Nel mentre e nel quando ieri attendevamo pazientemente di essere ricevuti a Palazzo Chigi per consultarci (reciprocamente) con il Presidente Draghi, per ingannare il tempo, ci siamo tenuti la mazzetta dei giornali sotto il braccio e, come spesso, accade, facciamo una ripassata ai titoli.
Anzitutto ci ha colpito il titolo di Repubblica: "Draghi: Programma di coesione sociale" e poi il titolo che in qualche modo gli si lega direttamente sul supplemento economia del Corriere “Anche ai governi tecnici serve il consenso” e conteneva una interessante intervista a Giuseppe De Rita. Il perimetro della riflesione si concentra tra conseno tra i partiti e consenso tra i cittadini che non sempre coincidono. si potranno pure avere i voti in questo Parlamento ma, prima o poi, sarà necesario guadagnarsi quelli nelle urne.
Andiamo con ordine. Iniziamo con il titolo di Repubblica. Il tema della coesione sociale potrebbe essere il quarto punto che vorremmo inserire nelle nostre future consultazioni con Palazzo Chigi. Siamo fermamente convinti che si tratta di un argomento spartiacque che interessa il Paese intero e, di riflesso, uno dei compiti essenziali del Servizio Pubblico Radiotelevisivo. Si potrebbe dire di più: si tratta di un compito pressoché esclusivo per quanto agli altri broadcasters non gli si pone questo vincolo che invece alla Rai si prescrive dettagliatamente dalla Concessione e dal Contratto di Servizio: “… condizione che contraddistingue le collettività nazionali caratterizzate dal riconoscimento di una comune identità storica e culturale, da comuni valori e interessi, dal senso di appartenenza a una stessa comunità, dalla presenza di una rete attiva di relazioni sociali e di mezzi di comunicazione che facilitino la partecipazione di tutti alla vita civile, sociale, politica e culturale”. Per quanto riportato dall’Osservatorio di Pavia che ha monitorato tutte le trasmissioni del 2019, i principali risultati “evidenziano anzitutto come la programmazione Rai sia rispettosa della dignità della persona, in linea con quanto rilevato nel 2018”.
Alla Rai dunque non si concede una facoltà, non è oggetto di trattativa, è un obbligo dettagliato. Tant’è che lo scorso anno sono avvenuti tre fatti significativi: il primo è stata la costituzione di Rai per il Sociale, diretta da Giovanni Parapini; il secondo la pubblicazione del Bilancio Sociale 2019 e il terzo, proprio recentemente, la pubblicazione di una poderosa ricerca curata dall’Ufficio Studi Rai, diretta da Andrea Montanari, con il titolo “Coesione Sociale. La sfida del Servizio Pubblico radiotelevisivo e multimediale” della quale ne parleremo ancora:
Dunque, almeno da questo punto, di vista, non si può dire che Viale Mazzini si sia fatta trovare impreparata sull’argomento. Draghi ne potrà e dovrà tenere conto.
Il secondo titolo di ieri che ci ha colpito è, in qualche modo, un corollario di questo tema: per ottenere coesione sociale è necessario il consenso sociale.
Dunque, come si sostiene, si promuove, si diffonde, si alimenta il “sentimento” o il “comportamento” sociale? In altre parole, abbiamo letto un nesso logico tra i due temi: sociale e consenso. Il corollario subordinato di quest’ultimo temine potrebbe essere: “il consenso si ottiene con una buona comunicazione/politica” che, in subordine, porterebbe a definire che “una buona comunicazione/politica (attenzione alla separazione) produce voti elettorali”. In questa chiave leggiamo lo svolgersi del dibattito politico di queste ore: la partita della nascita e della futura sopravvivenza del Governo Draghi si giocherà anzitutto sulla comunicazione, sulla capacità di proporre messaggi e contenuti che siano facilmente ricevibili, credibili, accettabili e sostenibili dalla maggior parte dei cittadini. Ci saranno anzitutto i contenuti, il programma di governo, le scelte immediate, ma ci sarà ancor più il modo e gli strumenti con i quali queste scelte verranno proposte e diffuse. Realizzare un buon prodotto è una cosa, confezionarlo e venderlo è altra cosa. Allora la solita semplice domanda che poniamo è: il Servizio Pubblico, la Rai, sarà in grado di partecipare a questo processo? E inoltre, quale Rai? Quella che si appresta lasciare il palazzo o quella prossima che verrà?
Da chi sarà diretta la Rai del prossimo futuro? Da un “politico” espressione di un equilibrio di governo che la Legge del 2015 in qualche modo ha imposto e determinato tra i partiti che sorreggevano la maggioranza Conte (prima Lega-M5S e poi PdD-M5S) oppure con un “tecnico” non ascrivibile a nessuna “quota”? In questo senso, i precedenti a Viale Mazzini non sono di grande aiuto e non alimentano grandi speranze. Per parte nostra non crediamo agli Uomini della Provvidenza, ai Salvatori della Patria chiunque essi siano, non sono cose di questo mondo. Crediamo pure poco ai “tecnici” neutri, apolitici, ai quali manca un elemento fondamentale della loro azione: la visione, il progetto, l’idea per la quale lavorano. Qualcuno tra questi sulla Rai, a suo tempo, disse più o meno che si potrebbe assimilare ad una fabbrica di bulloni. La storia della Rai prossima ventura è ancora tutta da scrivere: quale sarà il Servizio Pubblico prossimo venturo per il quale anche il governo Draghi potrà/dovrà lavorare???
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