Nelle scienze sociali sono relativamente poche le nuove invenzioni. Tutto, o quasi, è stato già scritto o raccontato da millenni. La scienza della comunicazione è nuova solo nelle dimensioni accademiche quanto invece è antica nella storia dell’umanità. Per entrare nel nostro campo e per introdurre il tema di oggi vi proponiamo di rivedere uno spot di Spike Lee, realizzato nel 2004 per conto di TIM, ed ha vinto un premio per quello che potrebbe essere ricordato il migliore spot “Best ever forever”:
https://www.youtube.com/watch?v=MSTBory_sJY
L’argomento di grande attualità è la comunicazione del nuovo Presidente del Consiglio. Che tipo di comunicazione ci si potrà attendere da Draghi? Da questa mattina sarà noto il suo programma di governo e questo è già un bel passo avanti. Finora, lo stile e l’impronta di comunicazione ha visto l’uso di un solo strumento: il silenzio. Da giorni autorevoli osservatori (vi proponiamo il pezzo di Gianluca Comin su Formiche.it che cita un documento molto interessante The Nature of Silence and its Democratic Possibilities .. per chi fosse interessato lo abbiamo in originale e lo possiamo inviare su richiesta a bloggorai@gmail.com ) hanno rilevato questa caratteristica di Draghi, molto simile a quello della Merkel: si parla il minimo indispensabile e, infatti, già dalla prima riunione del Consiglio dei Ministri ha raccomandato “sobrietà e riserbo” nelle comunicazioni alla stampa.
Dunque, per un verso un suo stile, un suo marchio di fabbrica, per altro verso una precisa scelta “politica” e, per certi aspetti, "tecnica". Ci interessa riflettere su questa seconda parte. Anzitutto da osservare una marcata differenza con il precedente governo Conte che della comunicazione “aperta” e globale, dovunque e comunque e su tutti i media, ha fatto la sua cifra distintiva. In secondo luogo, la necessità di “governare” la comunicazione di una compagine di partiti molto eterogenei tra loro, alcuni reduci di clamorose giravolte, che proprio sulla comunicazione rischiano di mettere in difficoltà l’azione del nuovo Governo (vedi il caso Speranza sullo sci e ne parleremo più avanti). In terzo luogo, il vincolo di “costruzione” di un leader che non ha la controprova del consenso sociale che è in grado di riscuotere (al di la dei sondaggi, volatili ed effimeri per loro natura). Significa dotarsi di una propria “grammatica” della comunicazione istituzionale e “popolare”. Il consenso istituzionale già lo possiede, a partire da quello che gli riconosce in primis il Capo dello Stato Mattarella. Si tratterà invece di dialogare, di comunicare con le persone, con chi sarà oggetto delle sue scelte di Governo, dalle quali dovrà essere percepito come “capo”, autorevole, forte e credibile.
Per tutto questo, e per altri buoni motivi, la strategia del silenzio finora utilizzata da Draghi potrebbe rivelarsi uno strumento a doppio taglio. Per un verso mette sotto tutela i rischi di comunicare scelte, forse pure impopolari, che potrebbero essere disconosciute il giorno dopo (sul fronte della sanità, del lavoro etc) e dunque “meno se ne parla, meglio è”. La strategia è quella del “Governo del fare e non del comunicare”. È una scelta che può ottenere gradimento: il sano pragmatismo del buon padre di famiglia che mette in ordine i conti di casa. Non a caso, ha nominato come sua portavoce Paola Ansuini, già responsabile della comunicazione in Banca d’Italia, una donna che viene dal mondo dei numeri, della finanza e dell’economia.
Viceversa, la strategia del silenzio, o forse si potrà meglio dire della “comunicazione sottotono”, in queste determinate circostanze rappresenta una forte dose di rischio. Cosa determina la qualità della comunicazione politica e sociale? La quantità degli strumenti che si adoperano? Cosa caratterizza la “buona” comunicazione da quella “cattiva”? Proponiamo uno tra i tanti criteri: la credibilità, cioè la definizione di un messaggio percepito come “vero”. Siamo consapevoli che su questo terreno il discorso si complica assai: cosa è “vero” nel racconto sociale e politico di un Paese? Si può dire che esiste una sola verità, oppure si può sostenere che esiste una verità "tecnica" indipendente dalla politica? Abbiamo qualche dubbio. Però, tanto per essere chiari, quando si tratterà di decidere lo sblocco dei licenziamenti tra poche settimane, sarà difficile non essere chiari e le scelte di comunicazione a disposizione non saranno molte: o le imprese potranno procedere a licenziare centinaia di migliaia di persone oppure no. La comunicazione si poggia su due pilastri: da un lato si emette un messaggio e dall’altro lo si riceve. Nel mezzo c’è appunto, il messaggio, il contenuto, l’oggetto stesso della comunicazione. Concludiamo: la strategia del silenzio non ci sembra la migliore in questo momento: la pandemia pone una sfida anche mediatica di rilevante spessore. Si tratta di comunicare bene, di emettere messaggi forti e chiari, facilmente recepibili e condivisibili, autorevoli e credibili.
La storia del blocco dello sci firmato da Speranza non è ben chiaro se si è tratto solo di sfortuna o di un ardito quanto complicato complotto. Per la prima ipotesi propende la somma di circostanze temporali: all’inizio della crisi politica era difficile prevedere l’andamento della contemporanea crisi epidemiologica. Per la seconda ipotesi propendono due fattori: una vendetta e una minaccia. Vendetta per chi è stato o sarà rimosso da Draghi e minaccia per quanto lo stesso capo del Governo vorrà fare nella sua beatitudine “tecnica”. Ancora sulla prima ipotesi: certamente la fortuna è una componente determinante per le sorti delle vicende umane. Si tratta di quel famoso filo d’erba che può indirizzare una palla in una direzione piuttosto che un’altra. Ieri, sulle pagine del Corriere, è comparso un lungo articolo a firma Gian Antonio Stella dal titolo “Gli osanna per i leader. Quella devozione di troppo per chi è al potere”. Draghi è o potrebbe essere un leader carismatico? Attorno a lui siedono generali capaci e fortunati? Vedremo.
Nota a margine: sulla Rai è sceso un preoccupante silenzio.
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