Bene, a questo punto dobbiamo riprendere un sostantivo che abbiamo appena scritto: malinconia. È stato utilizzata come pietra miliare per descrivere lo stato “mentale” (oltre che sociale, politico, economico etc) del Paese nell’ultimo Rapporto Censis presentato nei giorni scorsi e alquanto ignorato nella stampa nazionale. Leggiamo : “Quella del 2022 non è una Italia sull’orlo di una crisi di nervi: si cerca una profilassi per l’immunizzazione dai pericoli correnti. Ma i meccanismi proiettivi, che spingevano le persone a fare sacrifici per essere migliori, adesso risultano inceppati e la società indulge alla malinconia”. Che significa esattamente questo temine e perché potrebbe riassumere il sentimento nazionale alla fine dell’anno in corso? Dalla Treccani leggiamo : “μέλας «nero» e χολή «bile», propr. «bile nera»; cfr. atrabile]. Pensiero, avvenimento, ricordo che rende tristi, depressi”. Leggiamo poi che Ippocrate considerava la “malinconia” come derivato della prevalenza di uno dei quatto “umori” presenti negli organismi umani ovvero sangue, acqua, bile gialla e bile nera. Per ognuno di essi si riconducono quattro “toni” mentali e corrispondenti atteggiamenti: sanguigno, flemmatico (da flegma), collerico e, appunto, melanconico. Brutalmente e semplificando: lo stato melanconico è tipico dell’umore nero.
Il Censis, ha colto nel segno: la grande mutazione genetica in corso nella società italiana è il frutto di grandi tensioni dalle quali è difficile sfuggire: la pandemia, la guerra, l’economia e l’assenza (o forse la percezione di essa) di un disegno strategico in grado di fornire coesione sociale, identità individuale e collettiva. Molti anni addietro lo scrisse bene De Rita: “Un Paese in mezzo la mare con le vele spente e senza direzione verso cui andare”. Ognuno si salva come può: ci si ritira nei comodi rifugi che ognuno è in grado di costruire e poi speriamo che possa andare meglio.
In questo clima, con questo quadro, c’è da essere entusiasti e ottimisti? All’apparenza poco: tant’è che sempre il Censis ci dice che gli italiani sono molto preoccupati per oltre il 50% della possibilità che possa iniziare una guerra mondiale e scoppiare una bomba atomica.
Ovviamente, direbbe Fuortes, ci incuriosisce molto riflettere su come e su quanto questo sentimento nazionale viene espresso, riflesso e raccontato dalla Rai. Ovviamente, la malinconia non è misurabile con l’Auditel e non esistono altri metodi di valutazione. Si tratta solo di sottili percezioni, di vaghe intuizioni, di leggere sensazioni: in questo esatto momento la Rai non ha un progetto, non ha un nuovo Contratto di Servizio e un nuovo piano Industriale. Non solo non si sa se e quando li potrà avere ma nemmeno di quale segno potranno essere: sopravvivere con il “pareggio di bilancio” o sviluppare rischiando oltre la siepe?
Avvertiamo anche noi un certo senso di malinconia.
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