mercoledì 21 ottobre 2020

La Rai col buco

Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, un leone si sveglia e sa che dovrà correre più della gazzella o morirà di fame. Ogni mattina in Africa, come sorge il sole, non importa che tu sia leone o gazzella, l'importante è che cominci a correre. Esattamente come succede, o dovrebbe succedere, alla Rai.

Sono mesi (se ricordiamo bene, dallo scorso giugno) che si parla di un possibile deficit di bilancio previsto per l’anno in corso e per il prossimo. Il 24 luglio Il Fatto Quotidiano, a firma Gianluca Roselli, titolava “La Rai col buco: 50 milioni ora e 200 nel 2021”. Oggi se lo ricorda anche Andrea Biondi sul Sole 24 Ore: “Rai, spending review per evitare il crollo del conti nel 2021.  Viale Mazzini prevede un rosso da 150 milioni. Pressing sull'extragettito. La speranza in Rai è di riuscire a far passare l'idea che quei milioni di cosiddetto extragettito, banalmente il maggiore introito dovuto all'applicazione del canone in bolletta, possano tornare alla Rai. Intanto si corre ai ripari”.

Allora, con ordine. A che gioco giochiamo? I conti sono chiari e non da ora. Notoriamente, la crisi del Covid non poteva che peggiorare la situazione. Da mesi era noto a tutti che il contesto non prospettava nulla di buono. Anzi! E tuttora, nonostante qualche sussulto di ripresa del mercato pubblicitario delle scorse settimane, la tendenza rimane sotto il segno negativo. Domandina semplice semplice: ma perché nel frattempo non è stato fatto nulla di significativo, di rilevante, in grado di poter affrontare queste prospettive? I termini che si usano nell’articolo citato sono “speranza” e “pressing”. Sul primo è meglio stendere un velo pietoso. Speranza? Ma in quale Azienda i conti si gestiscono con la “speranza” e poi in cosa? In chi? Nella Divina Provvidenza? Una processione che parte dalla Chiesa del Cristo Re di Viale Mazzini e faccia tutto il giro dei giardinetti? Oppure, per gli atei miscredenti, chiamare gli sciamani del Borneo?

Ricordate quanto abbiamo citato anche ieri? Andrea Martella (PD) “La Rai ha bisogno di un sistema di governance nuovo…”. Avrà voluto dire qualcosa, mandare messaggi occulti a qualcuno? Su quanto avvenuto lo scorso Cda ci sarebbe da scrivere un‘antologia. Ma ci limitiamo a quello che sappiamo: tre consiglieri si sono astenuti. Inoltre, ci limitiamo a riferire che la società di consulenza incaricata già in precedenza di “mettere a terra” il Piano Industriale (a quanto sembra lautamente retribuita) "avrebbe" presentato un documento di 18 slides dove si propone di “rivedere il perimetro del Contratto di Servizio”. Scrive ancora Biondi “…le prime vittime saranno i canali istituzionale e in inglese, previsti dal contratto di servizio 2018-22 che non partiranno per ora, la cancellazione dei canali Rai Sport”. Forse, abbiamo capito male noi. Per quanto poco sappiamo, il Contratto di Servizio non è oggetto di contrattazione, almeno quello in vigore, per il prossimo c’è molto tempo davanti. Quello attuale deve essere applicato senza se e senza ma. Non è cosa da poco.  

La vita della Rai, del Servizio Pubblico, poggia su tre pilastri: la sua missione, le risorse sulle quali contare per applicarla, le tecnologie che usa. Questi pilasti sono sorretti da una normativa. Quest’ultima è superata dalle mutate condizioni di mercato, da nuove disposizioni comunitarie che “impongono “ di rivedere testi fondamentali (la Legge Gasparri, il TUSMAR etc). Se uno dei pilastri traballa, non ha fondamenta sicure sulle quali poggiare, il rischio che tutta la baracca possa averne gravi conseguenze è forte.

                                                               bloggorai@gmail.com

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