venerdì 28 febbraio 2025

RAI: l'equilibrio impossibile

 

by Bloggorai ©

Fenomeni mediatici di altro tipo: nei giorni scorsi ha fatto il giro del mondo un video terrificante realizzato con l’AI e firmato Trump sul futuro della Striscia di Gaza per come la vede lui e i suoi alleati. Allora, ieri è successo che è stato diffuso un video, sempre realizzato con l’AI che deride e spernacchia il primo video trumpiano e mette in luce il dramma di Gaza e delle oltre 45 mila vittime. Sul primo c’è stato gran clamore, il secondo è passato quasi inosservato. Perché?

Veniamo a fenomeni politici di altro tipo. Ieri abbiamo saputo che la Rai avrebbe rinunciato alla richiesta di “sospensiva” per il ricorso al TAR della Liguria per l’assegnazione del prossimo Festival di Sanremo e che quindi si andrà a sentenza di fronte al Consiglio di Stato il prossimo 22 maggio. Se va bene amici come prima e il Festival rimane dov’è ma se va male salta il banco e la Rai si dovrà inventare qualcosa. Cosa non si sa ma certamente, qualora il TAR dovesse mai emettere sentenza avversa, saranno dolori, grossi dolori.  Il Comune di Sanremo ha intenzione di procedere con la gara.

La situazione non è buona. No … non è buona. Sulla fragilità e indeterminatezza di questo Cda abbiamo detto di tutto e di più. Sanno di essere in ostaggio e sanno di essere totalmente dipendenti dalla politica. Se magari qualcuno avesse un briciolo di “saggezza” avrebbe solo una possibilità di uscirne lindo e pinto: dimettersi o almeno far finta di farlo, minacciarlo, battere un ditino sul tavolo per fare un piccolo rumore con la speranza che qualcuno se ne possa accorgere.

Se la Rai è ferma qualcuno se ne avvantaggia: questo non è un gioco a somma zero come quello per la nomina della presidenza.

Allora, ci si chiede: quali sono i meccanismi perversi che intralciano sostanzialmente la chiusura delle trattative. C’è un soggetto che detta l’agenda e i suoi contenuti ed è in grado di tenere tutto e tutti sotto scacco: la Lega e segnatamente il suo Ministro di riferimento che impatta sulla Rai ovvero Giancarlo Giorgetti. Nel suo mazzo ci sono due carte fenomenali che gioca abilmente e brandisce come una clava di ricatto: il canone e Rai Way.

Passo indietro: lo scorso anno si stava dibattendo se riportare la riscossione del canone fuori dal pagamento in bolletta elettrica perché, si diceva, “lo chiede l’Europa”. Sicché, eravamo a luglio 2023, il ministro annunciava che “… la pluralità di ipotesi allo studio”, quella di agganciare l’imposta a un'utenza telefonica, visto che ormai programmi e serie tv si possono guardare anche su smatphone, tablet e pc”. Della proposta specifica non si è saputo più nulla però è rimasta sottotraccia la notizia centrale: al ministero stanno tutt’ora studiando se, di quanto sarà l’importo e in che modo verrà riscorso il prossimo canone 2026, visto peraltro che le ultime due manovre inserite nella Lege di Bilancio sono ritenute intrinsecamente transitorie. Dunque: il canone è un dossier aperto e presto si tornerà a parlarne, visto pure l’attuale dibattito sui provvedimenti energetici che il Governo sta studiano e che vede lo stesso Giorgetti al centro della tensione con la sua Capa del Governo. La Rai non può decidere nulla sul suo futuro se non è in grado di sapere oggi su quante risorse può contare e la Digital Media Company in queste condizioni se la sogna: bene che vada potrà cercare di sopravvivere.

L’altra carta di assoluto rilievo nelle mani di Giorgetti è la cessione della quota di RaiWay. Al momento, si stanno muovendo solo gli avvocati e i consulenti che hanno concordato unicamente un MoU con l’obiettivo di strutturare una road map entro i prossimi 6 mesi. Leggiamo stamattina su Repubblica che Mediaset, la controparte proprietaria di Ei Towers, ha fretta (anche loro!!!) di chiudere l’affare: “… a giugno dovrebbero essere celebrate le nozze tra Rai Way e Ei Towers (40% Mfe), che secondo gli analisti permetterebbero al gruppo di valorizzare la quota nella società della antenne tv per almeno altri 400 milioni”. Altamente improbabile e pressoché impossibile che questo possa avvenire però getta fumo negli occhi e genera appetiti finanziari. Ad ogni stormir di fronda su questo tema qualcuno, nel giro di poche ore, incassa molti bei soldini. Perché Giorgetti ha le carte giuste su questo tema? Semplice: perché sarà lui a valutare e quindi decidere/autorizzare il deal se sarà conforme a quanto disposto con il DPCM delmaggio2024 dove si legge che gli “accordi di gestione e governance idonei a garantire i migliori standard di sicurezza e qualità per la diffusione dei contenuti del servizio pubblico radiotelevisivo”.  Tradotto in italiano corrente. Se la Lega non otterrà ciò che chiede ai diversi tavoli Rai ai quali partecipa, la trattativa su Rai Way rimane dov’è e dove è stata durante questi ultimi 10 anni e se la Rai non porta a casa, presto, quell’importo previsto il Piano Industriale se lo sogna e se il Piano industriale rimane un sogno l’Azienda è ferma e se l’Azienda è ferma gli altri avanzano e se gli altri avanzano la Rai arretra. Tutto sommato è il disegno che potrebbe andare bene a molti, dentro e fuori la Rai. In queste condizioni, il Cda attuale può rimanere benissimo dov’è, con Marano (Lega) presidente anziano pro tempore. Agnes si o Agnes no ??? C’è tempo, almeno fino all’arrivo della primavera.

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giovedì 27 febbraio 2025

RAI: maledetta primavera !!!

by Bloggorai ©

Che imbroglio era

Maledetta primavera?

che fretta c’era …

Siamo messi male ... molto male. Ora tutto viene offuscato dall’apocalisse trumpiana ma questa non copre le nefandezze di casa nostra. Siamo messi male … molto male ... sul fronte Rai e Servizio Pubblico e non da ieri. Siamo messi male da quando “alcuni” e non solo tra le fila del Governo hanno voluto imprimere “fretta” a tutto e questa spinta non è venuta solo dal Governo. Siamo messi male da quando hanno voluto chiudere in fretta e furia il Contratto di Servizio in Vigilanza: vedi La Stampa di ottobre 2023 “Vigilanza Rai, le opposizioni si spaccano. Ok al nuovo contratto di servizio con il sì dei 5 Stelle. Il no di Pd, Sinistra-Verdi e Italia Viva, mentre Azione si astiene”. Siamo messi male da quando hanno voluto chiudere in fretta e furia la nomina del Cda con i vecchi criteri della tanto vituperata Legge 220 del 2015: vedi Il Manifesto del 27 settembre 2024 “Rai, 5S e AVS votano il nuovo cda con le destre. Pd furioso”.

Adesso, ieri, se ne escono con un comunicato dove si legge “Opposizioni unite: servizio pubblico è in stallo, subito applicazione dell’European Media Freedom Act” e l’altro ieri l’Usigrai si è spinto addirittura a chiedere le dimissioni del Cda. Acciperbacco, a Palazzo Chigi tremano!!!  Oggi si accorgono e si ricordano che dallo scorso anno, da maggio, è stato approvato a Bruxelles il MFA e che da subito si poteva e si doveva chiedere la sua immediata applicazione e quindi ostacolare in ogni modo la formazione di questo Cda. Nella peggiore delle ipotesi, si poteva mantenere in prorogatio il vecchio Cda in attesa di recepire il nuovo provvedimento comunitario. E invece no, qualcuno ha avuto fretta, la stessa fretta che ora Palazzo Chigi vorrebbe mettere al suo uomo, l’AD Rossi, di chiudere la partita nomine il più presto possibile. E del tutto evidente però che il “filosofo di Colle Oppio” nulla può se i partiti non dispongono e i partiti, ad oggi, a ieri sera, non riescono a disporre proprio nulla: la Vigilanza di ieri sera ha scavato l’ennesimo buco nell’acqua.

Però, abbiamo letto ieri che il senatore Speranzoni, componente della Vigilanza in quota FdI avrebbe fondati motivi per ritenere che entro l’inizio della primavera (che fretta c’era …) “…troveremo una soluzione per lo stallo in Vigilanza ..” ma non si è sbilanciato a fare nomi. Terremo conto.  

Morale della storiella: l’opposizione vuole dare un segnale di esistenza in vita forte chiaro? Ha un modo semplice per farlo: chiedere ai due suoi rappresentanti in Cda, di Majo e Natale, di dimettersi. Subito e non aspettando la primavera, magari quella del prossimo anno.

Infine, però una nota a margine: siamo messi male, molto male anche perché sembra svanita, evaporata, tutta quella opposizione non dei partiti, ma quella delle Associazioni, dei vari “gruppi di lavoro”, delle varie “chat” ora ripiegate banalmente a riportare articoli sull’AI. Siamo messi male, molto male.

