sabato 22 febbraio 2025

RAI: lo sbando e lo stallo, umano e politico

by Bloggorai ©

Bisogna, è necessario essere sul luogo dove le “cose” avvengono per cercare di capire il suo profondo e intimo significato umano. È necessario incontrare lo sguardo attonito e smarrito delle persone per intuire quali pensieri hanno nella loro mente. Bisogna ascoltare il loro sentimento ed osservare i luoghi dove questi si esprimono per comprendere pienamente il senso e la prospettiva di quanto accade e, ancora di più, di quanto potrà avvenire.

Abbiamo provato a passeggiare, ad incontrare amici e colleghi, intorno a Viale Mazzini, Via Asiago, Via Teulada e Borgo Angelico. Luoghi che conosciamo bene. Abbiamo incontrato alcuni di loro anche lontano da quei luoghi e gli abbiamo chiesto come stanno vivendo questo momento. “Male, grazie” è stata la risposta più frequente, condita da una smorfia di sottile dolore. “Ho perso, sto perdendo, non solo e non tanto un pezzo della mia storia, della mia identità. Comincio ad avere paura per il mio prossimo futuro che non ha più dimensione di tempo e di spazio. Non so se e quando potrò “tornare” in un luogo fisico, avere una scrivania con qualche mio piccolo oggetto. Non so se e quando potrò prendere un caffè con un collega di un altro piano e scambiare due chiacchere. Ma, forse è il timore più grande, è che questa mia “assenza” fisica possa essere l’anticipo di una ancora più grande e che, in poche parole, la mia presenza possa considerarsi “irrilevante, inutile o superflua”. Semplicemente si tratta di immaginarsi fuori, licenziato, dimesso”. Un’altra: “A Mazzini avevo una bella stanza, con le piante, e ora sono in casa, passeggio con il cane e attendo una telefonata che non arriva. Scrivo al mio dirigente che non mi risponde. Pongo problemi e faccio osservazioni e la risposta è vaga quanto inutile”  

Un altro, dopo un caloroso abbraccio (seppure di sponde politiche opposte), alto dirigente con grandi responsabilità lo incontriamo con andamento lento, vicino un noto bar intorno Viale Mazzini. “Come va? Dove sei collocato ora?”… “Va … va … in verità non lo so bene. Nel senso che ancora non ho una collocazione fissa”… “Non ci posso credere … un ruolo del tuo livello che non ha una stanza?” … “Credici ... credici … Ora ti saluto, devo andare” … ciao … ciao e tanti auguri! Ad un altro, che sappiamo essere molto bene informato sui temi della logistica, chiediamo: “Ma l’AD e il DG dove sono collocati fisicamente? Suppongo a Via Asiago?” … “non te lo so dire” che leggiamo bene con “non te lo voglio dire e non perché mi stai antipatico ma perchè non lo sappiamo ancora bene nemmeno noi dove si collocheranno”. Ahhh ... chiaro, capito. Grazie. E così via, uno/a dopo l’altro/a.

Tornando verso casa, passiamo davanti a Via Pasubio e un filo di tristezza ci pervade.

Il terremoto dell’evacuazione di Viale Mazzini non è solo un problema logistico, non riguarda solo le pesanti responsabilità di tutti coloro che da decenni sapevano e non hanno fatto tutto il possibile per porvi adeguato e tempestivo rimedio. È un cataclisma per centinaia di persone e, di conseguenza, per la stessa Azienda che d’improvviso deve fare i conti con un fenomeno umano complesso da gestire. Piccolo ma significativo esempio: la biblioteca di Viale Mazzini. Che fine faranno le persone che ci lavorano? È verosimile supporre che per il tempo necessario al suo trasferimento e alla sua nuova collocazione possa passare molto, tanto tempo. Significa che semplicemente queste persone o rimangono “sospese” o si dovranno collocare in altre strutture. Non parliamo poi del significato simbolico, iconico, della chiusura di una biblioteca o del suo trasferimento tra i campi lontani di Via Salaria. La Biblioteca non è solo un luogo di "scambio merce” di cessione di libri in prestito o in consultazione: è un luogo vivo di incontri, di confronti, di possibili iniziative di dibattito. In altre parole, la Biblioteca Rai è “servizio pubblico allo stato puro, essenziale e fondamentale. Ancora dobbiamo leggere un comunicato stampa di qualche consigliere che ha intuito il tema.  

Lo sgombero di Viale Mazzini, non a caso, si accompagna e segue da presso lo “sgombero” politico dell’Azienda. Sono mesi che è senza presidenza e nulla, oggi, lascia intendere che ci potrà essere presto. La Rai è governata “ad interim”, provvisoriamente, con due presidenti dove l’uno è ignaro dell’altro: Marano di fatto e Agnes di diritto, seppure solo governativo. Non si possono e non si dovrebbero fare scelte importanti, strategiche anche per non incorrere nel rischio di possibili danni erariali per atti compiuti senza i crismi di legittimità. 

Sicchè oggi leggiamo due notizie tutte da interpretare: la prima su Repubblica “Intesa sulle torri tv tra Rai, F2i e Mfe” laddove si parla di “intesa” ma di fatto si tratta solo di un accordo sulla scelta dell’advisor comune. La seconda la leggiamo su Il Fatto laddove si legge che l’Ad Rossi “ha deciso di non aspettare più lo sblocco della Vigilanza (che non si sblocca) e giovedì prossimo porterà in Cda Rai una serie di nomine”. Si tratta per lo più di direttori di testate (Tgr, Tg3 e RaiNews24, proprio quella oggi diretta dal noto Petrecca) e un ruolo da “poco conto” ovvero “la direzione coordinamento generi da affidare a Stefano Coletta, ultimo tentativo di far funzionare la struttura orizzontale”.

Come abbiamo scritto ieri, cercate di salvare il salvabile. Nota a margine: nel mentre e nel quando scoppiava il problema della notizia farlocca di RAiNews24, il consigliere Natale ha fatto sapere con un Comunicato stampa  di avere chiesto all’AD di “attivarsi per tempo” sui prossimi referendum. Chissà, forse, faranno sapere.

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venerdì 21 febbraio 2025

Notizie RAI: salvate il salvabile

by Bloggorai ©

Digital Media Company??? Intelligenza Artificiale??? Piano Industriale? Qui siamo ancora alla clava, ai manufatti del Neolitico. Per la Rai, per “questa” Rai, c’è da perdere le speranze. Non sarà tutto già perduto ma sembra che il percorso sia tracciato sulla strada buona.

Allora ieri ci sono state due notizie che in qualche modo si legano tra loro. La prima si riferisce al titolo di RaiNews24 sul caso Delmastro che lo da per assolto poche ore prima della sentenza di primo grado che invece lo condanna a 8 mesi di reclusione. La colpa, a quanto sembra, è del suo direttore Petrecca, già scaduto e in attesa di sostituzione. Poi, ieri alle 15, viene diramato un Comunicato Stampa Rai dove si legge che “Nel corso della seduta il Consiglio di Amministrazione ha approvato all’unanimità le linee guida dell’offerta editoriale della Rai  per il triennio 2025-2027… Un piano di indicazioni editoriali che punta ad avere un posizionamento e contenuti distintivi dell’offerta nell’attuale contesto competitivo, con un adattamento ai nuovi consumi in modo da integrare meglio la Total Audience: in particolare evitando sovrapposizioni di genere e dispersione editoriale, con una proposta di valore qualitativo tra le reti generaliste e una nuova identità dei canali specializzati”. Il termine “informazione” non compare nemmeno sotto tortura come se si trattasse genericamente di un’offerta editoriale qualsiasi. sembra che appena viene evocato a molti prende un attacco di orticaria fulminante.

Andiamo con ordine. Lo abbiamo scritto e dedicato più di un post al tema informazione del Servizio Pubblico. Ci sono oggi e ci sono state nel passato forze oscure (nemmeno poi tanto oscure) che si oppongono, ostacolano e impediscono ogni tentativo di ridefinire il perimetro e l’organizzazione e la razionalizzazione complessiva delle 8 testate circa 2000 giornalisti che lavorano in Rai. Dal Piano Gubitosi, al Piano Verdelli, al famigerato “Allegato 4” del Piano Industriale 2028 e infine all’art. 27 del precedente Contrato di Servizio (non casualmente annebbiato e relegato in un inutile “Allegato 1” del nuovo Contratto) non ci sono ragioni: la “baracca” informazione Rai non si tocca. Eppure, i dati lo confermano: il Tg1 perde telespettatori, il Tg2 è sull’orlo di una crisi di nervi e, appunto, lo scriviamo da tempo, RaiNews24 galleggia da anni con numeri da prefisso telefonico di uno 0,qualchecosa e poche decine di migliaia di telespettatori pur impiegando circa 200 giornalisti e con un budget proporzionato.

