Abbiamo già titolato nei giorni scorsi quello che potrebbe succedere in un Paese normale. Succede che se parcheggi in divieto di sosta ti prendi una multa che devi pagare, succede che se rubi vai in galera, succede che se dici qualcosa di offensivo e di lesivo dei diritti di altre persone ne devi rispondere anche penalmente. Se ricopri una carica pubblica, ti presenti davanti agli schermi e parli a qualche milione di persone te ne assumi tutte le responsabilità. Beninteso, in un paese normale, tutto questo avviene “dopo” e non “prima”. Per quanto ci è noto, non esiste o non dovrebbe esistere un “Ufficio censura preventiva onde evitare polemiche” in grado di decidere chi e come possa esprimere il proprio pensiero. Tutto molto semplice, in un paese normale. Ma, forse, il nostro Paese tanto normale non sembra.
È successo ieri che il presidente della Commissione Antimafia, Nicola Morra del M5S, esprime un suo pensiero. È successo che lo stesso doveva partecipare ad una trasmissione di Rai Tre e che pochi minuti della messa in onda, viene annullata la sua partecipazione dall’AD e dal Direttore di rete. È successo poi che i consiglieri Laganà e Borioni rilasciano dichiarazioni: “Il Cda dovrebbe essere informato … non è così e questo è inaccettabile” e “la misura è colma”. Condividiamo il loro “disappunto” ma, affinché non rimanga solo questo non resta che trarne le debite conseguenze, altrimenti rimane tutto esattamente come prima.
Ovviamente su questo argomento la polemica è forte e sia da parte PD che da parte M5S si solleva il problema del ruolo della Rai e di chi la dirige.
Qualcosa comunque sembra in corso di cambiamento. Ieri su Dagospia compare questo lancio:
Quale è il senso di queste notizie, da dove vengono, chi le diffonde, quanta credibilità possono avere. Certo è che trovano buon fondamento. Da tempo si dibatte sulle sorti di questo Cda, se debba andare a scadenza naturale oppure premere per un suo rinnovo immediato. Se fosse praticabile la seconda ipotesi, si pone il problema dei criteri con i quali nominare il nuovo consiglio, con la veccia Legge del 2015 oppure con nuovi criteri ancora non definiti? Ricordiamo che recentemente Gualtieri ha sollecitato il compimento del mandato dell’attuale Cda escludendo ogni proroga ma non ha fatto nessun riferimento a come dovrà essere nominato quello successivo. Sul tavolo ci sono ora diverse ipotesi sulle quali è in corso il dibattito. Per non andare troppo lontano, in sintesi, ci sono in discussione tre bozze: PD (da chiarire bene le differenze tra la bozza Fedeli e quella Orlando), M5S dove resiste la bozza Fico/Liuzzi e quella LEU a firma Fornaro. Il perno del dibattito è la fonte di nomina degli organi di gestione: la Commissione Parlamentare di Vigilanza Rai, come già avveniva in passato, oppure il Parlamento. L’obiettivo è comune: recidere quanto possibile l’ingerenza dei partiti, della politica, dalla gestione del Servizio Pubblico. Questo obiettivo è perseguibile, anche in fasi progressive, ponendo contestualmente un altro punto dirimente: è necessario intervenire subito. Ne abbiamo scritto più volte e abbiamo rilevato le altre due emergenze del Servizio Pubblico: economica e tecnologica. Non c’è tempo da perdere, ogni ritardo è colpevole.
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