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mercoledì 26 febbraio 2025

RAI: ognuno per se e prosecco per tutti

by Bloggorai ©

Ieri, alle 15.27, è stata diffuso un comunicato Usigrai molto interessante. Si legge “Se la Rai è ostaggio dei partiti il Cda se ne vada. La Rai di oggi è la rappresentazione plastica dello stallo politico che diventa stallo aziendale il CDA viene rimandato perché manca l'accordo politico sulle nomine di tre direzioni di testata che restano così ad interim un CDA peraltro presieduto da un presidente anziano privo quindi della legittimazione di garanzia richiesta dalla legge attraverso il voto favorevole di due terzi della commissione di Vigilanza. L'amministratore delegato dopo cinque mesi di mandato non ha ancora ritenuto di incontrare il sindacato delle giornaliste e dei giornalisti Rai così come non ha mai risposto alla convocazione della commissione di vigilanza evidentemente perché non ha risposte da dare. Se questo Cda non è in grado di far procedere la RAI allora faccia un passo indietro”. 

Benvenuti a bordo! Bloggorai lo scrive da tempo: questo Cda è il frutto avvelenato di un albero malato. Figlio  di un tradimento e nipote di una Legge ormai superata. 

Un sassolino nello stagno, piccolo piccolo, ma che si accompagna ad un certo rumore di fondo che si avverte nel sotto bottega delle faccende Rai. Ieri, per tutta la giornata, abbiamo avvertito molto traffico telefonico e di messaggi che ruotavano intorno al raggiungimento di un possibile accordo tra maggioranza ed una parte di opposizione per la presidenza Rai. Nota bene: tutto questo è avvenuto il giorno successivo al rinvio del Cda previsto per domani dove sarebbero dovute avvenire le nomine vacanti nelle testate e in altri ruoli. Ne abbiamo scritto a lungo nel post di ieri.

Osservazioni: è alquanto inedito e anomalo il comunicato Usigrai che chiede le dimissioni del Cda. Tra l’altro, in Cda siede un loro autorevole ex segretario, Roberto Natale, che magari se mai condividesse il senso "politico" del comunicato potrebbe fare anche da solo un beau geste almeno di minacciare le sue dimissioni: potrebbe riscuotere applausi a scena aperta ed entrare nella storia del Servizio Pubblico. Allora, perché il Sindacato dei giornalisti Rai si espone a tal punto? Solo perché Rossi finora non li ha ricevuti? Poco. C’è qualcosa di più e questo qualcosa va ricercato dentro l’area di opposizione o di ciò che ne resta dopo le macerie del “prima la riforma (quale?) e poi le nomine”.

È evidente che cresce l’insofferenza, specie tra i partiti di maggioranza e, in particolare, a Palazzo Chigi, per il perdurare dello stallo. In particolare, ci riferiscono fonti autorevoli, è proprio lì tra le fila del Governo che cresce il fastidio e la voglia di chiudere presto la partita e, forse, a qualsiasi prezzo. Rossi potrebbe aver intuito il messaggio ma non riesce a dargli seguito. È evidente che permane altrettanta la confusione (e la tensione) tra i partiti di opposizione che non sanno che pesci prendere. E, forse, proprio in questo ambito che si potrebbe cercare una risposta. Ieri ha girato con insistenza una voce che dava per raggiunto un accordo per i due voti mancanti in Vigilanza necessari a far passare la Agnes. Nessuno ha confermato e nessuno ha smentito una “non” notizia.  Certo è che, per quanto Bloggorai ha riscontrato direttamente, qualcuno disposto a riproporre il tradimento del 26 settembre c’è ... certo che c’è!!! E, di conseguenza c’è qualcuno che ha grande interesse a mantenere in vita questo Cda e dare un “aiutino” a Rossi&C. Certo che c’è! Il problema è solo di “prezzo” da pagare e "merce" da scambiare: quanto si è disposti a rimetterci la faccia cambiando posizione per ottenere cosa in cambio? 

I colleghi esperti di nomi, di trattative e di equilibri interni segnalano molti movimenti e cambi di posizione (o quota che dir si voglia) vedi quanto si legge di Ciannamea che da “quota Lega” si sarebbe spostata in altra “quota” come pure, tempo addietro abbiamo letto su La Stampa (M. Tamburino del 28 settembre) della Ammirati (RaiFiction) che da “quota” PD si sarebbe spostata in altra “quota”: “La Lega ha un'altra carta da giocarsi ma la tiene coperta: la potente direttrice di Rai Fiction Maria Pia Ammirati”. Finezze, dettagli. Ci dicono che le trattative si arenano più sui dettagli (dicono della Sala al posto della Calandrelli a Rai Cultura: chi in "quota" 5S e chi in "quota" PD?) che non sulle grandi poste in palio, come il Tg3 o la Tgr. Come abbiamo già scritto, è in corso un gioco a somma zero dove nessuno dei contendenti può vincere. Non può (o non potrebbe) vincere la maggioranza con la Agnes che non passa in Vigilanza e non può (o non potrebbe) vincere l’opposizione che non riesce a portare a casa il risultato della nomina di un presidente di garanzia. Salvo che ... salvo che ... 

Il Cda Rai e Rossi in particolare sentono l’aria che tira e si autobloccano e, esattamente come la Vigilanza, non si convocano e non procedono con il risiko delle nomine. Questa sera alle 20 è in calendario un Ufficio di presidenza della Vigilanza. Vedremo.  

Sintesi: o passa la Agnes o non passa la Agnes. Tutto il resto è noia.

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martedì 25 febbraio 2025

RAI. la nuova congiura intorno al vecchio Palazzo

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"Cesare, guardati da Bruto; sta' attento a Cassio; non avvicinarti a Casca; tieni d'occhio Cinna; non fidarti di Trebonio; fa' attenzione a Metello Cimbro; Decio Bruto non ti ama; hai fatto torto a Caio Ligario. Questi uomini han soltanto un proposito ed è diretto contro Cesare".

W. Shakespeare, Giulio Cesare, A. II, S. III

Tramano e trattano, ordiscono e complottano, sottotraccia. Intendiamoci bene: Giampaolo Rossi non è e non sarà mai nemmeno lontanamente paragonabile a Cesare e, allo stesso modo, intorno a lui non si vede nessun Bruto e tantomeno c’è Ottaviano o Marco Antonio. Però, il clima della congiura rimane lo stesso, dentro e fuori il Palazzo Rai, seppure ormai svuotato ed ombra di se stesso. E, a dirla tutta, la congiura si estende oltre i giardini di Viale Mazzini per arrivare fino in Parlamento. La battaglia di Azio è lontana e ancora non è noto chi saranno i contendenti.

Con ordine: per il prossimo giovedì 27 si stava palesando una sventagliata di nomine in Cda, alcune delle quali in sospeso da tempo. Rossi voleva chiudere la partita presto per non rimanere con il cerino in mano e essere costretto a gestire solo la paralisi dell’Azienda ma non ha fatto bene i conti con i congiurati, anzitutto suoi amici

Per rimanere nel paragone: Cesare ha proseguito il suo percorso nonostante l’avviso di Casca e Rossi, prudente o forse meglio ancora “avvisato”, ha fatto un passo indietro. Non ci interessa il “risiko delle nomine” e sulle persone che vi partecipano ma poniamo attenzione sui “segni” e sui “significati”.

L’AD in Rai non sembra godere di un buon clima. Il “filosofo di Colle Oppio” sa bene di avere il fiato sul collo anzitutto dei suoi “alleati” di Governo: la Lega con Marano e Sergio vicino ad un’area centrista simile a FI (a suo tempo si è letto di lui di aver ricevuto un endorsement sempre della Lega). I due non mollano la presa, anzi: sanno bene di avere loro le carte in mano. Marano, in qualità di Presidente, sia pure pro tempore, ha in mano il pallino del Cda e Sergio, dicono, non ha ancora digerito del tutto il suo ruolo da scalda posto a Rossi  che gli ha succeduto come AD e qualcuno sostiene che potrebbe essere pure una carta da giocarsi per la presidenza qualora la Agnes uscisse dal gioco. 

Rossi poi sa pure bene di avere un “clima” aziendale in fermento per tanti buoni motivi: dal rinnovo del Contratto dei dipendenti alla riorganizzazione reti/generi, dal Piano industriale che non fa un passo avanti, da RaiWay all’emergenza trasferimento di Viale Mazzini e così via. Il 9 novembre scorso Il Foglio titolava “Marano e Sergio i veri ad Rai” e non andava lontano dal vero. L’uno e l’altro, oltre che essere considerati “vecchi volponi” hanno un merito difficile da sottrarre: conoscono benissimo l’Azienda molto di più di quanto Rossi non ha la più pallida idea. Il suo capo Staff è un certo Davide Di Gregorio, un nome che a molti non dice nulla ma dentro il Palazzo dice moltissimo. Non a caso poi Rossi vorrebbe come super direttore dei generi Stefano Coletta che seppure "pare dicono forse" appartenere all’area “dem” (!!! cioè???) gli garantirebbe una sorta di “copertura” sul prodotto tv.

Allora, il “segno” di questo rinvio del Cda è semplice e duplice: per un verso l’AD sa bene che le scelte che vorrebbe proporre si possono infrangere sugli scogli dei delicatissimi equilibri interni e, per altro verso, sa altrettanto bene che fare i conti senza gli “osti” esterni al palazzo, ovvero i partiti, non è possibile. E sa ancora meglio che fintanto che la partita presidenza Rai non si sblocca (e non si sblocca, almeno per ora) si rimane nel guado, nella palude. Non passa giorno, ora o minuto senza leggere le lotte intestine, le faide, gli scontri, le trame e i complotti non solo all’interno della maggioranza di Governo ma anche nelle file dell’opposizione. Shakespeare avrebbe materiale per scrivere un’enciclopedia dei complotti e tradimenti.