Allora, lo scivolone di Petrecca per quanto grave è piccola cosa nel quadro di cosa avviene in tutta la “baracca” informazione Rai. Oggi il Fatto Quotidiano pubblica un trafiletto: “La relazione in cda. Contrordine a Rai3: "Tutto sbagliato, serve un'identità" e si legge “… è stata letta una lunga relazione interna, secondo la quale l'organizzazione per generi ha fatto perdere identità alle reti, soprattutto Rai2 e Rai3 … fuga di telespettatori e la perdita di identità in una rete da sempre caratterizzata da un rapporto stretto col suo pubblico. Che è composto in maggior parte da laureati che alla tv chiedono approfondimenti giornalistici e intrattenimento di livello. Mentre negli ultimi anni, secondo questa relazione, si è andati nella direzione opposta”.

Due osservazioni: la reti poggiano buona parte delle loro “identità” proprio nell’informazione e si fatica a distinguere i suoi problemi specifici dal resto del loro palinsesto: Rete e la sua testata giornalistica sono un tutt’uno pressoché inscindibile. Poi, si ammette, forse per la prima volta, che la discutibile “riforma per generi” non ha funzionato come lo stesso Sergio, oggi DG e ieri AD, ha sostenuto quando, gennaio dello scorso anno, che questa riforma  andava rivista.

Ovviamente, ovviamente … per tutto il resto siamo in alto mare, galleggiando appesi ad una zattera in attesa di un cargo bananiero che potrà salvare il salvabile. L’orizzonte appare vuoto.

Chiudiamo, ieri è avvenuto un dibattito al Senato, promosso dal M5S, sul tema di cui vi abbiamo parlato: la mancata messa in onda da parte di Rai del docu-film Magma sul delitto Mattarella. Nota a margine: lo ha mandato in onda LA7 ed è visibile a questo link: https://www.la7.it/la-torre-di-babele/rivedila7/speciale-la-torre-di-babele-magma-mattarella-il-delitto-perfetto-1022025-11-02-2025-579433 .

Vedi pure il post di Bloggorai: https://bloggorai.blogspot.com/2025/01/omicidio-piersanti-mattarella-lo.html

Ieri è stata posta la domanda che pure noi abbiamo posto: chi e perché ha deciso che il Servizio Pubblico non poteva mandarlo in onda? In attesa di una risposta formale della Rai ad una specifica interrogazione parlamentare, noi una possibile risposta l’abbiamo suggerita. Guardate il docu- film e poi ne riparliamo. Non è solo una pagina misteriosa della recente storia italiana ma un cartina di tornasole che ci consente di capire meglio questi giorni, come e perché siamo arrivati fino qui. Forse capirete pure perché la Rai non lo vorrebbe trasmettere e invece La 7 e Netflix si.

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giovedì 20 febbraio 2025

La politica annaspa, la RAI boccheggia

by Bloggorai ©

Oggi siamo brevi e leggeri, leggerissimi, come una bolla di sapone.

Eravamo rimasti al “giorno dopo”, alla “resa dei conti” al “ci rivedremo a Filippi” ovvero al ritorno da Sanremo. Il “successo” del festival avrebbe dovuto spianare la strada per la soluzione del problema presidenza e invece siamo ancora a “Carissimo amico ... ti scrivo”. Il “successo” a parer loro c’è stato ma di ipotesi di soluzione non ne abbiamo traccia. Tanto rumore per nulla. Il messaggero del 7 febbraio titolava "La grande vigilia Rai. Il test di Sanremo decisivo per le nomine". Bum!!!

Gli unici segnali di fumo (appunto fumo) li ha lanciati nei giorni scorsi la segretaria del PD con lo stanco ed inutile ritornello “prima la riforma e poi le nomine” del quale vi abbiamo scritto dettagliatamente nei giorni scorsi (https://bloggorai.blogspot.com/2025/02/sanremo-e-il-paese-la-solitudine-della.html ).

Poi c’è da registrare una cena avvenuta nei giorni scorsi (notizia riportata oggi da il Foglio) tra sei autorevoli personaggi della maggioranza di Governo in cerca d’autore: Marano, Gasparri, Morelli, Agnes, Frangi e Filini. Equamente distribuiti, 2 a partito. Cosa ne sia uscito fuori, per ora, non è dato sapere. Sono ancora in cerca d'autore. Last minute ci è arrivata una vocina: sotto sotto, piano piano, qualcuno lavora per una "moral suasion" verso la Agnes ... del genere "fatti più in la e stai serena". 

Certo è che, al momento, per quanto abbiamo chiesto e saputo, formalmente è tutto fermo esattamente al punto di partenza, ovvero a zero. Il Governo vuole la Agnes e l’opposizione no. Punto, a capo. Si tratta di un problema semplice, cosiddetto a  “somma zero” dove si descrive una “situazione in cui il guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente bilanciato da una perdita o un guadagno di un altro partecipante in una somma uguale e opposta. Se alla somma totale dei guadagni dei partecipanti si sottrae la somma totale delle perdite, si ottiene zero”. Il problema quindi si risolve solo se una delle parti abdica/rinuncia al proprio interesse in gioco e quindi o la maggioranza rinuncia alla Agnes o l’opposizione la vota in Vigilanza. C’è una terza possibilità che forse, ora, potrebbe convenire ad entrambe le parti: lasciare tutto com’è, con la presidenza pro tempore al consigliere anziano Marano (Lega).

Fine del post … la bolla di sapone ha fatto “plufff”.

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mercoledì 19 febbraio 2025

Sanremo: Apologia di un "successo"

by Bloggorai ©

La fortuna, il “successo”, di Bloggorai che in sei anni è riuscito a mantenersi in buona salute e a crescere costantemente nel numero dei lettori e delle lettrici  è, forse, perché non è un partito. Bloggorai non è “in quota” a nessuno, non ha sponsor o pubblicità, non ha contratti di collaborazione e non percepisce compenso alcuno, non ha incarichi universitari ottenuti senza concorso, non viene invitato a presentare libri o moderare dibattiti. Si può quindi permettere grandi lussi di autonomia e indipendenza perché Bloggorai sa bene che i suoi lettori, le sue lettrici, appartengono a culture e sensibilità molto diverse tra loro.

Ieri due tra loro, autorevoli e affezionati, ci hanno scritto: il primo ha sostenuto che “Dopo anni e’ un festival dove ha vinto la canzone e perso la politica, a parte lo strazio di Benigni … E soprattutto ha portato i giovani a riavvicinarsi alla televisione con la T maiuscola!... Quello che i giovani non sopportano sono i pistolotti politici, che a noi dicono qualcosa ma a loro nulla!”. Sostiene il secondo lettore: il precedente Sanremo di Amadeus è stato “Un palco trasformato in un megafono ideologico, tra monologhi sull’aborto, l’agenda gender e la propaganda LGBTQ, scandali costruiti a tavolino e blasfemia finanziata con i soldi del nostro canone… Ebbene, quest’anno non se ne è vista nemmeno traccia … Nessun sermone propagandistico da agenda arcobaleno, transfemminista o woke… Nessuna menata ideologica o scandalo a spese dei contribuenti."  Per favore Bloggorai, allarga lo sguardo e prendi in considerazione tutte le sensibilità in campo”

Per certi aspetti hanno ragione tutti e due, per certi aspetti. In buona sostanza, cosa contestano a Bloggorai? mettere in discussione il “successo” non tanto nei numeri quanto nelle modalità, i mezzi, con sui è stato ottenuto. Sosteniamo e ribadiamo che i due termini "successo" e "contenuti" sono inscindibili. Leggiamo nelle loro righe un pensiero prevalente: vince la “canzone” ovvero vince Sanremo, questo tipo di Sanremo, proprio quando tiene lontano la “politica” e le sue beghe. E, in questa chiave, si trovano in buona compagnia di tutti coloro che brindano al “successo” di Sanremo 2025.

Chi segue Bloggorai da sei anni sa bene come la pensa su Sanremo (vedi i post degli anni precedenti: “domenica 11 febbraio 2024 “Sanremo: lo specchio infedele della normalità?” https://bloggorai.blogspot.com/2024/02/sanremo-lo-specchio-infedele-della.html ). Per tutti i Sanremo che abbiamo seguito la linea è stata sempre la stessa: cercare di capire e sapere, leggere il suo “senso” politico e sociale, la sua “narrazione” prevalente e l’uso che viene fatto della stessa. Ovviamente con la dovuta irritazione per quando si avvertono costantemente i mezzi e mezzucci, le tresche e i tarallucci con la concorrenza Mediaset, gli spot occulti e i giochi sui numeri dei telespettatori. Non ci siamo mai schierati dalla parte dei grossolani corifei del “successo” quale che esso sia senza mai specificare in cosa consiste questo “successo” relativo o assoluto che dir si voglia e, ribadiamo puntualmente, per come lo si ottiene.  

