Gli anni passano, i figli crescono, i nonni invecchiano. Magari, verrebbe voglia di pensare pure che qualcosa possa andare meglio di come era prima. Siamo ottimisti e fiduciosi ma, talvolta, ci corre qualche dubbio. In particolare quando si parla di Servizio Pubblico, sembra sempre di essere al punto di partenza che non si sa mai esattamente quale esso sia, tanto è vago e perenne.
Lo spunto di questa riflessione (anche oggi in assenza di
notizie) è la lettera pubblicata ieri sul Corriere firmata da Goffredo Bettini,
PD, e considerato padre putativo dell’attuale maggioranza di Governo. Leggiamo:
“…superare ogni prudenza o valutazione di opportunità, comprensibile in altri
momenti, per chiamare anche all'interno dell'esecutivo, le energie migliori e
necessarie per competenza e forza politica in grado di offrire, insieme a
Conte, un punto di riferimento indiscusso all'Italia e alla Repubblica, così
scosse e provate". Si tratta di un progetto strategico, del quale abbiamo
già parlato e si riferisce a quella corrente di pensiero che vorrebbe inchiodare
gli attuali equilibri politici fino a scadenza mandato, costi quel che costi, compreso
un accordo con Berlusconi. Il nemico è alle porte: la crescita di FdI e il
mantenimento di una elevata quota di consenso della Lega mette sotto minaccia già la nomina del prossimo Presidente della Repubblica
(inizio semestre bianco a metà del prossimo anno). Tutto questo, nella mente di
qualcuno, giustificherebbe il prezzo salato da pagare per i raggiungimento di
questo accordo. Qual’è la merce di scambio dell’accordo? La stessa degli anni
passati: la sopravvivenza di Mediaset. Verrebbe da definirlo un nuovo “patto
del Nazareno” o “grande inciucio” come
negli anni passati. Un po’ gli somiglia e la vittima sacrificale si chiama Rai.
Abbiamo recuperato un articolo del compianto Giuseppe D’Avanzo comparso su la
Repubblica a maggio del 2001 dove si legge: “Addio alla concorrenza. Arriva la
Rai complementare. Con la Fininvest attualmente siamo concorrenti, ma col tempo
dovremo diventare complementari visto che la Rai deve fare prevalentemente
servizio pubblico ed è auspicabile che possa tener in sempre minor conto il
problema dell'audience. Letizia Moratti, presidente della Rai, 22 luglio
1994. "Noi facciamo il nostro mestiere, che è la Tv commerciale. Non siamo
pedagoghi. E' la Rai che non fa il suo, il servizio pubblico" Fedele Confalonieri, presidente Mediaset, 26 giugno 2000”. Il resto dell’articolo è un documento storico
di grande attualità, da incorniciare. Ma l’aspetto più interessante che ci
riporta ai giorni nostri è esattamente riferito a quanto abbiamo scritto nei giorni
scorsi a proposito degli ascolti Rai: abbiamo recuperato alcuni articoli interessanti:
Marco Travaglio, l’Unità del 26 novembre 2007, con il titolo “Mediaset tracolla, per salvarla basta che la Rai perda audience
e pubblicità”; poi Marco Mele sul Sole 24 Ore del dicembre 2011: “Ascolti in
picchiata, pochi giovani” e infine Remo De Vincenzo su Il Riformista di luglio
2007 con il titolo “Decennio Tv: Mediaset si conferma, la Rai invecchia”.
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