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lunedì 24 febbraio 2025

RAI: "pesciolini ... pesciolini"

by Bloggorai ©

Come hai fatto a fare bancarotta ? chiese Bill.

In due modi - Mike disse – gradualmente prima e improvvisamente poi.

Chi ti ci ha portato?

Amici – disse Mike. Io avevo un sacco di amici. Falsi amici.

(Fiesta, E. Hemingway)

Questa citazione merita di essere scolpita nel granito a caratteri cubitali: è la perfetta sintesi di quanto succede e potrà succedere dentro e fuori la Rai nei prossimi tempi, giust’appunto tempi indefiniti e indefinibili.

Iniziamo la settimana con un pizzico di niente e un tantinello di nulla. Del resto, dopo le massicce dosi di letargico Sanremo e di “cuoricini ... cuoricini” non ci attendiamo nulla di sorprendente.

Ne approfittiamo per due sommarie considerazioni. La prima  si riferisce ad un diffuso senso di impunità e indifferenza che emerge quando si pongono problemi e questioni rilevanti. Accantoniamo per un attimo il tema del “tradimento del 26 settembre” che, ahimè, rischia di diventare stantio e noioso come un yoghurtino abbandonato al suo triste destino in fondo al frigorifero. Ma c’è un tema di assoluto rilievo strategico che richiede impegno e dibattito oggi, subito, e non alla vigilia della prossima Legge di bilancio 2026: il canone. Niente, silenzio tombale, da una parte entra e dall’altra esce. Tacciono. La tanto invocata “riforma Rai”? Muti come pesciolini rossi che girano attoniti e smarriti dentro una bolla di vetro su un mobile della cucina. La Presidenza vacante? Boh… forse sta bene così e se ne parlerà un giorno, lontano, lontano. Abbiamo posto il problema della mancata messa in onda del docu-film “Magma” (poi diffuso su La7) e, nonostante una domanda del Consigliere Natale (!) sembra che, forse, “faranno sapere”. Ieri abbiamo letto della vendita della storica sede di Venezia e, supponiamo, che si tratta di un argomento noto ai consiglieri. Commenti? Chi li ha visti? Poi ancora, abbiamo letto di un film su Enzo Tortora dove Rai non partecipa alla produzione. E così via trotterellando… e trotterellando trotterellando a quanto sembra nei prossimi giorni il Cda si dovrebbe accingere a fare nomine. Lo faranno perché hanno a cuore l’interesse dell’Azienda! Certo!

La seconda considerazione la riprendiamo da una lettrice che ci ha scritto dopo il post sulla “questione umana” posta dall’esodo forzato di Viale Mazzini. Ci pone due argomenti: il primo riguarda il “simbolo” del Palazzo di Viale Mazzini. Più o meno, la nostra lettrice sostiene: “E’ un segno visibile, tangibile, della decadenza … un piccolo regno dove il potere dentro il palazzo si esprime con stanza con piante e oggettini personali, dove molti nutrivano solo il loro ego”. Poi, considerazione fondamentale: “lavorare lontano dall’amianto … in tutta questa storia l’evacuazione forzata dal Palazzo e lo sradicamento dei loro logori potentati resi “visibili “ dallo status della stanza è stato il fatto migliore che potesse capitare”. Amen. Come dargli torto.  

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domenica 23 febbraio 2025

Ancora URGENTE: abbiamo salvato la Biblioteca Rai? No, non ancora.

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Due lettori, affezionati quanto autorevoli e attenti, ci hanno fatto due graditissimi doni. Il primo lo ha inviato per posta e si tratta di “L’Italia secondo Auditel” a cura di Massimo Scaglioni uscito recentemente. Il secondo lettore invece, prossimo allo sgombero forzato di Mazzini, ha recuperato una preziosa edizione dell’Annuario Rai del 1953 (anno di nascita di Bloggorai!!!) e ce ne ha fatto dono prima che, verosimilmente, andasse al macero. Un grande e sincero Grazie!!! Non foss’altro perché ci introduce il tema di oggi.

Come vi è noto, Bloggorai è stato il primo e solo che ha sollevato il problema del futuro della storica Biblioteca di Viale Mazzini (vedi https://bloggorai.blogspot.com/2025/02/urgente-salvate-la-biblioteca-rai.html dello scorso 6 febbraio). Ieri una lettrice altrettanto affezionata e attenta, Natalia Lombardo, ha pubblicato sul sito di  Prima Comunicazione un articolo ( https://www.primaonline.it/2025/02/22/434025/la-biblioteca-rai-rinascera-al-centro-salario-nel-2028/ ) dove si da notizia del progetto di spostamento della Biblioteca Mazzini (e della sede distaccata di Via Teulada) allo stabilimento Rai del Salario.

Grazie Natalia e grazie Bloggorai! Ci prendiamo il merito che ci spetta e che molti lettori hanno vivamente apprezzato. Ma abbiamo fatto poco: solo sollevato il problema. Necessarie alcune considerazioni.

A: perché nessuno se ne è occupato per tempo per arrivare a sapere solo ieri che, se tutto va bene, se ne parla di rivedere la Biblioteca tra tre, 3, anni ovvero nel 2028 ???

B: perché è stata individuata una  sede che peggio non si poteva: lontana, scomoda, disagiata? Non si poteva cercare un accordo con un Ente pubblico per avere un sede adeguata e vantaggiosa specie per gli studenti che non hanno facile modo di raggiungere una sede così fuori luogo?

Questa piccola vicenda è un segno tangibile di due pensieri rilevanti diffusi nel passato e ancora nel presente su cosa si intende per “gestione” dell’Azienda di Servizio Pubblico. In primo luogo un verbo assai diffuso: “ognuno per se e Dio per tutti” ovvero il raggio di azione, di progetto, di visione di cosa è o dovrebbe essere la Rai, il Servizio Pubblico, bene che vada non si estende oltre il proprio naso. La forzata ed immediata evacuazione di Viale Mazzini ne è l’esempio più evidente: tutti sapevano, da decenni, che il palazzo necessitava di interventi pesanti e il timore amianto era incombente e, seppure era in progetto il trasferimento verso la nuova sede di Viale Marconi, è stata necessaria la “crisi idrica” di dicembre per far precipitare gli eventi. Il secondo pensiero si riferisce al tema della “dismissione” ovvero dell’abbandono di territori pregiati come, appunto quello della “cultura” a favore di esigenze commerciali, di risanamento dei conti o di banali scelte editoriali. Notizia di oggi: la storica sede Rai di Venezia, Palazzo Labia, prossima ad essere ceduta. È pur  vero che si tratta di un luogo tanto simbolico quanto oggi costoso da mantenere e poco funzionale ad una sede operativa come è oggi la sede. Ma è pure vero che si tratta di un patrimonio pubblico, un gioiello di famiglia, che meriterebbe miglior fortuna che non un possibile cambio di destinazione d’uso in un nuovo Casinò o un Hotel 5 Stelle.

Torniamo sempre al punto di partenza: chi, come e in che modo ha avviato o intende proporre una riflessione sul senso, sulla missione, sul futuro della Rai e del Servizio Pubblico? Ancor più necessaria in vista del rinnovo della Concessione del 2027 che non sarà, forse, una passeggiata e dove potrebbe non essere affatto scontato il suo rinnovo alla Rai. Per quanto ne sappiamo: nessuno!!! Siamo, come abbiamo scritto, alla clava, al Neolitico di trattative sottobanco, carbonare proprio come quelle del 26 settembre, per la nomina della presidenza che ancora non ha ne capo ne coda. Punto. A capo.

Veniamo ora al secondo libro che abbiamo ricevuto: si tratta di un contributo importante per chi segue le vicende del sistema audiovisivo nazionale. Aiuta a comprendere meglio “il pubblico della Tv” attraverso l’Auditel “considerato “specchio e volano del Paese”. Suscita sempre tanta attenzione (e preoccupazione) il tema “Europa” che “ci chiede” sempre qualcosa come pure attrae tanta curiosità il dibattito sull’Intelligenza Artificiale quando invece siamo ancora a “carissimo amico” per comprendere sia il “carattere degli italiani” e quindi cosa vedono in Tv e perché (Sanremo, tanto per capirci) sia la limitatezza dell’Intelligenza Naturale che, talvolta, sembra marcare il territorio del nostro Paese. Giust’appunto, leggiamo nell’introduzione all’Annuario ’53 (anno precedente alla prima messa in onda TV della Rai): “Quali saranno le reazioni che la Televisione susciterà? Quali riflessi nel campo dello spettacolo e quali quelli nella vita sociale, morale e familiare?”.

Sono trascorsi oltre 70 anni e ancora ce lo stiamo chiedendo.

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Ps: la tanto citata BBC, da anni, studia, promuove  e dibatte su questo tema (vedi https://www.bbc.com/audio/play/b079m0ps ). Se qualcuno ha notizie di iniziative simili promosse da Rai, se ci informa offriamo un caffè in uno dei nuovi bar presso Viale C.Colombo

sabato 22 febbraio 2025

RAI: lo sbando e lo stallo, umano e politico

by Bloggorai ©

Bisogna, è necessario essere sul luogo dove le “cose” avvengono per cercare di capire il suo profondo e intimo significato umano. È necessario incontrare lo sguardo attonito e smarrito delle persone per intuire quali pensieri hanno nella loro mente. Bisogna ascoltare il loro sentimento ed osservare i luoghi dove questi si esprimono per comprendere pienamente il senso e la prospettiva di quanto accade e, ancora di più, di quanto potrà avvenire.

