluppo tecnologico (che costa e anche tanto) ma la semplice sopravvivenza del Servizio Pubblico se non si rispettano le regole elementari? Perché gli amministratori di Viale Mazzini non si sono incatenati sotto il palazzo del MISE per chiedere quanto dovuto invece che pagare lautamente una società di consulenza che propone le brillanti idee di rendere “necessari ulteriori interventi di carattere straordinario: • sul fronte dei ricavi, il riconoscimento alla Rai delle quote di canone pagate dagli abbonati ma che non vengono riversate alla concessionaria (sui 90 euro dell’importo unitario del canone, alla Rai ne vengono riconosciuti poco più di 74); • sul fronte dei costi, l’implementazione di ulteriori interventi di razionalizzazione; • eventuale riduzione del perimetro di attività e/o occupazionale”. C’era proprio necessità di sentire proporre tutto questo da una società esterna? Questa mattina sul Messaggero il consigliere Giampaolo Rossi (in quota FdI)  considerato colui che “ha il rapporto operativo più stretto con l'amministratore delegato” (fenomenale !!!) sostiene che “Diciamo che se l'obiettivo di una precisa area politica è smantellare il servizio pubblico, lo stanno facendo bene”. Si, forse ha ragione.

Vediamo ora il contesto politico generale in cui questa settimana si predispongono i due appuntamenti centrali per la vita della Rai: mercoledì prima il Cda alle 10 e poi l’audizione di Gualtieri in Vigilanza alle 13.40. Semplificando: da oltre due anni, sia da parte di autorevoli esponenti del PD (da Zingaretti a Boccia, da Bordo alla Fedeli) si sostiene a fasi alternate che il canone deve essere a dir poco “rivisto” o meglio “ridotto” e che “la Rai deve cambiare”. Più o meno stessa musica da parte del M5S per bocca ufficiale di Di Maio e di Patuanelli e di quanti pur dovendo parlare tacciono (Liuzzi al MISE e Coletti in Cda Rai) o meglio la prima sostiene che “Il canone Rai è da sempre considerata una tassa noiosa per gli italiani".

Cosa mai potrà dire Gualtieri in Vigilanza mercoledì? Ha due sole scelte: riconoscere la necessità di salvare l’Azienda e mettere mano al portafoglio e pagare quanto dovuto. Oppure dover ammettere che questa gestione di Viale Mazzini è stata fallimentare e come azionista di maggioranza trarne le conclusioni.  Tutto il resto è aria fritta.

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