Il titolo di oggi è faticoso e impegnativo ma il tema merita di essere affrontato.
Poco più di un anno addietro, chi vi scrive è stato tra i promotori di un’iniziativa che ha visto riunirsi un gruppo di persone di varia natura e cultura, provenienza e competenza, con il proposito di dibattere e riflettere su quale potrebbe essere il futuro del Servizio Pubblico Radiotelevisivo in Italia negli anni a venire. Il gruppo venne definito “Visioni2030” proprio per sottolineare il carattere futurista, forse appunto anche visionario, che la Rai dovrebbe assumere per il decennio in corso. Quando il gruppo ha assunto un certo spessore è stato ospitato nella sede più autorevole dell’AgCom di Via Isonzo.
In una di quelle occasioni, per illustrare sinteticamente il perimetro dei problemi sul tappeto, venne proposta la seguente immagine:
Queste le colonne sulle quali si regge la complessità del Servizio Pubblico e, allo stesso tempo, si definiscono le sue sfide prossime venture. Si tratta, come evidente, di elementi che si tengono l’uno con l’altro e difficilmente si può ritenere sostenibile percorrere una prospettiva che non tenga conto delle altre. Per un verso, dunque, si pone il vantaggio di una visione di insieme, prospettica, per altro verso si esprime il limite che questa sia troppo ampia per essere affrontata in una dimensione temporale angusta. Proprio su questo dualismo (oltre che su varie difficoltà “politiche/individuali”) il gruppo di Visioni2030 ha cominciato ad incontrare difficoltà, tra chi proponeva di limitarci al “possibile e subito” e chi invece continuava a sostenere di “indicare la luna con il dito”.
Oggi, fatte le debite proporzioni, ci troviamo esattamente nelle stesse dimensioni. La politica, tutta intera, si sta ponendo il problema della riforma di un sistema delle telecomunicazioni che mostra evidenti segni di usura. Il quadro generale venne tracciato nell’era moderna con la legge 112 del 2004 alla quale seguirono modifiche di “aggiustamento in corso d’opera” (Legge Romani etc). Stiamo parlando del Medioevo, quando Netflix si occupava solo di noleggiare le cassette VHS e gli OTT erano un acronimo non ancora decifrato. È del tutto evidente che oggi, sia nel contesto nazionale quanto in quello europeo, si voglia (e si debba) avviare un sostanziale e radicale processo di riforma. Come si usa dire: “ce lo chiede l’Europa” ma ce lo chiede anche il buon senso: questo Paese ha necessità di avere un quadro regolamentare adeguato e rispondente alle sue necessità e questo quadro lo può e lo deve fornire solo la politica. Almeno questo lo si deve riconoscere. Certo, ci troviamo di fronte ad un quadro di partiti che, su questi temi, sembrano evidenziare sostanziali diversità di vedute e di progetti (vedi i testi PD, M5S, LEU) ma ci possono essere spazi di convergenza.
Ora siamo giunti al punto in cui queste riflessioni stanno venendo in evidenza, sia per condizioni strutturali sia per condizioni di emergenza dovute al Covid. Le condizioni strutturali sono note e si riferiscono all’innovazione tecnologica e alle prospettive di sviluppo economico. Le condizioni di emergenza si riferiscono a nuovi obblighi e responsabilità ai quali bisogna rispondere subito. La riforma delle TLC diventa quindi tema centrale, obbligatorio, nell’agenda politica (vedi partita BUL, 5G e DVB-T2). Si tratta di capire ora quale debba essere l’agenda temporale. Evidente che ci troviamo con le spalle al muro di un CdA Rai che, nonostante le apparenti e formali rassicurazioni di Conte, ha la sveglia caricata per ricordare la sua prossima scadenza. Ne consegue che si tratta solo di decidere se è possibile trovare una finestra, un percorso parlamentare, in grado di intervenire subito su una nuova proposta di governance Rai o meno. Significa “stralciare” questo tema dal contesto della riforma TLC più ampio per “mettere in sicurezza” il Servizio Pubblico per i prossimi anni e non lasciarlo in pasto ai vari pescecani che attendono solo di poterlo sbranare. Tradotto in soldoni: occorre subito una riforma per un nuovo modello di governance Rai prima della scadenza del mandato dell’attuale consiglio per fare in modo che da luglio prossimo l’Azienda possa essere in grado di ripartire nelle migliori condizioni possibili. Le alternative sono terrificanti: o la proroga per chi ha dato manifeste prove di incapacità o un nuovo consiglio con i vecchi criteri che hanno dato pari prova di inadeguatezza. Affinché questo possa avvenire, forse, si potrà anche pagare un prezzo problematico: cedere una parte delle sue risorse, la pubblicità in cambio di un canone “forte, certo e completo”. Il dibattito è aperto e, speriamo, possa concludersi rapidamente e bene.
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