Scusate il ritardo. In campagna nevica e i giornali arrivano più tardi.
Anche i gatti osservano e aspettano.
Cominciamo da un dettaglio: un giornalista si rivolge a Draghi e gli dice “in bocca al lupo” e lui risponde ”crepi il lupo”. No, gentile Presidente, cominciamo male, partiamo con il verso sbagliato almeno in questa piccola forma che poi, si sa, è anche sostanza. Ormai tutti sanno benissimo che il lupo non solo non deve morire ma, anzi, tappeti d'oro dove poggia le zampe. Anche da un punto di vista simbolico la figura del lupo è simbolo di forza, astuzia, lavoro di gruppo e altro ancora. Perché augurargli di morire?
Bene, tanto premesso, proponiamo qualche riflessione a botta calda e ci limitiamo a quanto di nostra competenza: il futuro del Servizio Pubblico e della Rai (che potrebbero anche non coincidere del tutto).
La prima e immediata osservazione giocoforza viene dalla composizione del Governo: uno dei due ministeri che maggiormente vi insiste è quello dello Sviluppo Economico (MISE) prima con Patuanelli (M5S) e ora Giorgetti (Lega). Se volessimo rimanere nelle metafore animali sembra come aver gettato una faina nel recinto dei conigli. È nota infatti l'ostilità della Lega verso la Rai e, segnatamente, verso il canone che vorrebbero abolire. Tanto per rinfrescare la memoria:
Il Mise, tanto per chiarire dettagliatamente, è la controparte che firma il Contratto di Servizio, cioè, insieme alla Concessione e poi alla Convenzione, la “Magna Charta” dei compiti che Rai deve svolgere. Se il Mise vuole, e in parte lo ha dimostrato anche recentemente, mette in ginocchio non solo i conti di Viale Mazzini ma tutta la baracca. Un tema su tutti molto caro a questo Blog: la transizione al DVB-T2. Speriamo di essere stati chiari e convincenti.
Ma, purtroppo, come abbiamo scritto tante volte, i nemici della Rai sono sparpagliati bene in molte direzioni e, in particolare, sul tema canone, da molto tempo è stata condotta una campagna contro la sua natura, il suo importo e la sua destinazione. Ancora, tanto per rinfrescare le idee e spiluccare qua e là nell'infinita letteratura, può essere utile rileggere:
Detto questo, veniamo al dunque e affrontiamo la sostanza. Si aprono due possibilità: o è Draghi che detta in prima persona la linea al Mise, a Giorgetti, che sarà chiamato semplicemente a svolgere il suo programma e si tratterà di capire e sapere esattamente quali saranno le sue intenzioni verso gli impegni che si dovranno assumere sulla Rai, a partire da ora sui due grandi temi: le risorse economiche e il rinnovo del vertice. Oppure sarà il Mise, cioè Giorgetti, cioè la Lega, a dettare l'agenda Rai indipendentemente da come Draghi la possa volere. L'azionista di maggioranza del Servizio Pubblico, il Ministero Economia e Finanza, in mano al “tecnico” Daniele Franco, di stretta osservanza draghiana, non farà altro che seguire quanto il Capo del Governo vorrà indicare. In soldoni, come ci riferiscono da Viale Mazzini: “... per dritto o per rovescio … saranno dolori”. Questi saranno ancora più aggravati dal fatto che in questo Governo siedono esponenti di quel “partito”, Mediaset, che notoriamente, storicamente, culturalmente, vede la Rai come il fumo agli occhi. Da non dimenticare che giace in attesa di dibattito una proposta di Legge del deputato Mulè (FI) finalizzata all'abolizione della pubblicità dalle reti Rai.
Intendiamoci, come al solito, si tratta di capire e di sapere cosa si intende fare della Rai nel suo prossimo futuro, a quali compiti dovrà rispondere, quale dovrà essere la sua missione. E qui torniamo al punto essenziale.
In queste settimane, in questi giorni, si è dibattuto (e anche ieri la senatrice Fedeli è tornata sull'argomento) sulle diverse proposte di revisione della Legge 220 del 2015 e l'introduzione di nuovi criteri di governance dove anche chi vi scrive ha aderito. Siamo ancora convinti di questa necessità di togliere dalle mani del Governo la possibilità di intervenire sulla nomina dei vertici Rai. Ma ci stiamo sempre più convincendo che oggi si pone un tema ad esso prevalente: la necessità di definire, far comprendere agli italiani, quale Rai ci dovrà essere nei prossimi anni e perché gli si debba pagare un canone. Se non si avvia questo dibattito, se non si diffonde nel Paese e si radicalizza il tema della legittimità ad esistere della Rai, la scorciatoia degli altri sistemi e piattaforme sarà sempre più facile e agevole.
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