Allora, con buona pace di chi vorrebbe tenere lontano Sanremo dalla politica, appunto, Bloggorai si sofferma e pone attenzione esattamente su questo aspetto: il presunto “successo” di questo Sanremo lo si vorrebbe ascrivere esattamente nella sua distanza dalla “politica” genericamente intesa e financo dalla pretesa “coesione sociale”, ma anche dalla cultura, dalla società etc … ovvero “sono solo canzonette” di “cuoricini cuoricini”.  È solo su questo tema che non ci intendiamo ed è su questo tema che siamo distinti e distanti con questi due cari lettori e da altri che godono dei “numeri scintillanti” (Natale Dixit). Se si vuole affermare che Sanremo di Amadeus con gli sbaciucchiamenti di Fedez e le scarpe abusive di Travolta sono stati “battuti” da Conti ci può anche stare. Ma da qui a definirlo “successo” ce ne corre.

Giust’appunto, una volta per tutte, intendiamoci bene cosa possa significare esattamente questo termine. Treccani: succèsso2 s. m. [dal lat. successus -us «avvenimento, buon esito», der. di succedĕre, nel sign. di «avvenire» e in quello di «riuscire, avere buon esito»]. – 1. Il succedersi, il susseguirsi di fatti, di avvenimenti, o più genericamente di frazioni di tempo; con questa accezione, ormai soltanto nella locuz. avv., ant. o letter., in successo di tempo, col tempo, in un secondo momento, in seguito:  2. Ciò che segue a un fatto ed è in rapporto di conseguenza, o più semplicem. di posteriorità, con esso; quindi, in genere, esito, riuscita”. Molto semplice: buon esito successivo allo svolgimento di un avvenimento. Utile pure leggere il testo di Giorgio Gaber sul “successo”: “… Ma il successo degli anni 90, ha una sua caratteristica. Quella di coincidere totalmente con la popolarità. Uno ha successo solo se è popolare …  E questo è un bel vantaggio per le giovani generazioni. Che dovevano occuparsi della loro formazione per diventare seri, preparati, uomini di pensiero. Ma quale pensiero. La vera formazione professionale è quella che ti apre le porte per andare da Maurizio Costanzo, da Gerry Scotti, da Frizzi, e poi da Bonolis, da Castagna, dalla De Filippi e da Magalli
E anche da Marzullo ... sottovoce … Si arriva tristemente alla conclusione che per avere successo è meglio essere un po' cretini. Cretini, ma popolarihttps://www.giorgiogaber.it/discografia-album/il-successo-prosa-testo .

Sanremo ha avuto “buon esito”? Si certo. se ci limitiamo a questa semplice domanda la risposta è pari semplice. Ma Bloggorai non ha posto solo questa semplice domanda. Bloggorai ha posto il tema di “questo Sanremo” gestito e sostenuto da “questa destra” di Governo che lo ha voluto e confezionato a sua immagine e somiglianza.

Si potrà obiettare che i precedenti Sanremo avevano lo stesso “timbro” politico? No, ci verrebbe da dire proprio di no: mai avevano assistito ad una così forte e chiara marchiatura. Si tratta della più importante manifestazione televisiva dell’anno che, per la prima volta, era e doveva essere in perfetta corrispondenza politica culturale con la maggioranza di Governo che giocoforza deve sostenere che "va tutto bene". Non poteva e non doveva andare male, non poteva e non doveva essere macchiata da “pistolotti” politici, tutt’al più una leggera passatina di Benigni con una spruzzatina leggera di Malgioglio. 

Oltre Sanremo, questo Sanremo c’è tanto di più ma è ora di chiudere il capitolo e andare avanti.

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martedì 18 febbraio 2025

Il falso "successo" di Sanremo tra la banalità dei numeri e il Servizio Pubblico

by Bloggorai ©

Irritante! Appare irritante e fastidioso il grossolano tentativo di far passare questo Sanremo come il “grande successo” e vieppiù “scintillante” (Natale) promosso, gestito e cantato da questa “Rai”, dalla prima Rai targata marcatamente “destra destra” con un pizzico di “centro centro” antico e nostalgico. Gli esegeti, i cantori del “successo” di Sanremo si possono solo attaccare alla canna dei meri e relativi numeri buoni per ogni minestrone. Oltre i numeri, sui quali poi c’è tutto da dire, non hanno nulla: dentro questo Sanremo niente e questo "niente" lo vogliono spacciare come "Servizio Pubblico".

Ci stanno provando in tutti i modi nel far credere che i numeri di telespettatori che hanno seguito il Festival, da sempre, rappresentano il cuore del “successo” indipendentemente da come questo è ottenuto. Ci stanno provando in tutti i modi nel far credere che i numeri di telespettatori che hanno seguito il Festival rappresentano il “Paese” televisivo intero spacciando una parte con il tutto. Più o meno come quando si dice che un partito ha vinto le elezioni con il poco più del 20% dei votanti e lo spaccia come il “voto del Paese”.  

È naturalmente, fisiologicamente, politicamente e socialmente impossibile ottenere un “successo” quale che esso sia se non si paga un forte pegno in termini di risorse impiegate, di compromessi, di rinunce e pure, se necessario, di qualche “aiutino” o gioco sporco.

Il “successo” di Sanremo lo raccontano solo sui numeri dei telespettatori che hanno seguito le serate e nulla più. Non leggiamo una sola argomentazione o riflessione oltre quelle “banali” e ricorrenti da anni che, grosso modo, si riassumono nel dire che si tratta di uno spettacolo “nazionalpopolare” che riflette lo spirito degli italiani” in modo speculare per quanto avviene con il voto politico. Per non dire che, in questo modo, dovrebbe meritare rispetto e attenzione “in quanto tale” e forse invece si potrebbe dire qualcosa di diverso e meno grossolano.

Allora, cominciamo: Sanremo ha “vinto” rispetto ai festival precedenti? C’è chi dice no e chi lo dice non sembra essere uno sprovveduto che gioca con i numeri come al lotto:

Fonte (da leggere attentamente):  https://www.mcs.it/  e in particolare https://metrics.mcs.it/Dashboard?dashboardName=4-Sanremo_metrics 

Bloggorai non possiede strumenti informatici adeguati a verificare puntualmente questo schema. Sappiamo per certo però che nel nostro Paese ci sono solo pochi soggetti (forse 3/4) in grado di maneggiare questi dati e uno tra questi è la stessa Rai che, giocoforza, se la canta e se la suona a suo piacere e gradimento. I dati diffusi sugli ascolti di Sanremo a piene mani provengono anzitutto da Auditel (e c’è molto da dire su come e quanto la Total Audience possa avere aiutato questo Sanremo) e poi rielaborati da Rai che diventa quindi fonte primaria e il risultato è “Oste, com’è il vino? È ‘boono .. è ‘boono”. Non a caso, si  è cercata di far passare sottotraccia la sconfitta di sabato sera dove i dati non hanno affatto premiato il “successo”.

Banalizziamo e semplifichiamo: una parte del Paese ha votato Meloni?  e Sanremo, banalmente, ha premiato il “suo festival” modellato a sua immagine e somiglianza nonché fortemente finalizzato a tenere basso il volume del clamore sociale e politico che si avverte fuori del Teatro Ariston. Abbiamo scritto e ribadiamo: un Festival anestetizzante e drogato. Tra l’altro, piccola osservazione a margine, sostenendo quella parte del meccanismo di voto, il voto popolare, che piace tanto a questa destra destra e che ha pure sollevato qualche piccolo dubbio su questo fronte. Ne parleremo ancora.

Una volta per tutte forte e chiaro: il “successo” di Sanremo è ottenuto da quella particolare sostanza stupefacente che si chiama “accordo di non belligeranza con la concorrenza” ovvero con Mediaset (e non solo) che da tempo ha grande interesse a mantenere inalterato il mercato che si apre dentro e intorno al Festival. Diciamolo meglio: “accordo di reciproca convenienza”. Non è la prima volta che accade e però potrebbe essere l’ultima visti gli appetiti che ci potranno essere per il suo prossimo futuro con la possibile gara di assegnazione che il Comune di Sanremo dovrà indire in caso di mancato accoglimento della sospensiva. In tal caso, non del tutto improbabile, saranno dolori ... dolorissimi.   

Il “successo” di Sanremo poi è stato ben lontano dalla pretesa e forse legittima ambizione di volersi porre come strumento di “coesione sociale”. In cosa, su quali valori, su quali temi ha sostenuto la formazione di questo “spirito” nazionale? Ribadiamo quelli che possono essere i parametri con cui si misura la “coesione sociale”: partecipazione politica, economia di benessere, cultura, salute, ambiente, solidarietà e differenze di genere? Per inciso, hanno vinto soli uomini pur con tante donne in gara. Ribadiamo la domanda: come si fa ad affermare che questo Sanremo possa essere considerato “scintillante”???

