sabato 2 settembre 2023

La Crisi

Foto di Justin Martin da Pixabay

Prima o poi doveva succedere. Prima o poi, ne eravamo certi, sarebbe successo anche a noi. Prima o poi, sarebbe stato ineluttabile caderne preda. Prima o poi, avremmo dovuto fare i conti con la nostra natura, la nostra cultura, che da migliaia di anni ci ha indotto a tenerne conto. Prima o poi, avremmo dovuto prendere di petto, a brutto muso, quel “qualcosa” di indefinito e forse di temibile che non ci piace, di cui temiamo gli esiti incerti e forse spaventevoli. Prima o poi, ci dobbiamo svegliare e destarci dal sonno della ragione e mettere in conto l’irragionevole e l’irrazionale.

 Questa mattina ci eravamo svegliati con il proposito di proporre una sommaria riflessione sul termine “crisi”. Si tratta di un termine assai dibattuto e dai confini labili e incerti. Interessa ogni sfera, individuale e collettiva. Ovviamente, abbiamo sul comodino il testo fondamentale in grado di darci un autorevole conforto: “Per una teoria della crisi” dove Edgar Morin ci illumina su un aspetto di questo termine che spesso viene sottovalutato o posto in secondo piano rispetto ad altre sue declinazioni. Spesso ci si allarma, giustamente, per le “crisi” globali di carattere economico, umanitario, ambientale e geopolitiche ma non parimenti si tiene in debita considerazione la “crisi” matrice di tutte le altre: quella “morale” ovvero quella dei valori, ovvero quella di pensiero. Nel nostro Paese si avverte in modo rilevante e significativo in ogni ambito della vita sociale: dalla politica alla cultura, dalla sanità all’arte. Si fatica ad intravvedere un “pensiero” forte, autorevole, ampiamente condivisibile. Quando, ad esempio, si dibatte di politica, la battuta più comune è quella sulla leadership “Non ci sono più i De Gasperi o i Togliatti di una volta!” come pure non ci sono più le sezioni dei partiti, i muretti, i cortili o i campetti di calcio dove non bisognava pagare per tirare due calci al pallone.   

L’argomento ci deriva da quanto abbiamo più volte scritto: la RAI (e non solo) sta attraversando un profondo e forse devastante momento di “crisi” (alcuni sostengono che si tratta di “crisi sistemica” ovvero organica, naturale, periodica) che l’attraversa in ogni suo recondito meandro. Per come la vediamo noi, non è così. C’è qualcosa di specifico e determinato che la rende dissimile da ogni altro momento storico precedente. Ci sono “crisi” esterne determinate dall’ingerenza del Governo e della politica e “crisi” interne” derivate da una cultura aziendale ormai ridotta a pura sussistenza e lotta per la sopravvivenza delle posizioni acquisite dei vari soggetti interessati. Ieri le abbiamo elencate per gradi categorie: economica, editoriale, tecnologica e normative. Per ognuna di esse ci si potrebbero scrivere capitoli enciclopedici.

Poi, però, man mano che l’arietta fresca della campagna umbra lasciava il posto ad un piacevole e profumato tepore autunnale, si è materializzato un forte dubbio ci siamo chiesti: ma ne vale la pena occuparsi di RAI e dei suoi piccoli o grandi problemi? Può essere ancora interessante occuparci di RAI, di questa RAI e delle sue “crisi”? Oppure, come forse giustamente molti sostengono, sarà il caso di lasciarla andare al suo lento, ineluttabile e certo destino di declino ed occuparci di altro? Ad esempio, dell’Intelligenza Artificiale, un tema certamente di grandissima rilevanza e di sicuro impatto per la vita sociale e democratica non solo del nostro Paese. Questo argomento, già da ieri, oggi e nelle prossime ore, giorni e settimane inciderà profondamente sulla nostra vita individuale e collettiva molto più di quanto possa avvenire a seconda o meno se il canone Rai potrà diminuire o meno, a seconda o meno se il prossimo Festival di Sanremo potrà essere condotto da Tizio o da Caio.

Questo è un momento di “crisi”.

bloggorai@gmail.com

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