Abbiamo provato a passeggiare, ad incontrare amici e colleghi, intorno a Viale Mazzini, Via Asiago, Via Teulada e Borgo Angelico. Luoghi che conosciamo bene. Abbiamo incontrato alcuni di loro anche lontano da quei luoghi e gli abbiamo chiesto come stanno vivendo questo momento. “Male, grazie” è stata la risposta più frequente, condita da una smorfia di sottile dolore. “Ho perso, sto perdendo, non solo e non tanto un pezzo della mia storia, della mia identità. Comincio ad avere paura per il mio prossimo futuro che non ha più dimensione di tempo e di spazio. Non so se e quando potrò “tornare” in un luogo fisico, avere una scrivania con qualche mio piccolo oggetto. Non so se e quando potrò prendere un caffè con un collega di un altro piano e scambiare due chiacchere. Ma, forse è il timore più grande, è che questa mia “assenza” fisica possa essere l’anticipo di una ancora più grande e che, in poche parole, la mia presenza possa considerarsi “irrilevante, inutile o superflua”. Semplicemente si tratta di immaginarsi fuori, licenziato, dimesso”. Un’altra: “A Mazzini avevo una bella stanza, con le piante, e ora sono in casa, passeggio con il cane e attendo una telefonata che non arriva. Scrivo al mio dirigente che non mi risponde. Pongo problemi e faccio osservazioni e la risposta è vaga quanto inutile”  

Un altro, dopo un caloroso abbraccio (seppure di sponde politiche opposte), alto dirigente con grandi responsabilità lo incontriamo con andamento lento, vicino un noto bar intorno Viale Mazzini. “Come va? Dove sei collocato ora?”… “Va … va … in verità non lo so bene. Nel senso che ancora non ho una collocazione fissa”… “Non ci posso credere … un ruolo del tuo livello che non ha una stanza?” … “Credici ... credici … Ora ti saluto, devo andare” … ciao … ciao e tanti auguri! Ad un altro, che sappiamo essere molto bene informato sui temi della logistica, chiediamo: “Ma l’AD e il DG dove sono collocati fisicamente? Suppongo a Via Asiago?” … “non te lo so dire” che leggiamo bene con “non te lo voglio dire e non perché mi stai antipatico ma perchè non lo sappiamo ancora bene nemmeno noi dove si collocheranno”. Ahhh ... chiaro, capito. Grazie. E così via, uno/a dopo l’altro/a.

Tornando verso casa, passiamo davanti a Via Pasubio e un filo di tristezza ci pervade.

Il terremoto dell’evacuazione di Viale Mazzini non è solo un problema logistico, non riguarda solo le pesanti responsabilità di tutti coloro che da decenni sapevano e non hanno fatto tutto il possibile per porvi adeguato e tempestivo rimedio. È un cataclisma per centinaia di persone e, di conseguenza, per la stessa Azienda che d’improvviso deve fare i conti con un fenomeno umano complesso da gestire. Piccolo ma significativo esempio: la biblioteca di Viale Mazzini. Che fine faranno le persone che ci lavorano? È verosimile supporre che per il tempo necessario al suo trasferimento e alla sua nuova collocazione possa passare molto, tanto tempo. Significa che semplicemente queste persone o rimangono “sospese” o si dovranno collocare in altre strutture. Non parliamo poi del significato simbolico, iconico, della chiusura di una biblioteca o del suo trasferimento tra i campi lontani di Via Salaria. La Biblioteca non è solo un luogo di "scambio merce” di cessione di libri in prestito o in consultazione: è un luogo vivo di incontri, di confronti, di possibili iniziative di dibattito. In altre parole, la Biblioteca Rai è “servizio pubblico allo stato puro, essenziale e fondamentale. Ancora dobbiamo leggere un comunicato stampa di qualche consigliere che ha intuito il tema.  

Lo sgombero di Viale Mazzini, non a caso, si accompagna e segue da presso lo “sgombero” politico dell’Azienda. Sono mesi che è senza presidenza e nulla, oggi, lascia intendere che ci potrà essere presto. La Rai è governata “ad interim”, provvisoriamente, con due presidenti dove l’uno è ignaro dell’altro: Marano di fatto e Agnes di diritto, seppure solo governativo. Non si possono e non si dovrebbero fare scelte importanti, strategiche anche per non incorrere nel rischio di possibili danni erariali per atti compiuti senza i crismi di legittimità. 

Sicchè oggi leggiamo due notizie tutte da interpretare: la prima su Repubblica “Intesa sulle torri tv tra Rai, F2i e Mfe” laddove si parla di “intesa” ma di fatto si tratta solo di un accordo sulla scelta dell’advisor comune. La seconda la leggiamo su Il Fatto laddove si legge che l’Ad Rossi “ha deciso di non aspettare più lo sblocco della Vigilanza (che non si sblocca) e giovedì prossimo porterà in Cda Rai una serie di nomine”. Si tratta per lo più di direttori di testate (Tgr, Tg3 e RaiNews24, proprio quella oggi diretta dal noto Petrecca) e un ruolo da “poco conto” ovvero “la direzione coordinamento generi da affidare a Stefano Coletta, ultimo tentativo di far funzionare la struttura orizzontale”.

Come abbiamo scritto ieri, cercate di salvare il salvabile. Nota a margine: nel mentre e nel quando scoppiava il problema della notizia farlocca di RAiNews24, il consigliere Natale ha fatto sapere con un Comunicato stampa  di avere chiesto all’AD di “attivarsi per tempo” sui prossimi referendum. Chissà, forse, faranno sapere.

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venerdì 21 febbraio 2025

Notizie RAI: salvate il salvabile

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Digital Media Company??? Intelligenza Artificiale??? Piano Industriale? Qui siamo ancora alla clava, ai manufatti del Neolitico. Per la Rai, per “questa” Rai, c’è da perdere le speranze. Non sarà tutto già perduto ma sembra che il percorso sia tracciato sulla strada buona.

Allora ieri ci sono state due notizie che in qualche modo si legano tra loro. La prima si riferisce al titolo di RaiNews24 sul caso Delmastro che lo da per assolto poche ore prima della sentenza di primo grado che invece lo condanna a 8 mesi di reclusione. La colpa, a quanto sembra, è del suo direttore Petrecca, già scaduto e in attesa di sostituzione. Poi, ieri alle 15, viene diramato un Comunicato Stampa Rai dove si legge che “Nel corso della seduta il Consiglio di Amministrazione ha approvato all’unanimità le linee guida dell’offerta editoriale della Rai  per il triennio 2025-2027… Un piano di indicazioni editoriali che punta ad avere un posizionamento e contenuti distintivi dell’offerta nell’attuale contesto competitivo, con un adattamento ai nuovi consumi in modo da integrare meglio la Total Audience: in particolare evitando sovrapposizioni di genere e dispersione editoriale, con una proposta di valore qualitativo tra le reti generaliste e una nuova identità dei canali specializzati”. Il termine “informazione” non compare nemmeno sotto tortura come se si trattasse genericamente di un’offerta editoriale qualsiasi. sembra che appena viene evocato a molti prende un attacco di orticaria fulminante.

Andiamo con ordine. Lo abbiamo scritto e dedicato più di un post al tema informazione del Servizio Pubblico. Ci sono oggi e ci sono state nel passato forze oscure (nemmeno poi tanto oscure) che si oppongono, ostacolano e impediscono ogni tentativo di ridefinire il perimetro e l’organizzazione e la razionalizzazione complessiva delle 8 testate circa 2000 giornalisti che lavorano in Rai. Dal Piano Gubitosi, al Piano Verdelli, al famigerato “Allegato 4” del Piano Industriale 2028 e infine all’art. 27 del precedente Contrato di Servizio (non casualmente annebbiato e relegato in un inutile “Allegato 1” del nuovo Contratto) non ci sono ragioni: la “baracca” informazione Rai non si tocca. Eppure, i dati lo confermano: il Tg1 perde telespettatori, il Tg2 è sull’orlo di una crisi di nervi e, appunto, lo scriviamo da tempo, RaiNews24 galleggia da anni con numeri da prefisso telefonico di uno 0,qualchecosa e poche decine di migliaia di telespettatori pur impiegando circa 200 giornalisti e con un budget proporzionato.

Allora, lo scivolone di Petrecca per quanto grave è piccola cosa nel quadro di cosa avviene in tutta la “baracca” informazione Rai. Oggi il Fatto Quotidiano pubblica un trafiletto: “La relazione in cda. Contrordine a Rai3: "Tutto sbagliato, serve un'identità" e si legge “… è stata letta una lunga relazione interna, secondo la quale l'organizzazione per generi ha fatto perdere identità alle reti, soprattutto Rai2 e Rai3 … fuga di telespettatori e la perdita di identità in una rete da sempre caratterizzata da un rapporto stretto col suo pubblico. Che è composto in maggior parte da laureati che alla tv chiedono approfondimenti giornalistici e intrattenimento di livello. Mentre negli ultimi anni, secondo questa relazione, si è andati nella direzione opposta”.

Due osservazioni: la reti poggiano buona parte delle loro “identità” proprio nell’informazione e si fatica a distinguere i suoi problemi specifici dal resto del loro palinsesto: Rete e la sua testata giornalistica sono un tutt’uno pressoché inscindibile. Poi, si ammette, forse per la prima volta, che la discutibile “riforma per generi” non ha funzionato come lo stesso Sergio, oggi DG e ieri AD, ha sostenuto quando, gennaio dello scorso anno, che questa riforma  andava rivista.

