sabato 13 novembre 2021

I Profeti del Passato (tanti) e quelli del futuro (pochi)

Foto di Guy Dugas da Pixabay

Pensierino della sera. Nebbia fitta nella bassa Val Tiberina, a sud di Perugia per intenderci. Alle 5 del pomeriggio non è ancora freddo intenso ma è già buio e l’umidità ti penetra nelle ginocchia già traballanti per conto loro. Meglio rientrare. Il camino è acceso mentre i gatti in casa, sonnacchiosi, si godono il tepore. Sta bruciando legna di lauro ceraso e pigne varie, raccolte da alberi diversi, e si spande il profumo di resina. Ve bene così.

La nebbia per un verso attutisce i ragionamenti, per altro verso consente una maggiore concentrazione perché sfronda i dettagli e fa emergere solo i tratti importanti. Tutto questo, oggi pomeriggio, mi fa pensare a qualcuno che riemerge, che ritorna da un passato, più o meno lontano per ricordarci cose oscure che noi non conosciamo. Nei giorni scorsi abbiamo letto interviste di Celli, di Verdelli e di Minoli: tutta gente che la sa lunga e la sa pure raccontare in fatto di rapporti perversi tra Rai e politica. Tutte mammolette. E per fortuna tacciono i tanti altri che pure avrebbero tanto da dire. Pensiamo ai vari Saccà, Cappon, Lei e compagnia cantando tanto per citarne solo alcuni tra i tanti che ci vengono in mente. Diciamo semplicemente, senza infamia e senza lode: tutti profeti del passato, tutti arguti analisti e capaci intenditori di ciò che è stato e di ciò di cui sono stati responsabili, ma difficile ascoltare da qualcuno di loro una battuta, un’idea qualsiasi su un possibile futuro. Magri, se ce l’hanno, se la tengono talmente ben stretta che non la sa nessuno.

Ma il problema, uno dei tanti, non sono tanto loro ma coloro che invece non ci sono. Non ci sono profeti di un domani quale che sia, da nessuno abbiamo ascoltato come potrebbe essere la Rai tra 10 o 20 anni: una sola rete che diffonde solo spettacolo, oppure solo informazione, magari senza canone, senza radio, solo Web o che altro sia. Oggi, quì, subito, non ci sono chi dovrebbe essere in grado di proporre qualcosa di sensato, di nuovo, di diverso per un Servizio Pubblico che giocoforza non sarà più lo stesso di prima. Per ora, per lo più, se la stanno cavando con l’acqua fresca ripassata in padella (il nuovo modello organizzativo) misterioso quanto fosco come la nebbia. Ma da questo a disegnare il futuro della Rai con le sue radici profonde affondate nelle risorse (scarse), nella normativa tutta da ridisegnare (governance) e nelle tecnologie (necessarie e costose) sembra che ce ne corre quanto basta per dubitare di tutto e di tutti.

Abbiamo la vaga sensazione che come spesso succede, la nebbia in Val Tiberina durerà a lungo.

bloggorai@gmail.com

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