Rarissimo trovare parole tanto profetiche e perfettamente adeguate alla notizia del giorno clamorosa: cultori del Servizio Pubblico Radiotelevisivo, collezionisti di puntate della Nonna del Corsaro Nero, nostalgici di Non è mai troppo tardi, raccoglitori di figurine di Corrado e Mike Buongiorno, feticisti delle Sorelle Kessler nonché fedeli seguaci del Tg1 in epoca Maggioni o adepti della setta (non Monica) dei praticanti Domenica In .. mettetevi l’anima in pace, preparate i bagagli, attrezzatevi a tempi cupi, duri, aspri e mettete una sveglia: la Rai potrebbe estinguersi come i dinosauri. Esattamente tra sette anni, ovvero tra circa 392 settimane, ovvero 2520 giorni e spicci, preparatevi ad abbandonare la scialuppa di salvataggio e dimenticate il passato: la Rai per come l’avete conosciuta, per come l’avete praticata, forse potrebbe non esserci più e lo stesso nome potrebbe cambiare. Gli esperti ci stanno lavorando: TTI (Tele Tablet Italiana), oppure VSN (Video Streaming Nazionale) sono le ipotesi più gettonate.
È tutto vero e la notizia arriva da un fonte qualificatissima e molto accreditata anche al VII piano di Viale Mazzini: Tim Davie, CEO della BBC che ha dichiarato nei giorni scorsi a The Guardian chiaro e tondo che “The BBC is preparing to shut down its traditional television and radio broadcasts as it becomes an online-only service over the next decade...Imagine a world that is internet-only, where broadcast TV and radio are being switched off and choice is infinite… A switch-off of broadcast will and should happen over time, and we should be active in planning for it.” Chiaro!!! Tutto on line e ci si prepara da subito, subitissimo, senza attendere oltre. E forse, qualcuno teme, è già troppo tardi.
E a Viale Mazzini come stanno messi? È Rai Play la scialuppa di salvataggio alla quale aggrapparsi disperatamente? Il nuovo Governo che si affaccia a governare la Rai che dice? Sono pronti, allarmati, avveduti per il cambiamento epocale? Bho! Non è dato sapere e ancora per un po’ non lo sapremo. Non sappiamo se, bontà loro, Letta e Conte si decideranno a chiudere il pacchetto della nomina della Vigilanza Rai e non farla diventare merce di scambio. Non sappiamo se e quando potrà riprendere l’iter di scrittura del nuovo Contratto di Servizio e conseguente Piano industriale. Non sappiamo se e come si potrà chiudere quello strano affare della vendita di Rai Way. Non sappiamo se e come si potrà arginare la progressiva perdita degli ascolti e così via trotterellando.
Noi, nel nostro piccolo, non si sa mai … ci stiamo preparando e per quel tempo, metteremo on line un nuovo Blog con il titolo “Bloggoweb” e poi, nel 2030, beato chi avrà un occhio.
Bene. Andiamo avanti. Oggi solo una notiziola ma pesante e si riferisce al Cda di Domani dove verrà proposto il nome di Nicola Rao per il Tg2. “Los ombres hablan des personas, lo Caballeros hablan des cosas”. I consiglieri domani non dovranno votare solo su un nome, su una persona, ma su un principio che gli fatica ad entrare nei loro ragionamenti: con quali criteri si presenta un nome? Come e da chi è stato scelto? Dal solo AD in quanto tale, da lui stesso medesimo o concordata “Vuolsì così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare” come abbiamo letto nei giorni scorsi quando la Meloni e Fuortes si sarebbero incontrati? È stata fatta una comparazione per titoli, meriti, esperienza e competenza? Niente, non ce la fanno. Il solo criterio à la vera o presunta appartenenza ad una “quota”, la simpatia o l’amicizia con il governo di turno, quale che esso sia.
Bene. Ora andiamo indietro. Ieri sera ci siamo imbattuti su Rai Tre dove alle 23.30 è andata in onda la trasmissione Fame d’amore riferita ai problemi di giovani con disturbi di varia natura. Al termine, sui titoli di coda, la sorpresa: una coproduzione con la società Ballandi. Non è possibile! Ma come si può giustificare che la Rai, coni suoi potenti mezzi e le centinaia di persone capaci e competenti di cui dispone, non è in grado di produrre autonomamente un programma del genere? Il “concept” dovrebbe appartenere in assoluto al DNA del Servizio Pubblico (do you know “coesione sociale” &C ???) come pure l’organizzazione, la dotazione di un/una giornalista in grado di reggere un microfono e fare domande? O No? Ma per quale dannato motivo ci si deve rivolgere ad una società di produzione esterna per fare un programma del genere? Come abbiamo pure scritto ieri per il programma di Malgioglio su Rai Due, sempre di Ballandi. Come pure, abbiamo letto ieri, il comunicato dei sindacati Rai dove si denuncia che “… la creazione del logo per edizione 2023 del Festival era stata dapprima assegnata ad un progettista interno del reparto videografica che, a tempo pieno per alcune settimane, si era occupato di tale incarico. Il progetto era stato terminato per tempo, visionato e approvato dal regista e dal Direttore Artistico del Festival. Dopo svariati giorni dall'approvazione di una delle proposte presentate, la Direzione Prime Time e la Direzione Comunicazione si sono confrontati concordando la realizzazione di una proposta alternativa, appropriandosi di fatto del progetto, sottraendolo alla Direzione Produzione TV di Roma (e quindi al reparto di videografica) fino a quel momento incaricato della commessa”.
Sembra quasi che per molti l’Azienda Rai viene data per estinta prima ancora del 2030. Chissà se domani in Cda ci sarà tempo, spazio e modo di sollevare anche questo problema.
Ultima nota: ieri il Quotidiano del Sud ha pubblicato un articolo a firma Marco Mele ancora sul tema del 21 dicembre e della grande “pubblicità ingannevole” che sta andando in onda sugli schermi Tv. Per quanto ci risulta, la Rassegna Stampa Rai si è fermata ad Eboli e dell’articolo ci dicono che non ci sono tracce. Evidentemente, l’orizzonte dell’Ufficio Stampa di Viale Mazzini si ferma alle pianure pontine e più giù non scende.
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