Veniamo ora ad un altro “successo”: il ricavo della pubblicità salita ad oltre 65 mln. Si parla di “record” ma non si dice perché e come è stato ottenuto. Semplicemente è avvenuto alzando i prezzi del listino che è passato dal mediamente 7 al 12% in più rispetto allo scorso anno. Aspettiamo di sapere i ricavi netti che si saranno. Negli anni passati la Corte dei Conti è stata chiara per la RAi che deve avviare una “indispensabile  e sostanziale riduzione dei costi della produzione, in particolare per quelli riconducibili al festival di Sanremo, alle fiction e alla programmazione finanziata con fondi diversi da quelli derivanti dal canone radiotelevisivo”. Il tema dela riduxion dele “colaborazioe esterne è poi, infine, la spina nel fianco posta dala recente Legge di Bilancio 2025.

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lunedì 17 febbraio 2025

Sanremo e il Paese: la solitudine della "coesione sociale" ovvero dei numeri primi

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Passata le festa, gabbato lo Santo: ovvero “la pace di Sanremo è finita, tornate alla guerra”.

Bloggorai torna nella sua comfort zone della “politica”. Si era detto, un paio di settimane addietro, che dopo Sanremo si tornava a risolvere qualche piccolo problema, piccolo piccolo: già oggi si legge “Presidenza Rai, l’effetto Sanremo per superare lo stallo”. Su questo tema ieri la Schlein, segretaria del PD, si è lanciata in una intemerata dichiarazione: “… non siamo della partita, subito la riforma”. Chissà se la segretaria del PD è stata informata dei fatti:

A: in commissione Lavori Pubblici del Senato, l’VIII, giacciono polverosi ben sette faldoni di proposte di legge.

B: di questi, ben quattro sono dell’opposizione: la n. 199 di Nicita (PD), la n.631 di Martella (PD), n, 828 di De Cristofaro (AVS) e la 1242 di Bevilacqua (M5S).

C: a parte quello del 5S che è di  settembre 2024, gli altri sono tutti datati 2022 e ’23 cioè ben prima dell’arrivo del MFA del quale queste proposte non tengono conto in alcun modo.

D: nessuna tra loro pone il problema del canone che, appunto, è ritenuto argomento fondamentale dallo stesso MFA per la garanzia di autonomia del Servizio Pubblico. Solo la proposta 5S pone il problema del finanziamento e lo risolve con la fiscalità generale.

E: quasi tutte si orientano verso una forma di governance centrata sulla “fondazione” che è argomento molto divisivo (anticamera della privatizzazione).

F: il Governo, e segnatamente FI e FdI non hanno presentato una sua proposta ed è assolutamente e banalmente  evidente che se non c’è una loro proposta non si possono avviare i lavori. Gasparri lo ha detto forte e chiaro: prima votate la Agnes e poi la riforma! In Commissione non hanno nessun calendario di lavoro e non è stata programmata nessuna audizione. Punto. A capo.

Con queste premesse che senso ha parlare e riproporre il tema “prima la riforma e poi le nomine” saporitamente stracciato e vilipeso da 5S e AVS lo scorso 26 settembre? Scrive il Corriere oggi: “Il Pd l'ha giurata a M55 e AVS per aver reso inutile il suo Aventino, consentendo la formazione di un cda” dove siedono i due consiglieri di Majo e Natale (al quale dedicheremo una nota, la merita). Con questo retro pensiero del PD da che parte si va avanti?

Talvolta, ci si pone il dubbio: meglio un dignitoso silenzio o un fastidioso e inutile rumore? Grosso modo, occhio e croce, siamo per la prima ipotesi. La sostanza è una sola ed è molto semplice. Lo stallo sulla presidenza Rai permane e nessuno sa bene come uscirne e non sarà certo il “successo” dei soli numeri di Sanremo a risolvere il problema.

A proposito di silenzio e di voci, necessario proporre qualche riflessione in coda a Sanremo. Ieri, ad un certo punto del pomeriggio, ci girano una dichiarazione del consigliere Natale che afferma “I numeri scintillanti di Sanremo sono motivo di legittimo orgoglio per il servizio pubblico … E' un concreto, eccellente esempio di come il servizio pubblico possa concorrere a costruire "coesione sociale". Se abbiamo inteso bene si vuole sostenere che “grandi ascolti costruiscono grande coesione sociale” ovvero, i numeri sono tutto. Accipicchia, che perla di saggezza!!! Merita capire e sapere di più. L’Ad e DG,  Rossi e Sergio, non hanno saputo scrivere di meglio nel loro comunicato stampa diffuso a Sanremo intorno alle 12 che però sul sito Rai, alla sezione Comunicati Stampa Corporate, tutt’ora non compare. Piccolezze, dettagli. Rimane il fatto che il consigliere Natale è molto solerte a comunicare un facile entusiasmo, non c’è dubbio, e poi magari si adombra se qualcuno, come Repubblica, scrive che si tratta di “aspirante presidente”.

Il tema “coesione sociale” è importante e merita grande attenzione e proprio per questo utilizzarlo come la rucola per metterlo dappertutto come si vorrebbe fare con Sanremo ci appare leggermente azzardato. Questo Sanremo, lo ricordiamo, ha avuto ed ha “successo” sui numeri di telespettatori che la concorrenza gli consente di ottenere, ovvero di concordare. In altre parole: se Mediaset, La7 e gli altri editori facessero la loro parte i numeri sarebbero ben diversi e Sanremo sarebbe una normale trasmissione di "relativo" successo". Tanto per intenderci, ieri vi abbiamo citato il caso del calcio (altro argomento di fortissima “coesione sociale”) cioè questo Sanremo è stato spostato di una settimana per non doversi fronteggiare con le serate televisive di Coppa Italia previste la settimana precedente. Di questo spostamento si sono avvantaggiati entrambi: Rai e Mediaset, ovvero un esplicito accordo per spartirsi i numeri degli ascolti. Si parla solo di numeri: telespettatori, share, spot pubblicitari.

Dove si legge la “coesione sociale” che invece dovrebbe riguardare parametri di partecipazione politica, economia di benessere, cultura, salute, ambiente, differenze di genere e solidarietà? Cioè, tutti temi, tutto ciò che il festival ha tenuto rigorosamente fuori e lontano dalla porta e concentrandosi tutto su “cuoricini cuoricini” e “Dio, Patria e famiglia” poi accuratamente condito da lacrime sul palcoscenico e preziose battute sul cornetto custodito nelle mutande della Clerici. Abbiamo visto Sanremo, quanto basta per rilevare che di “coesione sociale” ne abbiamo vista ben poca, però abbiamo visto il consigliere Natale comodamente seduto nella platea di Sanremo accanto al DG Sergio, alla candidata presidente Agnes e all’AD Rossi. Per “ringraziare le maestranze” si poteva farlo benissimo da Roma o comunque ci pensava l’AD a nome di tutti, o no? Piccolezze, dettagli insignificanti.

Comunque, purtroppo, come è sempre avvenuto, il capitolo Sanremo non si chiuderà tanto presto e tanto facilmente. Ieri abbiamo letto una notizia curiosa: il direttore del Tg de La7, Enrico Mentana, ha sollevato il caso del televoto, ovvero lo stesso problema degli anni passati che più di una volta ha messo in discussione il meccanismo di voto diviso tra Televoto con il 34%, giuria della Sala Stampa, Tv e Web con il 33% e giuria delle Radio con il 33%.  Molti si chiedono: perché non ha vinto Giorgia nonostante era data da tempo per sicura vincente? Tra l’altro bizzarria curiosa: il premio del main sponsor TIM a chi è stato dato? A Giorgia, appunto, testimonial della stessa TIM, ovvero TIM ha premiato se stessa. Benigni, con grande plauso bipartisan, ha fatto la battutona del secolo: di quale Giorgia si stava parlando?

Chi ha la forza, la voglia, coraggio e interesse a sollevare e indagare fino in fondo questo annoso problema? Nessuno. Punto. Certo è che la legittimità e la legalità del voto è un “problema” che non dovrebbe lasciare nessun margine di dubbio o sospetto. Con buona pace della “coesione sociale”. Se la Rai, il Servizio Pubblico, non è in grado di essere chiara e trasparente su questo punto, di cosa altro stiamo parlando?

