venerdì 21 ottobre 2022

La Rai tra Marx e Totò

"Gli uomini fanno la propria storia, ma non la fanno in modo arbitrario, in circostanze scelte da loro stessi, bensì nelle circostanze che essi trovano immediatamente davanti a sé, determinate dai fatti e dalla tradizione”. Si tratta ora di capire se, come scrive Carl Marx nell’incipit del 18 Brumaio di Luigi Bonaparte, è la tragedia che precede la farsa e non viceversa.

Quanto accade in questi gironi dentro Viale Mazzini è la sintesi perfetta, la quintessenza, il distillato puro di confusione, incapacità e scelleratezza unite ad una certa dose di comicità assoluta. Totò e Peppino non avrebbero potuto fare di meglio.

Cdr delTg1: Fiorello no!!! È uno sfregio !!!

Adrai: Fiorello si!!! È un asset strategico!!!

AD Fuortes 1: Fiorello forse… stiamo valutando … è un progetto

AD Fuortes 2: Fiorello si, ma non su Rai Uno ma su Rai Due

Cda Rai: di cosa stanno parlando? Non ne sapevamo nulla!

Cdr Tg1: Fiorello … ti vogliamo bene

Fiorello:  grazie Fuortes e grazie Coletta, non desideravo altro!

Bruno Vespa: ahooo ... voi del Tg1 avete rotto le scatole (eufemismo)

siamo in attesa del comunicato del Cdr del Tg2  quando saranno note le sorti politiche del suo direttore, forse al Governo

Bene, speriamo di chiuderla qui e non doverci tornare sopra ancora salvo doverci sbellicare ancora dalle risate che, comunque, sono sempre gradite.

Ma cosa ci dice questo film, cosa ci racconta in buona sostanza questa piccola storia ignobile che ci tocca raccontare? Ci porta dritti dritti al cuore di un problema “storico”: la cosiddetta riforma per generi e al suo fallimento dichiarato e anticipato. Non facciamo il riassunto perché ormai troppo datato (da oltre 20 anni) e ci limitiamo solo all’era moderna. Fuortes appena insediato non sa che pesci prendere e gli suggeriscono di salvare il salvabile riesumando il pesce lesso del vecchio piano industriale di Salini e così ad agosto 2021 dichiara solennemente “la  nuova rivoluzione Rai”. Molti, compreso a Palazzo Chigi, storcono il naso e comunque il personaggio tira dritto e vara la ristrutturazione: abolisce le reti e nomina 10 direttori ai quali, in testa mette la Superdirezione attualmente in capo a Marcello Ciannamea, da tempo accreditato e quotato per ogni nuova stagione politica a carico della Lega o qualcosa di simile (digitare il suo nome e quota Lega e confrontate).

Dunque, così van le cose del mondo: i direttori di genere non hanno la forza, la capacità di decidere nulla se non preventivamente concordato e deciso da Distribuzione (testuale: “Il genere Approfondimento, su specifiche indicate dalla Direzione distribuzione, sviluppa e seleziona i formati…”). In altri termini, come il caso Fiorello conferma, la linea di comando è semplice: Fuortes decide, Ciannamea esegue e i direttori incassano (finche possono oppure si mettono di traverso). La prova provata la fornisce questa mattina  Michela Tamburino su La Stampa sempre su Fiorello: “A proposito dei costi, il progetto rientra nel budget dell'amministratore delegato dunque nelle sue esclusive competenze, perciò il programma non dovrebbe superare quei dieci milioni di euro a sua disposizione”. Infatti, nessuno può dire che non si sapeva nulla che la trattativa era gestita direttamene da Fuortes per quanto era noto pubblicamente già dal 4 agosto come abbiamo riportato su Bloggorai. A casa mia chi paga comanda e così avviene in Rai dove non si dovrebbe muovere paglia senza una preventiva allocazione di budget.

Dunque il problema è il processo decisionale dei programmi che si devono varare, quali sono le linee guida, quali le coordinate e qual è l’inserimento strategico nel complesso dell’offerta editoriale del Servizio pubblico. Ed ecco che si assiste al “caos primordiale” dove non si capisce mai se un programma appartiene ad un genere oppure ad un altro: Zanchini e Augias la domenica pomeriggio sotto la direzione Cultura, l’Annunziata sotto la direzione Approfondimenti,  documentari prodotti da Rai Fiction, Fazio a Cultura ed Educational  e così via trotterellando.

A Bloggorai viene spesso rimproverato di fare eccessivo affidamento alla logica dei “piani” che siano  istituzionali (Contrato di Servizio), industriali o editoriali. Fino a prova contraria però rappresentano la sola possibilità di far cadere il cielo sulla terra e stringere entro norme e disposizione comportamenti e scelte che altrimenti sarebbero (e spesso sono) del tutto arbitrarie. Siamo ancora in fervida attesa di conoscere e approfondire le linee guida di un Piano editoriale complessivo e strategico che ancora non si palesa all’orizzonte.

Il tema del fallimento storico della riforma per generi (datata intorno all’era geologica 2000, quasi il secolo scorso) è tutto nella sua assoluta carenza di visione editoriale nei prodotti e nelle reti destinati a metterli in onda. In poche parole, è la forma che oscura la sostanza, è l’architettura esterna che cela le magagne di ingegneria interne. Oggi si passa indifferentemente Fiorello da Rai  Uno a Rai Due come se nulla fosse, come se i loro “pubblici” fossero assolutamente identici e intercambiabili, nel giro di poche ore, di pochi giorni. Ai pubblicitari cosa è stato venduto? Come pure si cambia un direttore di Genere (Orfeo) perché non avrebbe riscosso la fiducia dell’AD senza poi sapere se  il suo operato sia stato giusto o sbagliato. Il tutto sapientemente condito da un aumento di personale, di spazi e di format acquistati all’esterno, di agenti che imperversano e di società esterne che ingeriscono a piacimento.  

Andiamo avanti così …  fra poco per occuparci della Rai dovremmo chiedere la collaborazione del WWF, di Greenpeace, dei Boy Scout in pensione.

bloggorai@gmail.com 


 

1 commento:

  1. Che in Rai regni il caos è evidente. Ma che la riforma per generi ne sia concausa trainante è tutti da dimostrare.

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