Ovviamente, ovviamente … per tutto il resto siamo in alto mare, galleggiando appesi ad una zattera in attesa di un cargo bananiero che potrà salvare il salvabile. L’orizzonte appare vuoto.

Chiudiamo, ieri è avvenuto un dibattito al Senato, promosso dal M5S, sul tema di cui vi abbiamo parlato: la mancata messa in onda da parte di Rai del docu-film Magma sul delitto Mattarella. Nota a margine: lo ha mandato in onda LA7 ed è visibile a questo link: https://www.la7.it/la-torre-di-babele/rivedila7/speciale-la-torre-di-babele-magma-mattarella-il-delitto-perfetto-1022025-11-02-2025-579433 .

Vedi pure il post di Bloggorai: https://bloggorai.blogspot.com/2025/01/omicidio-piersanti-mattarella-lo.html

Ieri è stata posta la domanda che pure noi abbiamo posto: chi e perché ha deciso che il Servizio Pubblico non poteva mandarlo in onda? In attesa di una risposta formale della Rai ad una specifica interrogazione parlamentare, noi una possibile risposta l’abbiamo suggerita. Guardate il docu- film e poi ne riparliamo. Non è solo una pagina misteriosa della recente storia italiana ma un cartina di tornasole che ci consente di capire meglio questi giorni, come e perché siamo arrivati fino qui. Forse capirete pure perché la Rai non lo vorrebbe trasmettere e invece La 7 e Netflix si.

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giovedì 20 febbraio 2025

La politica annaspa, la RAI boccheggia

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Oggi siamo brevi e leggeri, leggerissimi, come una bolla di sapone.

Eravamo rimasti al “giorno dopo”, alla “resa dei conti” al “ci rivedremo a Filippi” ovvero al ritorno da Sanremo. Il “successo” del festival avrebbe dovuto spianare la strada per la soluzione del problema presidenza e invece siamo ancora a “Carissimo amico ... ti scrivo”. Il “successo” a parer loro c’è stato ma di ipotesi di soluzione non ne abbiamo traccia. Tanto rumore per nulla. Il messaggero del 7 febbraio titolava "La grande vigilia Rai. Il test di Sanremo decisivo per le nomine". Bum!!!

Gli unici segnali di fumo (appunto fumo) li ha lanciati nei giorni scorsi la segretaria del PD con lo stanco ed inutile ritornello “prima la riforma e poi le nomine” del quale vi abbiamo scritto dettagliatamente nei giorni scorsi (https://bloggorai.blogspot.com/2025/02/sanremo-e-il-paese-la-solitudine-della.html ).

Poi c’è da registrare una cena avvenuta nei giorni scorsi (notizia riportata oggi da il Foglio) tra sei autorevoli personaggi della maggioranza di Governo in cerca d’autore: Marano, Gasparri, Morelli, Agnes, Frangi e Filini. Equamente distribuiti, 2 a partito. Cosa ne sia uscito fuori, per ora, non è dato sapere. Sono ancora in cerca d'autore. Last minute ci è arrivata una vocina: sotto sotto, piano piano, qualcuno lavora per una "moral suasion" verso la Agnes ... del genere "fatti più in la e stai serena". 

Certo è che, al momento, per quanto abbiamo chiesto e saputo, formalmente è tutto fermo esattamente al punto di partenza, ovvero a zero. Il Governo vuole la Agnes e l’opposizione no. Punto, a capo. Si tratta di un problema semplice, cosiddetto a  “somma zero” dove si descrive una “situazione in cui il guadagno o la perdita di un partecipante è perfettamente bilanciato da una perdita o un guadagno di un altro partecipante in una somma uguale e opposta. Se alla somma totale dei guadagni dei partecipanti si sottrae la somma totale delle perdite, si ottiene zero”. Il problema quindi si risolve solo se una delle parti abdica/rinuncia al proprio interesse in gioco e quindi o la maggioranza rinuncia alla Agnes o l’opposizione la vota in Vigilanza. C’è una terza possibilità che forse, ora, potrebbe convenire ad entrambe le parti: lasciare tutto com’è, con la presidenza pro tempore al consigliere anziano Marano (Lega).

Fine del post … la bolla di sapone ha fatto “plufff”.

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mercoledì 19 febbraio 2025

Sanremo: Apologia di un "successo"

by Bloggorai ©

La fortuna, il “successo”, di Bloggorai che in sei anni è riuscito a mantenersi in buona salute e a crescere costantemente nel numero dei lettori e delle lettrici  è, forse, perché non è un partito. Bloggorai non è “in quota” a nessuno, non ha sponsor o pubblicità, non ha contratti di collaborazione e non percepisce compenso alcuno, non ha incarichi universitari ottenuti senza concorso, non viene invitato a presentare libri o moderare dibattiti. Si può quindi permettere grandi lussi di autonomia e indipendenza perché Bloggorai sa bene che i suoi lettori, le sue lettrici, appartengono a culture e sensibilità molto diverse tra loro.

Ieri due tra loro, autorevoli e affezionati, ci hanno scritto: il primo ha sostenuto che “Dopo anni e’ un festival dove ha vinto la canzone e perso la politica, a parte lo strazio di Benigni … E soprattutto ha portato i giovani a riavvicinarsi alla televisione con la T maiuscola!... Quello che i giovani non sopportano sono i pistolotti politici, che a noi dicono qualcosa ma a loro nulla!”. Sostiene il secondo lettore: il precedente Sanremo di Amadeus è stato “Un palco trasformato in un megafono ideologico, tra monologhi sull’aborto, l’agenda gender e la propaganda LGBTQ, scandali costruiti a tavolino e blasfemia finanziata con i soldi del nostro canone… Ebbene, quest’anno non se ne è vista nemmeno traccia … Nessun sermone propagandistico da agenda arcobaleno, transfemminista o woke… Nessuna menata ideologica o scandalo a spese dei contribuenti."  Per favore Bloggorai, allarga lo sguardo e prendi in considerazione tutte le sensibilità in campo”

Per certi aspetti hanno ragione tutti e due, per certi aspetti. In buona sostanza, cosa contestano a Bloggorai? mettere in discussione il “successo” non tanto nei numeri quanto nelle modalità, i mezzi, con sui è stato ottenuto. Sosteniamo e ribadiamo che i due termini "successo" e "contenuti" sono inscindibili. Leggiamo nelle loro righe un pensiero prevalente: vince la “canzone” ovvero vince Sanremo, questo tipo di Sanremo, proprio quando tiene lontano la “politica” e le sue beghe. E, in questa chiave, si trovano in buona compagnia di tutti coloro che brindano al “successo” di Sanremo 2025.

Chi segue Bloggorai da sei anni sa bene come la pensa su Sanremo (vedi i post degli anni precedenti: “domenica 11 febbraio 2024 “Sanremo: lo specchio infedele della normalità?” https://bloggorai.blogspot.com/2024/02/sanremo-lo-specchio-infedele-della.html ). Per tutti i Sanremo che abbiamo seguito la linea è stata sempre la stessa: cercare di capire e sapere, leggere il suo “senso” politico e sociale, la sua “narrazione” prevalente e l’uso che viene fatto della stessa. Ovviamente con la dovuta irritazione per quando si avvertono costantemente i mezzi e mezzucci, le tresche e i tarallucci con la concorrenza Mediaset, gli spot occulti e i giochi sui numeri dei telespettatori. Non ci siamo mai schierati dalla parte dei grossolani corifei del “successo” quale che esso sia senza mai specificare in cosa consiste questo “successo” relativo o assoluto che dir si voglia e, ribadiamo puntualmente, per come lo si ottiene.  

Allora, con buona pace di chi vorrebbe tenere lontano Sanremo dalla politica, appunto, Bloggorai si sofferma e pone attenzione esattamente su questo aspetto: il presunto “successo” di questo Sanremo lo si vorrebbe ascrivere esattamente nella sua distanza dalla “politica” genericamente intesa e financo dalla pretesa “coesione sociale”, ma anche dalla cultura, dalla società etc … ovvero “sono solo canzonette” di “cuoricini cuoricini”.  È solo su questo tema che non ci intendiamo ed è su questo tema che siamo distinti e distanti con questi due cari lettori e da altri che godono dei “numeri scintillanti” (Natale Dixit). Se si vuole affermare che Sanremo di Amadeus con gli sbaciucchiamenti di Fedez e le scarpe abusive di Travolta sono stati “battuti” da Conti ci può anche stare. Ma da qui a definirlo “successo” ce ne corre.

Giust’appunto, una volta per tutte, intendiamoci bene cosa possa significare esattamente questo termine. Treccani: succèsso2 s. m. [dal lat. successus -us «avvenimento, buon esito», der. di succedĕre, nel sign. di «avvenire» e in quello di «riuscire, avere buon esito»]. – 1. Il succedersi, il susseguirsi di fatti, di avvenimenti, o più genericamente di frazioni di tempo; con questa accezione, ormai soltanto nella locuz. avv., ant. o letter., in successo di tempo, col tempo, in un secondo momento, in seguito:  2. Ciò che segue a un fatto ed è in rapporto di conseguenza, o più semplicem. di posteriorità, con esso; quindi, in genere, esito, riuscita”. Molto semplice: buon esito successivo allo svolgimento di un avvenimento. Utile pure leggere il testo di Giorgio Gaber sul “successo”: “… Ma il successo degli anni 90, ha una sua caratteristica. Quella di coincidere totalmente con la popolarità. Uno ha successo solo se è popolare …  E questo è un bel vantaggio per le giovani generazioni. Che dovevano occuparsi della loro formazione per diventare seri, preparati, uomini di pensiero. Ma quale pensiero. La vera formazione professionale è quella che ti apre le porte per andare da Maurizio Costanzo, da Gerry Scotti, da Frizzi, e poi da Bonolis, da Castagna, dalla De Filippi e da Magalli
E anche da Marzullo ... sottovoce … Si arriva tristemente alla conclusione che per avere successo è meglio essere un po' cretini. Cretini, ma popolarihttps://www.giorgiogaber.it/discografia-album/il-successo-prosa-testo .