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domenica 16 febbraio 2025

La Rai "normale" e la sua "morale"

by Bloggorai ©

Manifesto apparso a Parigi al termine del “maggio del ‘68”

Ci siamo stati, ci siamo e ci saremo ancora in uno stato di banale, ordinaria, apparente o sostanziale normalità. La vita quotidiana è “normale”: il suo significato profondo è semplice. Deriva dal latino “norma” (sostantivo che indicava la “squadra” da cui “normalis” ovvero “perpendicolare”) e inoltre “regola” e quindi “normale” inteso come conforme alle “norme” cioè consueto, ordinario e regolare (Treccani). Anormale, viceversa, sta ad indicare quando si rompe la regola, la consuetudine. A ben vedere, si potrebbe divagare su un termine che si lega bene: morale, da “mores” che sono pur sempre “regole”. In soldoni: “Normale” e “morale” giocano bene insieme.

Allora, fissiamo alcuni punti fermi: Sanremo 2025 è stato “normale” e conforme alla “morale” sociale e politica prevalente. Nulla di nuovo, nulla di diverso di come il Paese era la settimana precedente e di come sarà in quelle successive.

Il Paese ha espresso una maggioranza politica di centrodestra? E questo Sanremo doveva essere ed è stato il primo dichiaratamente festival marcato “destra destra” nei contenuti che ha espresso: toni moderati, leggeri ai limiti del frivolo, tanti "cuoricini cuoricini" e tanto amore, contenuti dei testi marcatamente conservatori tutti concentrati in “Dio, Patria e famiglia” e "volemose bene". Questo Sanremo doveva battere, far dimenticare o almeno essere all’altezza di quello precedente molto intrigato sui temi LGBTQIA+ o appelli per Gaza.  

Questo Sanremo ha riscosso il “consueto” successo di numeri. Tanto più, tanto meno, siamo nella “normalità” di ascolti rilevanti che hanno consentito alla Rai di portare a casa un discreto “malloppo” di soldoni necessari come il pane per la sua sopravvivenza. Senza questi “65 milioni 258mila euro, con un +8.5% rispetto al precedente record dello scorso anno” sarebbero dolori e non pochi. Una boccata di ossigeno.

La Rai deve “esistere” !!! E’ un dogma intoccabile! Ne sono tutti convinti e i primi ad esserlo è proprio “la” concorrenza diretta e indiretta. Berlusconi padre e tale figlio lo hanno sempre affermato forte e chiaro. Con relativa moderazione. La Rai è utile e necessaria a tutto il sistema audiovisivo nazionale e, in questo caso, per il “mercato della musica” intorno al quale ruotano interessi rilevanti. Non è un caso che lo stesso Sanremo diventa la “vetrina per eccellenza” di tanti personaggi Mediaset (Gerry Scotti in apertura e la Marcuzzi in chiusura), per non dire dei “ragazzi” di Maria e dei vari cantanti  “Made in X factor” seppure di Sky.

Sanremo deve “esistere” a tale punto che nei numeri vince facile, ovvero vince perché non ha concorrenza televisiva e quando ce l’ha “fugge a gambe levate”. Quest’ anno il Festival è stato spostato di una settimana solo perché si temeva come il fumo agli occhi la concorrenza del calcio in prima serata. Sanremo vince perché Mediaset e Cairo lo consentono: la De Filippi su Canale5 si astiene con il suo grande successo del sabato sera, e inoltre tanto per capirci, sempre ieri sabato, anche Striscia si è quasi astenuta dal colpire il Festival mentre venerdì su La7 non è andato in onda Diego Bianchi e Fazio (canale 9 di Warner, lo stesso editore che potrebbe concorrere il prossimo anno per la possibile gara di assegnazione Sanremo 2026) ha ospitato Carlo Conti per dargli un “aiutino”. Durante la settimana del Festival tutti vanno in “pausa” e Sanremo vince facile: come se alla partita finale di Champions League giocassero il Real Madrid (15 coppe) contro una squadra mista di melanconici e sprovveduti “Scapoli/ammogliati”.      

Chiudiamo rapidamente il capitolo Sanremo per tornare alla nostra banale e ordinaria “normalità” di pane e politica di cui Bloggorai si nutre spesso e volentieri. La domanda cruciale è semplice: come archiviamo questa settimana e per cosa entrerà nella storia? Per paradossale che possa apparire, entrerà forse proprio per il nulla, per il vuoto cosmico, per la narcosi totale che ha diffuso a piene mani e che, almeno per i numeri, è stata bene accolta ed assorbita. Il Sanremo appena concluso “Made destra destra” ha voluto rimarcare un messaggio forte e chiaro: abbiamo tutto sotto controllo, la “nostra” Rai “non cerca polemiche, ma solo canzoni” (Ciannamea dixit) e quindi va tutto bene, state tranquilli e pensate ai “cuoricini cuoricini” pure se conditi con qualche lacrimucccia dedicata alla Mamma che fa sempre tanto bene. La “sinistra televisiva” si è accontentata di quello che passava il convento, plaudente confusa e soddisfatta con la sua punta di diamante in Benigni sobrio, garbato e fastidioso al punto giusto, non si è offeso nessuno, anzi … consente pure di sostenere “vedi la Rai “meloniana” che ha dato spazio pure al comico toscano”. Chi ha la forza, la voglia e il coraggio di dire che “Sanremo è una boiata pazzesca!” anche se i numeri gli danno ragione (ma fino ad un certo punto).

Bene così, torniamo, rimaniamo e godiamo della nostra “normalità”. In fin dei conti, se non ci sbatte in faccia qualche drammatica e "normale" vicenda può essere pur sempre comoda e facile da gestire.

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sabato 15 febbraio 2025

La RAI dei cuoricini e del "volemose bene", di destra destra, di centro o di sinistra


È in preparazione il post di chiusura di questa stagione Sanremo.

Cercheremo di capire cosa è successo e cosa rimarrà nella storia.

Intanto, però, date un occhio a questi numeri e poi ne parliamo:




Rimanete sintonizzati 

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venerdì 14 febbraio 2025

Sanremo di "destra" gaudente o di "sinistra" che non comprende?

by Bloggorai ©

Prendetevela comoda, comodissima, se volete. Oggi andiamo lunghi, lunghissimi, non  foss’altro per apprezzare il successo del post di Bloggorai di ieri.

A proposito di “successo” di “questo” Sanremo: si intravvedono  con chiarezza i due mondi. Il mondo di “destra” gaudente che applaude alla vittoria dei numeri contro il “commmunista” politicizzato (come i giudici) di Amadeus e per il “grande successo del Servizio Pubblico” (questo, beninteso … non quello di prima) e il mondo di “sinistra” che pure applaude allo stesso “grande successo del Servizio Pubblico” però esitante e confusa su come interpretarlo e giustificare il consenso di cui gode, a prescindere.

I lettori di Bloggorai di destra (ce ne sono tanti) e anche alcuni tra quelli di sinistra (ce ne sono tanti) ritengono che fare valutazioni critiche sul consueto successo di questo Sanremo, il primo integralmente “targato” di destra destra, governativo e meloniano, possa far esprimere il sentimento della “rosicata” o, peggio ancora, un perverso e  malevolo sentimento “anti Rai”. Come si legge oggi su Libero “Non ci vogliono credere, nel Pd, che un Sanremo depoliticizzato piaccia più dei loro frullatoni ideologici. Sono spiazzati dal fatto che si possa avere successo anche se al posto delle ammucchiate di Rosa Chemical si canta l’amore per la mamma di Simone Cristicchi”.  

Andiamo oltre. Ci sono tre storielle parallele che meritano di essere raccontate a priori. Ricordare questi nomi: Pippo Balestrieri, Giancarlo Leone e Roberto Natale. Magari dopo.

Bloggorai appartiene ad una generazione che, per molti aspetti, si può ritenere fortunata. È nata all’indomani della fine della Guerra ed ha potuto assistere alla “ricostruzione” degli anni ’60. È stata una generazione che, in qualche modo, si è collocata ed è cresciuta nel mezzo tra un passato non ancora terminato e un futuro non ancora iniziato. Questa generazione si affacciava al mondo con le stimmate di una cultura politica e sociale marcata ancora dal secolo precedente e con i primi sogni di un secolo nuovo che stava per arrivare, forse pure in anticipo.

Questa generazione si è trovata “giovane” alle fine degli anni ’60 ed ha respirato quella grande aria del “rinnovamento” che preludeva ad una nuova era: il dilagare dei mutamenti sociali anche indotti dai nuovi equilibri geopolitici mondiali e dalle nuove tecnologie che si stavano affermando. Quando questo periodo stava per declinare, agli inizi degli anni ’80, già lo sguardo era rivolto ad un passato prossimo nostalgico: in Spagna venne coniato il termine “desencanto” mentre in Italia la “classe operaia” stava diventando altra e diversa, gli studenti volevano diventare “pantere” ma non ci sono riusciti più di tanto. Infine, arriviamo ai primi anni ’90 e dilaga il Web, Internet, le mail, la comunicazione digitale e un nuovo secolo sta per cominciare.

