Questa mattina ci eravamo
svegliati con il proposito di proporre una sommaria riflessione sul termine “crisi”.
Si tratta di un termine assai dibattuto e dai confini labili e incerti. Interessa
ogni sfera, individuale e collettiva. Ovviamente, abbiamo sul comodino il testo
fondamentale in grado di darci un autorevole conforto: “Per una teoria della
crisi” dove Edgar Morin ci illumina su un aspetto di questo termine che
spesso viene sottovalutato o posto in secondo piano rispetto ad altre sue declinazioni.
Spesso ci si allarma, giustamente, per le “crisi” globali di carattere economico,
umanitario, ambientale e geopolitiche ma non parimenti si tiene in debita
considerazione la “crisi” matrice di tutte le altre: quella “morale” ovvero quella
dei valori, ovvero quella di pensiero. Nel nostro Paese si avverte in modo
rilevante e significativo in ogni ambito della vita sociale: dalla politica alla
cultura, dalla sanità all’arte. Si fatica ad intravvedere un “pensiero” forte, autorevole,
ampiamente condivisibile. Quando, ad esempio, si dibatte di politica, la
battuta più comune è quella sulla leadership “Non ci sono più i De Gasperi o i Togliatti
di una volta!” come pure non ci sono più le sezioni dei partiti, i muretti, i
cortili o i campetti di calcio dove non bisognava pagare per tirare due calci
al pallone.
L’argomento ci deriva da quanto abbiamo più volte scritto:
la RAI (e non solo) sta attraversando un profondo e forse devastante momento di
“crisi” (alcuni sostengono che si tratta di “crisi sistemica” ovvero organica,
naturale, periodica) che l’attraversa in ogni suo recondito meandro. Per come
la vediamo noi, non è così. C’è qualcosa di specifico e determinato che la
rende dissimile da ogni altro momento storico precedente. Ci sono “crisi”
esterne determinate dall’ingerenza del Governo e della politica e “crisi”
interne” derivate da una cultura aziendale ormai ridotta a pura sussistenza e
lotta per la sopravvivenza delle posizioni acquisite dei vari soggetti interessati. Ieri le abbiamo elencate
per gradi categorie: economica, editoriale, tecnologica e normative. Per ognuna
di esse ci si potrebbero scrivere capitoli enciclopedici.
Poi, però, man mano che l’arietta fresca della campagna
umbra lasciava il posto ad un piacevole e profumato tepore autunnale, si è
materializzato un forte dubbio ci siamo chiesti: ma ne vale la pena occuparsi
di RAI e dei suoi piccoli o grandi problemi? Può essere ancora interessante
occuparci di RAI, di questa RAI e delle sue “crisi”? Oppure, come forse giustamente
molti sostengono, sarà il caso di lasciarla andare al suo lento, ineluttabile e
certo destino di declino ed occuparci di altro? Ad esempio, dell’Intelligenza
Artificiale, un tema certamente di grandissima rilevanza e di sicuro impatto
per la vita sociale e democratica non solo del nostro Paese. Questo argomento,
già da ieri, oggi e nelle prossime ore, giorni e settimane inciderà profondamente
sulla nostra vita individuale e collettiva molto più di quanto possa avvenire a
seconda o meno se il canone Rai potrà diminuire o meno, a seconda o meno se il prossimo
Festival di Sanremo potrà essere condotto da Tizio o da Caio.
Questo è un momento di “crisi”.
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