Sanremo ha avuto “buon esito”? Si certo. se ci limitiamo a questa semplice domanda la risposta è pari semplice. Ma Bloggorai non ha posto solo questa semplice domanda. Bloggorai ha posto il tema di “questo Sanremo” gestito e sostenuto da “questa destra” di Governo che lo ha voluto e confezionato a sua immagine e somiglianza.

Si potrà obiettare che i precedenti Sanremo avevano lo stesso “timbro” politico? No, ci verrebbe da dire proprio di no: mai avevano assistito ad una così forte e chiara marchiatura. Si tratta della più importante manifestazione televisiva dell’anno che, per la prima volta, era e doveva essere in perfetta corrispondenza politica culturale con la maggioranza di Governo che giocoforza deve sostenere che "va tutto bene". Non poteva e non doveva andare male, non poteva e non doveva essere macchiata da “pistolotti” politici, tutt’al più una leggera passatina di Benigni con una spruzzatina leggera di Malgioglio. 

Oltre Sanremo, questo Sanremo c’è tanto di più ma è ora di chiudere il capitolo e andare avanti.

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martedì 18 febbraio 2025

Il falso "successo" di Sanremo tra la banalità dei numeri e il Servizio Pubblico

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Irritante! Appare irritante e fastidioso il grossolano tentativo di far passare questo Sanremo come il “grande successo” e vieppiù “scintillante” (Natale) promosso, gestito e cantato da questa “Rai”, dalla prima Rai targata marcatamente “destra destra” con un pizzico di “centro centro” antico e nostalgico. Gli esegeti, i cantori del “successo” di Sanremo si possono solo attaccare alla canna dei meri e relativi numeri buoni per ogni minestrone. Oltre i numeri, sui quali poi c’è tutto da dire, non hanno nulla: dentro questo Sanremo niente e questo "niente" lo vogliono spacciare come "Servizio Pubblico".

Ci stanno provando in tutti i modi nel far credere che i numeri di telespettatori che hanno seguito il Festival, da sempre, rappresentano il cuore del “successo” indipendentemente da come questo è ottenuto. Ci stanno provando in tutti i modi nel far credere che i numeri di telespettatori che hanno seguito il Festival rappresentano il “Paese” televisivo intero spacciando una parte con il tutto. Più o meno come quando si dice che un partito ha vinto le elezioni con il poco più del 20% dei votanti e lo spaccia come il “voto del Paese”.  

È naturalmente, fisiologicamente, politicamente e socialmente impossibile ottenere un “successo” quale che esso sia se non si paga un forte pegno in termini di risorse impiegate, di compromessi, di rinunce e pure, se necessario, di qualche “aiutino” o gioco sporco.

Il “successo” di Sanremo lo raccontano solo sui numeri dei telespettatori che hanno seguito le serate e nulla più. Non leggiamo una sola argomentazione o riflessione oltre quelle “banali” e ricorrenti da anni che, grosso modo, si riassumono nel dire che si tratta di uno spettacolo “nazionalpopolare” che riflette lo spirito degli italiani” in modo speculare per quanto avviene con il voto politico. Per non dire che, in questo modo, dovrebbe meritare rispetto e attenzione “in quanto tale” e forse invece si potrebbe dire qualcosa di diverso e meno grossolano.

Allora, cominciamo: Sanremo ha “vinto” rispetto ai festival precedenti? C’è chi dice no e chi lo dice non sembra essere uno sprovveduto che gioca con i numeri come al lotto:

Fonte (da leggere attentamente):  https://www.mcs.it/  e in particolare https://metrics.mcs.it/Dashboard?dashboardName=4-Sanremo_metrics 

Bloggorai non possiede strumenti informatici adeguati a verificare puntualmente questo schema. Sappiamo per certo però che nel nostro Paese ci sono solo pochi soggetti (forse 3/4) in grado di maneggiare questi dati e uno tra questi è la stessa Rai che, giocoforza, se la canta e se la suona a suo piacere e gradimento. I dati diffusi sugli ascolti di Sanremo a piene mani provengono anzitutto da Auditel (e c’è molto da dire su come e quanto la Total Audience possa avere aiutato questo Sanremo) e poi rielaborati da Rai che diventa quindi fonte primaria e il risultato è “Oste, com’è il vino? È ‘boono .. è ‘boono”. Non a caso, si  è cercata di far passare sottotraccia la sconfitta di sabato sera dove i dati non hanno affatto premiato il “successo”.

Banalizziamo e semplifichiamo: una parte del Paese ha votato Meloni?  e Sanremo, banalmente, ha premiato il “suo festival” modellato a sua immagine e somiglianza nonché fortemente finalizzato a tenere basso il volume del clamore sociale e politico che si avverte fuori del Teatro Ariston. Abbiamo scritto e ribadiamo: un Festival anestetizzante e drogato. Tra l’altro, piccola osservazione a margine, sostenendo quella parte del meccanismo di voto, il voto popolare, che piace tanto a questa destra destra e che ha pure sollevato qualche piccolo dubbio su questo fronte. Ne parleremo ancora.

Una volta per tutte forte e chiaro: il “successo” di Sanremo è ottenuto da quella particolare sostanza stupefacente che si chiama “accordo di non belligeranza con la concorrenza” ovvero con Mediaset (e non solo) che da tempo ha grande interesse a mantenere inalterato il mercato che si apre dentro e intorno al Festival. Diciamolo meglio: “accordo di reciproca convenienza”. Non è la prima volta che accade e però potrebbe essere l’ultima visti gli appetiti che ci potranno essere per il suo prossimo futuro con la possibile gara di assegnazione che il Comune di Sanremo dovrà indire in caso di mancato accoglimento della sospensiva. In tal caso, non del tutto improbabile, saranno dolori ... dolorissimi.   

Il “successo” di Sanremo poi è stato ben lontano dalla pretesa e forse legittima ambizione di volersi porre come strumento di “coesione sociale”. In cosa, su quali valori, su quali temi ha sostenuto la formazione di questo “spirito” nazionale? Ribadiamo quelli che possono essere i parametri con cui si misura la “coesione sociale”: partecipazione politica, economia di benessere, cultura, salute, ambiente, solidarietà e differenze di genere? Per inciso, hanno vinto soli uomini pur con tante donne in gara. Ribadiamo la domanda: come si fa ad affermare che questo Sanremo possa essere considerato “scintillante”???

Veniamo ora ad un altro “successo”: il ricavo della pubblicità salita ad oltre 65 mln. Si parla di “record” ma non si dice perché e come è stato ottenuto. Semplicemente è avvenuto alzando i prezzi del listino che è passato dal mediamente 7 al 12% in più rispetto allo scorso anno. Aspettiamo di sapere i ricavi netti che si saranno. Negli anni passati la Corte dei Conti è stata chiara per la RAi che deve avviare una “indispensabile  e sostanziale riduzione dei costi della produzione, in particolare per quelli riconducibili al festival di Sanremo, alle fiction e alla programmazione finanziata con fondi diversi da quelli derivanti dal canone radiotelevisivo”. Il tema dela riduxion dele “colaborazioe esterne è poi, infine, la spina nel fianco posta dala recente Legge di Bilancio 2025.

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lunedì 17 febbraio 2025

Sanremo e il Paese: la solitudine della "coesione sociale" ovvero dei numeri primi

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Passata le festa, gabbato lo Santo: ovvero “la pace di Sanremo è finita, tornate alla guerra”.

Bloggorai torna nella sua comfort zone della “politica”. Si era detto, un paio di settimane addietro, che dopo Sanremo si tornava a risolvere qualche piccolo problema, piccolo piccolo: già oggi si legge “Presidenza Rai, l’effetto Sanremo per superare lo stallo”. Su questo tema ieri la Schlein, segretaria del PD, si è lanciata in una intemerata dichiarazione: “… non siamo della partita, subito la riforma”. Chissà se la segretaria del PD è stata informata dei fatti:

A: in commissione Lavori Pubblici del Senato, l’VIII, giacciono polverosi ben sette faldoni di proposte di legge.

B: di questi, ben quattro sono dell’opposizione: la n. 199 di Nicita (PD), la n.631 di Martella (PD), n, 828 di De Cristofaro (AVS) e la 1242 di Bevilacqua (M5S).

C: a parte quello del 5S che è di  settembre 2024, gli altri sono tutti datati 2022 e ’23 cioè ben prima dell’arrivo del MFA del quale queste proposte non tengono conto in alcun modo.

D: nessuna tra loro pone il problema del canone che, appunto, è ritenuto argomento fondamentale dallo stesso MFA per la garanzia di autonomia del Servizio Pubblico. Solo la proposta 5S pone il problema del finanziamento e lo risolve con la fiscalità generale.

E: quasi tutte si orientano verso una forma di governance centrata sulla “fondazione” che è argomento molto divisivo (anticamera della privatizzazione).