Molti di questa generazione (come Bloggorai) non hanno un profilo Instagram, non smanettano TikTok, guardano poco le clip video su tablet o sul cellulare e a malapena usano FB. Usano tanto però Whatsapp perché, comunque, è uno strumento facile da gestire ed è certamente utile, quasi indispensabile. Questa generazione non comprende subito il significato di “hype”, “dissing” e “gringe” nonostante sia in grado di balbettare e comprendere due parole due in inglese.

Torniamo a ieri: questa riflessione di cui sopra ci aiuta a porre la domanda che si aggira irrisolta. Perché il (consueto) successo dei soli numeri di Sanremo? Come è possibile interpretare/comprendere che la dose massiccia di cloroformio, di etere mediatico, di torpore sociale diffuso con il lanciafiamme, riesce a tenere incollati di fronte alla Tv un numero così elevato di telespettatori? Lasciamo perdere i “giovani” con nuovi device perché, ci dicono, contano poco ai soli fini della Total Audience. Si leggono e si ascoltano troppo facili e troppo banali le risposte correnti. C’è qualcosa di più che non è facile rilevare. Il “popolo” di Sanremo, come vi abbiamo dettagliato ieri, è composto da “un pubblico molto adulto (over 45) prevalente femminile, residente più  al Nord in città di Provincia e mediamente istruito”. Un pubblico non ancora “anziano” ma non più giovane, cioè collocato esattamente nel mezzo di quel cammino dove non sa più se è meglio rivolgersi al recente passato o all’immediato futuro. Nostalgia degli anni ’80 con i Duran Duran? Entusiasmo per i nuovi rapper o trapper “de noantri”?

Da giorni ci ronza per la mente una riflessione che si titola “educazione sentimentale”. Si tratta di una riflessione che ha più punti interrogativi che esclamativi. I grandi fenomeni di mutazione sociale e culturale richiedono tempo, molto tempo per essere evidenti e rilevanti. Fermo restando che siamo sempre nel campo delle scienze della comunicazione, viene facile ritenere che siamo in presenza di un “pubblico” televisivo (si tratta pur sempre di una parte del tutto che consiste in oltre 20 mln di persone in prima serata) che, occasionalmente in presenza di Sanremo, esprime e svela i suoi caratteri dominanti che, nel resto dell’anno, rimangono diluiti e sottotraccia. È un pubblico “educato” televisivamente da tempo ai buoni sentimenti della leggerezza, al frivolo, al fotoromanzo, alla cronaca nera, al taglia e cuci che si espande financo alla politica. In poche parole, il “successo” di Sanremo c’è sempre, è parte intrinseca, dinamica e costante dell’ascolto televisivo e del comportamento sociale per 360 giorni l’anno che poi emerge, si esprime e si rappresenta nei 5 giorni restanti e magari successivamente si trasforma in voto politico.

La domanda è semplice: c’è relazione  tra i “successi” di Sanremo e il consenso politico?

Ieri vi abbiamo scritto di un “ordine di scuderia” che vorrebbe questo Sanremo che “aveva ed ha un compito ben definito: sopire, troncare e addormentare prima possibile e con forti dosi di bromuro. La “politica”, il Governo, in questo specifico momento non ammette traumi, non consente “rotture” o frizioni che dir si voglia e l’ordine di scuderia è partito forte e chiaro: dentro, intorno e fuori il Festival fate quello che volete ma non piantate grane, portate a casa i soldi della pubblicità e zitti e buoni”. Sembra esserci “assonanza” quindi tra il Festival e il “clima” politico che si respira.  

Si tratta poi pur sempre di quel pubblico che in Rai, ad esempio, sostiene prodotti “vintage” come le ennesime repliche di Montalbano o Don Matteo, del gossip delle varie domeniche pomeriggio o, peggio ancora, di quello che era Rai Tre con  le tresche di qualche personcina “social”. A Mediaset su questo tema sono più bravi: propongono la stessa “narrazione” con l’aggiunta di un pubblico un po’ più giovane di Rai (differenza di circa 10 anni) che, non a caso, poi rivede i suoi personaggi a Sanremo (De Filippi e i suoi ragazzi e Gerry Scotti).


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ps. abbiamo sempre le tre storielle da raccontare ... tenetelo a mente

giovedì 13 febbraio 2025

Sanremo: oltre il "successo" ? Niente !!!

by Bloggorai ©

Dobbiamo ... dobbiamo … scrivere di Sanremo ma quanto basta. Dobbiamo, come di consueto, leggere del suo “successo” e dei coristi che intonano il suo salmo già dalle due serate. Dobbiamo ammettere che si, il “successo” c’è  ma dobbiamo pure ammettere che si tratta di un successo fondato su materie che Bloggorai non è molto esperto a maneggiare: i numeri e le sostanze chimiche, anestetiche.

Quando si plaude al “successo” di Sanremo occorre precisare bene di cosa si tratta. Cosa è Sanremo? Sanremo è in primo luogo i “numeri” che rappresenta e sintetizza: numeri dei telespettatori, i numeri su chi sono, i numeri del confronto con le edizioni precedenti, i numeri della pubblicità raccolta e così via. Insomma, occorre essere molto molto bravi a maneggiare dati, tabelle e statistiche perché gli errori e le obiezioni sono dietro l’angolo. Da questo punto di vista, i numeri della prima serata sono al tempo stesso solitamente consistenti quanto pure appaiono alquanto “drogati”: drogati dalla comparsa della Total Audience, drogati dalla durata più contenuta rispetto alle altre edizioni, drogati dal consueto patto di non belligeranza anzitutto con Mediaset. 

In buona sostanza: i numeri dicono tutto e non dicono niente. I corifei della prima serata applaudono gaudenti: “Sanremo entra nella storia, grande successo del Servizio Pubblico”. Da questo punto di vista, difficile dargli pienamente torto. Viceversa, a leggere molti articoli, sembra di assistere ad un de profundis mediatico di rara profondità: leggiamo alcune frasi e titoli:

La Repubblica: “Rai, Patria e famiglia” …”..una Rai paralizzata dagli scontri interni” ed esterni aggiungiamo noi

Corriere della Sera: “Una batteria di canzoni senza fronzoli”… “per dimenticare la barca che affonda …”

La Stampa: “L’insostenibile pesantezza della bontà” … “ricorda tanto il Natale … dal palco tracimano buoni sentimenti”… aggiungiamo e chiediamo noi, quali???

Il Messaggero: “La parola chiave è insieme” … “ … in modalità: il futuro ha un cuore antico”…”i rapper o i trapper fanno i bravi” e allora, aggiungiamo noi, allora a cosa servono? E infine una perla di saggezza popolare “ … un Sanremo … alla Giampaolo Rossi ... una sorta di rimpatriata, una cena di classe”. Amen.

Poi, oltre i numeri, ci sono le persone, i telespettatori, la platea televisiva, la cosiddetta “offerta editoriale” ovvero i contenuti, e anzitutto il “messaggio” politico e culturale proposto. 

E qui entra in ballo la scienza dell’anestesia sociale. Questo Festival, questo Sanremo aveva ed ha un compito ben definito: sopire, troncare e addormentare prima possibile e con forti dosi di bromuro. La “politica”, il Governo, in questo specifico momento non ammette traumi, non consente “rotture” o frizioni che dir si voglia e l’ordine di scuderia è partito forte e chiaro: dentro, intorno e fuori il Festival fate quello che volete ma non piantate grane, portate a casa i soldi della pubblicità e zitti e buoni (almeno questi sono sicuri .-. o quasi). Punto.  Il resto del mondo "sull'orlo di un baratro spaventoso" (Vecchioni) è lontano, è fuori ... in fin dei conti sono "solo canzonette" e per molti, per tanti, va benissimo così. 

A leggere la rassegna stampa sul Festival pare di assistere alla “guerra tra i mondi”. Da un lato il “mondo dei buoni” tutti casa e famiglia, ansiosi di appisolarsi sul divano tra canzonette che non capiscono e non conoscono. Chi sono? Diamo pure noi qualche numero (Sanremo 2024, 6-12 febbraio) sui quali non c’è dubbio di interpretazione. Tanto per capirci: il pubblico di Sanremo nei suoi tratti salienti è così composto:

totale individui        11.304.215         sh.  66.2%

totale femmine          6.589.342          ,,    69,5%

totale maschi             4.714.873          ,,    62,2%

di cui femmine 65+   2.108.410          ,,    63,0%

di cui maschi 65+   1.167.174        ,,    51,1%    

Le altre fasce di età sono poi molto significative tra gli over 45 per oltre 2 mln tra le femmine e meno di 2mln per i maschi. Queste persone sono distribuite al Nord con 4.571.063, al Centro con 2.345.452 e al Sud con 4.287.700 e abitano in comuni tra i 10 e i 100 mila abitanti in 5.448.382 e sono prevalentemente istruiti con un diploma superiore con 4.051.090. In sostanza: un pubblico molto adulto prevalente femminile, residente più  al Nord in città di Provincia e mediamente istruito.

NB: da leggere su Domani: "Come cambiano le madri italiane a Sanremo"

Sanremo, per oggi e come al solito non merita molto di più.

Ci vogliamo mettere a perdere tempo con il “cornetto” nelle mutande della Clerici, oppure con la parola "amore" che tanto piace ai "giovani" oppure con il “nuovo autore” del Festival ovvero un certo Giancarlo Leone (ma è lui, proprio lui???) ovvero come ha titolato oggi il Corriere “la scelta democristiana di Sanremo”, ci vogliamo mettere a perdere tempo nell’apprendere che le due cantanti per la pace, Noa e Mira Awad, una è tutta israeliana l’altra arabo-israeliana di origini palestinesi e bulgare, ci vogliamo mettere a dibattere sul perché non si ascoltano parolacce o non ci sono trasgressioni scandalose? Cambiamo canale o facciamo altro. Ci sono tanti altri mondi possibili dove non siamo soli:

                  

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mercoledì 12 febbraio 2025

RAI: il pasticciaccio brutto brutto, assai brutto



Quando iniziamo a scrivere il post del giorno, in genere, abbiamo già in mente un’immagine che sintetizza il contenuto. Questa mattina no. Confusione totale. C’è tanto, c’è tutto e c’è niente e c’è poco. Ma anche il nulla, il vuoto, è esso stesso un “fatto”, un evento, un momento dinamico che merita attenzione.

C’è qualcosa di marcio in Danimarca? Forse si e non solo nella povera Danimarca. Anche in quei luoghi lontani le mele non cadono sotto l’albero del pero. 

Allora, ieri non vi abbiamo parlato di una notizia molto importante: Noel Curran, direttore generale di European Broadcasting Union (EBU), la principale associazione mondiale dei broadcasters di servizio pubblico, ha rilasciato un intervista al Messaggero dove dichiara “Abbiamo scritto alla presidente Floridia per sollecitarla a ratificare la nomina della presidente della Rai”. Si tratta di una affermazione grave, talmente grave che ha provocato la giusta reazione dei partiti di opposizione che si dichiarano però “sorpresi”. La proposizione di Curran è certamente e semplicemente irricevibile, ai limiti dell’ingerenza politica illecita, e però non è una sorpresa. La nomina del/la presidente Rai è oggi un problema politico di primaria rilevanza dove l’EBU non c’entra e non deve entrare in alcun modo. Anzi. Tant’è che qualcuno, il senatore Gasparri, si è spellato le mani ad applaudire Curran: “Ce lo chiede l’Europa” !!! che gli vuoi dire?

Ma il problema non è Curran e le sue improprie ingerenze o Gasparri e l’Europa ma è dentro la Rai, in questo Cda.

Passo indietro: lo scorso dicembre, esattamente il giorno 11, Bloggorai pubblica un post con il titolo RAI in Europa: grosso intrigo locale e pasticcio internazionale”  … https://bloggorai.blogspot.com/2024/12/rai-in-europa-grosso-intrigo-locale-e.html  dove si racconta tutto il pasticciaccio della nomina della Agnes a rappresentare la Rai all’EBU. Tutti sapevano o avrebbero dovuto sapere, compresi i consiglieri Rai di Majo e Natale, che si era compiuto una atto con un forte dubbio di legittimità. La fonte del “problema” è tutto lì e nelle manovre, verosimilmente “suggerite” dall’interno di Viale Mazzini finalizzate a “predisporre” una situazione di fatto con la Agnes all’EBU dove invece non avrebbe potuto esserci.

Riproponiamo gli interrogativi ai quali, ovviamente, se ne sono ben guardati da dare risposta:

1. chi e perché ha deciso che debba essere proprio la Agnes?

2. cosa è stato comunicato all’EBU in merito ai requisiti richiesti nel “Terms of reference”?

3. il Cda RAI è stato informato preventivamente, c’è stato dibattito?

6. i consiglieri di opposizione di Majo e Natale hanno qualcosa da osservare?

4. è stato adeguatamente tenuto in considerazione e comunicato all’EBU il fatto che la Agnes è solo designata come presidente ma non ancora validata dalla Vigilanza?

5. di conseguenza, è stato tenuta in considerazione la possibilità che la Agnes possa non essere validata?

6. l’EBU ha verificato dettagliatamente i requisiti comunicati e realmente posseduti dalla Agnes?

Quindi l’improvvida uscita di Curran ha due letture: una interna alla sua organizzazione, l’EBU, dove forse si devono parare un “buco” normativo perché quella nomina potrebbe non essere legittima seguendo la loro stessa “policy adottata (Terms of reference) che è molto rigorosa: si richiede essenzialmente che i componenti dell’EBU. debbano avere adeguata “rappresentatività” anche legale dell’Azienda da cui sono stati nominati. Non solo, si richiede pure che debbano garantire una certa “continuità” per il tempo del loro mandato” come abbiamo scritto. E questi criteri la Agnes, al momento non li possiede: è solo indicata dal Governo ma non ratificata dalla Vigilanza e fintanto che questa non la vota la Agnes è e rimane una semplice consigliera. Punto. La seconda lettura è tutta esterna e si rivolge a gamba tesa nel gioco politico italiano: si vuole dare una mano al Governo, a prescindere. Punto.

Allora, ribadiamo: il problema è in questo Cda, per chi ha voluto questa operazione Agnes all’EBU e di chi pur sapendo della possibile illegittimità non ha fatto nulla per sollevare il problema (e magari lo ha pure fatto ma non lo ha saputo nessuno).  

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martedì 11 febbraio 2025

RAI: il silenzio complice della "politica"

by Bloggorai ©

Quando si inizia un gioco, una competizione, un confronto o un ricorso in Tribunale è ben chiaro che si può vincere, si può perdere o si può giungere ad un pareggio, ad una conciliazione/transazione.

Ieri il TAR del Lazio ha dichiarato inammissibile il ricorso per “per l'annullamento dell'avviso pubblicato in data 21 marzo 2024 sul sito istituzionale della Camera dei Deputati …per la presentazione di candidatura a componente del consiglio di amministrazione della RAI ai fini dell''elezione da parte della Camera dei deputati”. Punto, fine della trasmissione. La facciamo corta e chiudiamo il capitolo.

Osservazioni nel merito della sentenza. Il Tar “… rileva l’eccepito difetto assoluto di giurisdizione” ovvero ritiene che, sostanzialmente,  “… Ricorrono, invero, i tratti distintivi che la dottrina e la giurisprudenza hanno individuato per qualificare un atto quale “atto politico”, sottratto al sindacato giurisdizionale”. Cioè, il TAR sposta il baricentro delle sue osservazione sull’atto politico, insindacabile, da quello che invece era ed è l’oggetto del ricorso ovvero l’avviso, cioè l’atto amministrativo che è proprio del ricorso (criteri, selezione delle candidature etc). Tradotto: un soggetto che in qualsiasi modo vedesse lesi i suoi diritti nel procedimento non avrebbe diritto di tutela giuridica in quanto affermando la suprema titolarità dell’azione politica per la nomina dei consiglieri indipendentemente dai criteri di selezione porta a dire che chiunque, anche se non ha presentato il CV, potrebbe essere eletto ad insindacabile giudizio dei parlamentari. Grave. Ma, a nostro giudizio ancora più grave che il TAR ha disatteso o pressoché ignorato quanto disposto dal recente MFA laddove si concentra specificamente sul fatto che gli organi amministrativi di gestione del Servizio Pubblico debbano autonomi da ingerenze politiche o, peggio ancora, governative. Per non dimenticare, infine, i rilievi costituzionali e quelli delle leggi ordinarie.

Osservazioni nel merito del contesto “politico” del ricorso. Il ricorso ha perso anzitutto in Tribunale ma ha perso anche perché è stata abbandonato, dimenticato e financo osteggiato da chi avrebbe potuto e dovuto sostenerlo fortemente e apertamente. Il ricorso ha perso anche perché su di esso è calato un “velo” di silenzio, di discrezione, di garbo istituzionale e di sostanziale oscuramento mediatico. Per inciso: la notizia del TAR anche oggi è stata ignorata da tutti.