F: il Governo, e segnatamente FI e FdI non hanno presentato una sua proposta ed è assolutamente e banalmente  evidente che se non c’è una loro proposta non si possono avviare i lavori. Gasparri lo ha detto forte e chiaro: prima votate la Agnes e poi la riforma! In Commissione non hanno nessun calendario di lavoro e non è stata programmata nessuna audizione. Punto. A capo.

Con queste premesse che senso ha parlare e riproporre il tema “prima la riforma e poi le nomine” saporitamente stracciato e vilipeso da 5S e AVS lo scorso 26 settembre? Scrive il Corriere oggi: “Il Pd l'ha giurata a M55 e AVS per aver reso inutile il suo Aventino, consentendo la formazione di un cda” dove siedono i due consiglieri di Majo e Natale (al quale dedicheremo una nota, la merita). Con questo retro pensiero del PD da che parte si va avanti?

Talvolta, ci si pone il dubbio: meglio un dignitoso silenzio o un fastidioso e inutile rumore? Grosso modo, occhio e croce, siamo per la prima ipotesi. La sostanza è una sola ed è molto semplice. Lo stallo sulla presidenza Rai permane e nessuno sa bene come uscirne e non sarà certo il “successo” dei soli numeri di Sanremo a risolvere il problema.

A proposito di silenzio e di voci, necessario proporre qualche riflessione in coda a Sanremo. Ieri, ad un certo punto del pomeriggio, ci girano una dichiarazione del consigliere Natale che afferma “I numeri scintillanti di Sanremo sono motivo di legittimo orgoglio per il servizio pubblico … E' un concreto, eccellente esempio di come il servizio pubblico possa concorrere a costruire "coesione sociale". Se abbiamo inteso bene si vuole sostenere che “grandi ascolti costruiscono grande coesione sociale” ovvero, i numeri sono tutto. Accipicchia, che perla di saggezza!!! Merita capire e sapere di più. L’Ad e DG,  Rossi e Sergio, non hanno saputo scrivere di meglio nel loro comunicato stampa diffuso a Sanremo intorno alle 12 che però sul sito Rai, alla sezione Comunicati Stampa Corporate, tutt’ora non compare. Piccolezze, dettagli. Rimane il fatto che il consigliere Natale è molto solerte a comunicare un facile entusiasmo, non c’è dubbio, e poi magari si adombra se qualcuno, come Repubblica, scrive che si tratta di “aspirante presidente”.

Il tema “coesione sociale” è importante e merita grande attenzione e proprio per questo utilizzarlo come la rucola per metterlo dappertutto come si vorrebbe fare con Sanremo ci appare leggermente azzardato. Questo Sanremo, lo ricordiamo, ha avuto ed ha “successo” sui numeri di telespettatori che la concorrenza gli consente di ottenere, ovvero di concordare. In altre parole: se Mediaset, La7 e gli altri editori facessero la loro parte i numeri sarebbero ben diversi e Sanremo sarebbe una normale trasmissione di "relativo" successo". Tanto per intenderci, ieri vi abbiamo citato il caso del calcio (altro argomento di fortissima “coesione sociale”) cioè questo Sanremo è stato spostato di una settimana per non doversi fronteggiare con le serate televisive di Coppa Italia previste la settimana precedente. Di questo spostamento si sono avvantaggiati entrambi: Rai e Mediaset, ovvero un esplicito accordo per spartirsi i numeri degli ascolti. Si parla solo di numeri: telespettatori, share, spot pubblicitari.

Dove si legge la “coesione sociale” che invece dovrebbe riguardare parametri di partecipazione politica, economia di benessere, cultura, salute, ambiente, differenze di genere e solidarietà? Cioè, tutti temi, tutto ciò che il festival ha tenuto rigorosamente fuori e lontano dalla porta e concentrandosi tutto su “cuoricini cuoricini” e “Dio, Patria e famiglia” poi accuratamente condito da lacrime sul palcoscenico e preziose battute sul cornetto custodito nelle mutande della Clerici. Abbiamo visto Sanremo, quanto basta per rilevare che di “coesione sociale” ne abbiamo vista ben poca, però abbiamo visto il consigliere Natale comodamente seduto nella platea di Sanremo accanto al DG Sergio, alla candidata presidente Agnes e all’AD Rossi. Per “ringraziare le maestranze” si poteva farlo benissimo da Roma o comunque ci pensava l’AD a nome di tutti, o no? Piccolezze, dettagli insignificanti.

Comunque, purtroppo, come è sempre avvenuto, il capitolo Sanremo non si chiuderà tanto presto e tanto facilmente. Ieri abbiamo letto una notizia curiosa: il direttore del Tg de La7, Enrico Mentana, ha sollevato il caso del televoto, ovvero lo stesso problema degli anni passati che più di una volta ha messo in discussione il meccanismo di voto diviso tra Televoto con il 34%, giuria della Sala Stampa, Tv e Web con il 33% e giuria delle Radio con il 33%.  Molti si chiedono: perché non ha vinto Giorgia nonostante era data da tempo per sicura vincente? Tra l’altro bizzarria curiosa: il premio del main sponsor TIM a chi è stato dato? A Giorgia, appunto, testimonial della stessa TIM, ovvero TIM ha premiato se stessa. Benigni, con grande plauso bipartisan, ha fatto la battutona del secolo: di quale Giorgia si stava parlando?

Chi ha la forza, la voglia, coraggio e interesse a sollevare e indagare fino in fondo questo annoso problema? Nessuno. Punto. Certo è che la legittimità e la legalità del voto è un “problema” che non dovrebbe lasciare nessun margine di dubbio o sospetto. Con buona pace della “coesione sociale”. Se la Rai, il Servizio Pubblico, non è in grado di essere chiara e trasparente su questo punto, di cosa altro stiamo parlando?

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domenica 16 febbraio 2025

La Rai "normale" e la sua "morale"

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Manifesto apparso a Parigi al termine del “maggio del ‘68”

Ci siamo stati, ci siamo e ci saremo ancora in uno stato di banale, ordinaria, apparente o sostanziale normalità. La vita quotidiana è “normale”: il suo significato profondo è semplice. Deriva dal latino “norma” (sostantivo che indicava la “squadra” da cui “normalis” ovvero “perpendicolare”) e inoltre “regola” e quindi “normale” inteso come conforme alle “norme” cioè consueto, ordinario e regolare (Treccani). Anormale, viceversa, sta ad indicare quando si rompe la regola, la consuetudine. A ben vedere, si potrebbe divagare su un termine che si lega bene: morale, da “mores” che sono pur sempre “regole”. In soldoni: “Normale” e “morale” giocano bene insieme.

Allora, fissiamo alcuni punti fermi: Sanremo 2025 è stato “normale” e conforme alla “morale” sociale e politica prevalente. Nulla di nuovo, nulla di diverso di come il Paese era la settimana precedente e di come sarà in quelle successive.

Il Paese ha espresso una maggioranza politica di centrodestra? E questo Sanremo doveva essere ed è stato il primo dichiaratamente festival marcato “destra destra” nei contenuti che ha espresso: toni moderati, leggeri ai limiti del frivolo, tanti "cuoricini cuoricini" e tanto amore, contenuti dei testi marcatamente conservatori tutti concentrati in “Dio, Patria e famiglia” e "volemose bene". Questo Sanremo doveva battere, far dimenticare o almeno essere all’altezza di quello precedente molto intrigato sui temi LGBTQIA+ o appelli per Gaza.  

Questo Sanremo ha riscosso il “consueto” successo di numeri. Tanto più, tanto meno, siamo nella “normalità” di ascolti rilevanti che hanno consentito alla Rai di portare a casa un discreto “malloppo” di soldoni necessari come il pane per la sua sopravvivenza. Senza questi “65 milioni 258mila euro, con un +8.5% rispetto al precedente record dello scorso anno” sarebbero dolori e non pochi. Una boccata di ossigeno.

La Rai deve “esistere” !!! E’ un dogma intoccabile! Ne sono tutti convinti e i primi ad esserlo è proprio “la” concorrenza diretta e indiretta. Berlusconi padre e tale figlio lo hanno sempre affermato forte e chiaro. Con relativa moderazione. La Rai è utile e necessaria a tutto il sistema audiovisivo nazionale e, in questo caso, per il “mercato della musica” intorno al quale ruotano interessi rilevanti. Non è un caso che lo stesso Sanremo diventa la “vetrina per eccellenza” di tanti personaggi Mediaset (Gerry Scotti in apertura e la Marcuzzi in chiusura), per non dire dei “ragazzi” di Maria e dei vari cantanti  “Made in X factor” seppure di Sky.

Sanremo deve “esistere” a tale punto che nei numeri vince facile, ovvero vince perché non ha concorrenza televisiva e quando ce l’ha “fugge a gambe levate”. Quest’ anno il Festival è stato spostato di una settimana solo perché si temeva come il fumo agli occhi la concorrenza del calcio in prima serata. Sanremo vince perché Mediaset e Cairo lo consentono: la De Filippi su Canale5 si astiene con il suo grande successo del sabato sera, e inoltre tanto per capirci, sempre ieri sabato, anche Striscia si è quasi astenuta dal colpire il Festival mentre venerdì su La7 non è andato in onda Diego Bianchi e Fazio (canale 9 di Warner, lo stesso editore che potrebbe concorrere il prossimo anno per la possibile gara di assegnazione Sanremo 2026) ha ospitato Carlo Conti per dargli un “aiutino”. Durante la settimana del Festival tutti vanno in “pausa” e Sanremo vince facile: come se alla partita finale di Champions League giocassero il Real Madrid (15 coppe) contro una squadra mista di melanconici e sprovveduti “Scapoli/ammogliati”.      