Il ricorso aveva molti nemici: tanti nel campo avverso e forse ancora più tra gli “amici”. Bloggorai lo ha scritto subito chiaro e tondo, forte e chiaro, che si trattava di “iniziativa politica che si avvaleva di strumenti giuridici”. La prima parte di questa osservazione già ad alcuni sembrava stonata. All’inizio dello scorso anno, “sembrava” che sui principi, seppure generici, di autonomia e indipendenza della Rai eravamo tutti d’accordo e quindi la motivazioni fondanti il “ricorso” potevano contare sull’appoggio incondizionato di tutti coloro che li avevano a cuore. Forse eravamo d'accordo … perché abbiamo avuto subito qualche sospetto che il “nemico era tra noi”. Lo abbiamo dovuto constatare direttamente nei mesi successivi. Abbiamo cominciato ad avvertire subito le “dimenticanze” e le omissioni: il termine “ricorso” non è mai stato pronunciato da PD, M5S e AVS e tantomeno da altri soggetti che pure, formalmente, avevano aderito all’iniziativa ed erano presenti alla conferenza stampa del 2 maggio. La prova provata c’è stata alla manifestazione davanti a Viale Mazzini di metà maggio promossa dall’Usigrai: era previsto e concordato un intervento proprio per esporre il “ricorso” ed invece hanno parlato pure i Boy Scout ma lo spazio per questo intervento non c’è stato e il termine “ricorso” non è stato mai pronunciato ne in quel momento e tantomeno mai dopo. Poi, ci sono stato diversi articoli e interviste su giornali vari e anche li questo termine faceva proprio fatica ad uscire. Arriviamo quindi a settembre, quando erano febbrili le grandi manovre per comporre il Cda ed era assolutamente evidente che la presenza stessa del “ricorso” dava fastidio a molti. Tant’è che poi, seppure con il tradimento del 26 settembre, il Cda si è costituito grazie alla supremazia “dell’atto politico” magari argomentando che avveniva “nell’interesse dell’Azienda”. Implicitamente tutti, o quasi, ammettevano che “l’iniziativa politica che si avvaleva di strumenti giuridici” non si poteva e non si doveva percorrere. In soldoni, la politica tutta intera, maggioranza e opposizione, ha fatto intendere che le nomine Rai “è roba loro” e non ammettono ingerenze. Punto. Fine della trasmissione. Da oggi su questo tema calerà una pesante coltre di silenzio. Come verrà ricordata questa battaglia? È stata una iniziativa velleitaria? No! Aveva ed ha tuttora tutti i criteri delle battaglie che è giusto combattere anche consapevoli della forza incommensurabile degli avversari.

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Ps. Ieri sera è andato in onda su La 7 “Magma” il docu-film sul delitto Mattarella. Su RaiTre è andata inonda una lunga trasmissione sulle tresche amorose di noti personaggi di gossip.

lunedì 10 febbraio 2025

L'albero malato dell'informazione RAI: il Piano Gubitosi

by Bloggorai ©

Ogni giorno, nella savana, qualcuno si sveglia e sostiene che la Rai debba essere riformata. Ogni giorno, nella savana, qualcuno si sveglia e sostiene che l’informazione della Rai debba essere riformata. Ogni giorno, nella savana, nessuno dice come si dovrebbe fare tutto questo cioè con quale indirizzo ed obiettivo, in altre parole, semplificando, con quale missione si dovrebbe riformare.

Sulla riforma Rai abbiamo scritto tanto e tanto ancora dovremo scrivere. Sintetizziamo e semplifichiamo: la trappola del 26 settembre è scattata e le belve della savana stanno portando a casa il risultato: da “prima la riforma e poi le nomine” siamo ora a “prima le nomine e poi la riforma”. Per alleggerire leggermente la coscienza alquanto grigetta qualcuno disse pure “tanto poi luglio, con il MFA l’attuale Cda si dovrà dimettere”. Falsissimo! E, fatto sta, che di riforma Rai non se ne parla e non se parlerà per molto ancora.

Sulla riforma che dir si voglia dell’informazione Rai la questione invece è molto, assai complessa. Il solo punto certamente chiaro è come la storiella di “tutti la vogliono e nessuno se la piglia”. Ieri, il consigliere Natale, l’uomo del dialogo, il “placatore” (corriere 14 gennaio) o meglio ancora l’uomo che “…finisce per coincidere con le attuali linee guida dell'ad” (Messaggero 7 febbraio) ha detto che “… un ragionamento più complessivo su che tipo di informazione stiamo facendo per intervenire anche sulle ragioni di questo malessere nelle redazioni…”. Ha ragione!!! La sua preoccupazione è il “malessere delle redazioni” … per tutto il resto ci pensa la Maggioni.

Ebbene, Bloggorai, preso da un sano spirito di leale e fattiva collaborazione, vuole dare una mano e fare il lavoro sporco di cercare di capire fin dove si era arrivati per mettere mano all’informazione Rai e cercare di capire chi erano i soggetti interessati a spingere e chi a frenare.

Cominciamo con il Piano Gubitosi. Il DG nominato dal Governo Monti arriva a Viale Mazzini a luglio 2012 e succede a Lorenza Lei. Il piglio è bellicoso, tono muscolare e sguardo torvo, accompagnato da una pattuglia di fedelissimi, tutti esterni (attratti pure dal compenso che allora era ben superiore all’attuale tetto dei 240mila Euro). “L’uomo che viene da fuori” ovvero da Wind, Fiat etc… getta lo scompiglio: vuole mettere mano anzitutto ai conti e poi all’organizzazione dell’Azienda. Passano due anni dal suo insediamento ed ecco apparire su L’Espresso a luglio 2014 (questo argomento tornerà più avanti con il Piano Verdelli) l’anticipazione del suo piano sulla riorganizzazione dell’informazione Rai: vale la pena leggere per intero il pezzo. Sintesi sostanziale: “… un cambiamento strutturale e profondo e prevede l’accorpamento di sei testate in due newsroom con l’obiettivo di razionalizzare, valorizzare, rilanciare, sfruttando la nuova tecnologia digitale ormai spalmata su tutta Saxa Rubra. Una sfida monstre, una citazione all’italiana del mitico modello Bbc”. Il progetto prevede che si debba attuare in quasi tre anni e si comincia a parlare di direttori scelti con evidenza pubblica (una gara). Potrà essere la buccia di banana sulla quale scivolerà. Il Piano Gubitosi sull’informazione Rai ha un nome: “15 settembre” e si riferisce al 1979, quando nacquero TgR e Tg3 ovvero in piena era “lottizzazione selvaggia”. Dopo 35 anni, tutto è cambiato fuori per rimanere tutto immutato dentro Saxa Rubra. Poco tempo dopo l’Usigrai tuona: “Una riforma per non cambiare: l’Usigrai da subito ha detto no al cosiddetto progetto 15 dicembre, perché mira a “smontare” e non interviene su elementi chiave come l’informazione di rete, la presenza sul territorio e sul web. Noi chiediamo una vera e profonda rivoluzione del sistema dell’informazione Rai, fondata su tre pilastri: prodotto, identità e unità del servizio pubblico: RaiPiù”. Che fine abbia fatto Rai Più nessuno lo sa però sappiamo come è finito il Piano Gubitosi: affossato dalla Vigilanza Rai a gennaio 2015 con grande gioia di Gasparri&C e, per singolare coincidenza anche “Usigrai sembra apprezzare: "Sì - ammette il segretario Vittorio Di Trapani” (Repubblica del 13/2/2015).

Prima di chiudere però vale la pena rivedere un dettaglio. Dal momento del suo arrivo si mette in cantiere il nuovo piano industriale (all’interno del quale c’è quello sull’informazione e si aprono 12 “cantieri” di cui uno è appunto quello “news”. Luigi lo avoca a se e da chi si fa coadiuvare? Nientepopodimeno che da Monica Maggioni, dicono sua grande amica (lo dice Dagospia a luglio 2013) cioè la stessa che farà “grande” Rai News24 grazie ad un consistente aumento di budget che gli è stato appena e, appunto, concesso e alla possibilità di avere un numero spropositato di giornalisti per il risultato che oggi conosciamo: ascolti da prefisso telefonico. A farla breve: Gubitosi e il suo Piano vanno ad arricchire i faldoni impolverati della memoria e la Maggioni (come dice Natale) è ancora li a dirigere l’Offerta informativa e riscuotere simpatie a “destra e manca”… più a manca che a destra si direbbe.

Come vedremo in seguito, l’epicentro del “cambiamento” sarà sempre concentrato sugli accorpamenti delle testate e la creazione di una newsroom unica. Il 6 agosto 2015 il Manifesto titola “Monica Maggioni, l’onda lunga del Nazareno. La direttrice di RaiNews24 mette d’accordo tutti tranne Sel e M5S. E alla fine del Risiko vincono Berlusconi & Gasparri, mentre la minoranza Pd esce a pezzi”.  Aldo Fontanarosa e Leandro Palestini scriveranno della Maggioni su Repubblica pochi mesi dopo (novembre 2015) “Attentissima alla riforma delle news progettata da Gubitosi (a novembre 2014). Contrarissima invece un anno dopo, a novembre 2015. La giravolta di Monica Maggioni è tutta qui”.

Tu chiamale, se vuoi, giravolte.

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ps: a novembre 2014 Rai Way viene quotata in Borsa ... con grande successo di Gubitosi&C