Chiudiamo rapidamente il capitolo Sanremo per tornare alla nostra banale e ordinaria “normalità” di pane e politica di cui Bloggorai si nutre spesso e volentieri. La domanda cruciale è semplice: come archiviamo questa settimana e per cosa entrerà nella storia? Per paradossale che possa apparire, entrerà forse proprio per il nulla, per il vuoto cosmico, per la narcosi totale che ha diffuso a piene mani e che, almeno per i numeri, è stata bene accolta ed assorbita. Il Sanremo appena concluso “Made destra destra” ha voluto rimarcare un messaggio forte e chiaro: abbiamo tutto sotto controllo, la “nostra” Rai “non cerca polemiche, ma solo canzoni” (Ciannamea dixit) e quindi va tutto bene, state tranquilli e pensate ai “cuoricini cuoricini” pure se conditi con qualche lacrimucccia dedicata alla Mamma che fa sempre tanto bene. La “sinistra televisiva” si è accontentata di quello che passava il convento, plaudente confusa e soddisfatta con la sua punta di diamante in Benigni sobrio, garbato e fastidioso al punto giusto, non si è offeso nessuno, anzi … consente pure di sostenere “vedi la Rai “meloniana” che ha dato spazio pure al comico toscano”. Chi ha la forza, la voglia e il coraggio di dire che “Sanremo è una boiata pazzesca!” anche se i numeri gli danno ragione (ma fino ad un certo punto).

Bene così, torniamo, rimaniamo e godiamo della nostra “normalità”. In fin dei conti, se non ci sbatte in faccia qualche drammatica e "normale" vicenda può essere pur sempre comoda e facile da gestire.

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sabato 15 febbraio 2025

La RAI dei cuoricini e del "volemose bene", di destra destra, di centro o di sinistra


È in preparazione il post di chiusura di questa stagione Sanremo.

Cercheremo di capire cosa è successo e cosa rimarrà nella storia.

Intanto, però, date un occhio a questi numeri e poi ne parliamo:




Rimanete sintonizzati 

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venerdì 14 febbraio 2025

Sanremo di "destra" gaudente o di "sinistra" che non comprende?

by Bloggorai ©

Prendetevela comoda, comodissima, se volete. Oggi andiamo lunghi, lunghissimi, non  foss’altro per apprezzare il successo del post di Bloggorai di ieri.

A proposito di “successo” di “questo” Sanremo: si intravvedono  con chiarezza i due mondi. Il mondo di “destra” gaudente che applaude alla vittoria dei numeri contro il “commmunista” politicizzato (come i giudici) di Amadeus e per il “grande successo del Servizio Pubblico” (questo, beninteso … non quello di prima) e il mondo di “sinistra” che pure applaude allo stesso “grande successo del Servizio Pubblico” però esitante e confusa su come interpretarlo e giustificare il consenso di cui gode, a prescindere.

I lettori di Bloggorai di destra (ce ne sono tanti) e anche alcuni tra quelli di sinistra (ce ne sono tanti) ritengono che fare valutazioni critiche sul consueto successo di questo Sanremo, il primo integralmente “targato” di destra destra, governativo e meloniano, possa far esprimere il sentimento della “rosicata” o, peggio ancora, un perverso e  malevolo sentimento “anti Rai”. Come si legge oggi su Libero “Non ci vogliono credere, nel Pd, che un Sanremo depoliticizzato piaccia più dei loro frullatoni ideologici. Sono spiazzati dal fatto che si possa avere successo anche se al posto delle ammucchiate di Rosa Chemical si canta l’amore per la mamma di Simone Cristicchi”.  

Andiamo oltre. Ci sono tre storielle parallele che meritano di essere raccontate a priori. Ricordare questi nomi: Pippo Balestrieri, Giancarlo Leone e Roberto Natale. Magari dopo.

Bloggorai appartiene ad una generazione che, per molti aspetti, si può ritenere fortunata. È nata all’indomani della fine della Guerra ed ha potuto assistere alla “ricostruzione” degli anni ’60. È stata una generazione che, in qualche modo, si è collocata ed è cresciuta nel mezzo tra un passato non ancora terminato e un futuro non ancora iniziato. Questa generazione si affacciava al mondo con le stimmate di una cultura politica e sociale marcata ancora dal secolo precedente e con i primi sogni di un secolo nuovo che stava per arrivare, forse pure in anticipo.

Questa generazione si è trovata “giovane” alle fine degli anni ’60 ed ha respirato quella grande aria del “rinnovamento” che preludeva ad una nuova era: il dilagare dei mutamenti sociali anche indotti dai nuovi equilibri geopolitici mondiali e dalle nuove tecnologie che si stavano affermando. Quando questo periodo stava per declinare, agli inizi degli anni ’80, già lo sguardo era rivolto ad un passato prossimo nostalgico: in Spagna venne coniato il termine “desencanto” mentre in Italia la “classe operaia” stava diventando altra e diversa, gli studenti volevano diventare “pantere” ma non ci sono riusciti più di tanto. Infine, arriviamo ai primi anni ’90 e dilaga il Web, Internet, le mail, la comunicazione digitale e un nuovo secolo sta per cominciare.

Molti di questa generazione (come Bloggorai) non hanno un profilo Instagram, non smanettano TikTok, guardano poco le clip video su tablet o sul cellulare e a malapena usano FB. Usano tanto però Whatsapp perché, comunque, è uno strumento facile da gestire ed è certamente utile, quasi indispensabile. Questa generazione non comprende subito il significato di “hype”, “dissing” e “gringe” nonostante sia in grado di balbettare e comprendere due parole due in inglese.

Torniamo a ieri: questa riflessione di cui sopra ci aiuta a porre la domanda che si aggira irrisolta. Perché il (consueto) successo dei soli numeri di Sanremo? Come è possibile interpretare/comprendere che la dose massiccia di cloroformio, di etere mediatico, di torpore sociale diffuso con il lanciafiamme, riesce a tenere incollati di fronte alla Tv un numero così elevato di telespettatori? Lasciamo perdere i “giovani” con nuovi device perché, ci dicono, contano poco ai soli fini della Total Audience. Si leggono e si ascoltano troppo facili e troppo banali le risposte correnti. C’è qualcosa di più che non è facile rilevare. Il “popolo” di Sanremo, come vi abbiamo dettagliato ieri, è composto da “un pubblico molto adulto (over 45) prevalente femminile, residente più  al Nord in città di Provincia e mediamente istruito”. Un pubblico non ancora “anziano” ma non più giovane, cioè collocato esattamente nel mezzo di quel cammino dove non sa più se è meglio rivolgersi al recente passato o all’immediato futuro. Nostalgia degli anni ’80 con i Duran Duran? Entusiasmo per i nuovi rapper o trapper “de noantri”?

Da giorni ci ronza per la mente una riflessione che si titola “educazione sentimentale”. Si tratta di una riflessione che ha più punti interrogativi che esclamativi. I grandi fenomeni di mutazione sociale e culturale richiedono tempo, molto tempo per essere evidenti e rilevanti. Fermo restando che siamo sempre nel campo delle scienze della comunicazione, viene facile ritenere che siamo in presenza di un “pubblico” televisivo (si tratta pur sempre di una parte del tutto che consiste in oltre 20 mln di persone in prima serata) che, occasionalmente in presenza di Sanremo, esprime e svela i suoi caratteri dominanti che, nel resto dell’anno, rimangono diluiti e sottotraccia. È un pubblico “educato” televisivamente da tempo ai buoni sentimenti della leggerezza, al frivolo, al fotoromanzo, alla cronaca nera, al taglia e cuci che si espande financo alla politica. In poche parole, il “successo” di Sanremo c’è sempre, è parte intrinseca, dinamica e costante dell’ascolto televisivo e del comportamento sociale per 360 giorni l’anno che poi emerge, si esprime e si rappresenta nei 5 giorni restanti e magari successivamente si trasforma in voto politico.

La domanda è semplice: c’è relazione  tra i “successi” di Sanremo e il consenso politico?

Ieri vi abbiamo scritto di un “ordine di scuderia” che vorrebbe questo Sanremo che “aveva ed ha un compito ben definito: sopire, troncare e addormentare prima possibile e con forti dosi di bromuro. La “politica”, il Governo, in questo specifico momento non ammette traumi, non consente “rotture” o frizioni che dir si voglia e l’ordine di scuderia è partito forte e chiaro: dentro, intorno e fuori il Festival fate quello che volete ma non piantate grane, portate a casa i soldi della pubblicità e zitti e buoni”. Sembra esserci “assonanza” quindi tra il Festival e il “clima” politico che si respira.  

Si tratta poi pur sempre di quel pubblico che in Rai, ad esempio, sostiene prodotti “vintage” come le ennesime repliche di Montalbano o Don Matteo, del gossip delle varie domeniche pomeriggio o, peggio ancora, di quello che era Rai Tre con  le tresche di qualche personcina “social”. A Mediaset su questo tema sono più bravi: propongono la stessa “narrazione” con l’aggiunta di un pubblico un po’ più giovane di Rai (differenza di circa 10 anni) che, non a caso, poi rivede i suoi personaggi a Sanremo (De Filippi e i suoi ragazzi e Gerry Scotti).


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ps. abbiamo sempre le tre storielle da raccontare ... tenetelo a mente