lunedì 26 ottobre 2020

Rai: lo stato di crisi

Mental health is as important as physical health. 

Ci è tornato in mente questo tweet del Comitato internazionale della Croce Rossa dello scorso 5 settembre quanto abbiamo preso atto di quanto sta avvenendo e di come si intende affrontare la nuova situazione del Covid. Si sta mettendo a dura prova l’intero sistema sanitario nazionale ma anche l’intera integrità mentale delle persone che non sanno più comprendere cosa succede e come e quando potrà finire tutto questo. La narrazione continua ad essere in una sola direzione: la situazione è drammatica e potrebbe peggiorare, intanto facciamo un nuovo DPCM e poi si vedrà. 

In questa confusione si accompagna bene l’informazione pubblica. ad esempio, sabato sera l’edizione del Tg1 delle 20 annuncia una prossima conferenza stampa del Presidente del Consiglio che poi non avverrà. Non si può e non si deve fare un errore del genere. Se non si ha certezza di una notizia non la si deve dare. Punto. In questo momento (sempre) non si può alimentare una confusione del genere. Punto.  

Veniamo ad oggi. Tutto tace, nessuna notizia sulla stampa e pressoché nulla da mail, sms, What’up e telefonate varie. Ieri solo un articolo a firma Roselli sul Fatto con il titolo “Viale Mazzini in rosso. Tagli ai compensi e via Rai Sport”. All’interno del pezzo si parla di spending review e razionalizzazione dei costi.

Prima di iniziare questa seconda parte del post di oggi, vi proponiamo un pensiero di Richard Sennett, forse tra i più importanti sociologi contemporanei: “È più importante che le persone abbiano qualcosa da fare, anche se non guadagnano molti soldi. Devono avere uno scopo: questo è molto importante. Più dei soldi”. Ci ha convinto: la Rai deve avere una missione chiara, forte, credibile e condivisa per la quale può chiedere soldi.

Come vi abbiamo annunciato in un post precedente, vogliamo approfondire la situazione Rai a partire da un momento particolare: il Cda del 14 ottobre scorso. Diciamo per ora che in quella data ha avuto inizio una fase particolare per il Servizio Pubblico dove, in qualche modo, si è aperto uno stato di crisi. Il tema delle risorse sulle quali contare anzitutto per la sopravvivenza (non parliamo di sviluppo) sta divenendo centrale e dirimente su tutto il resto. Non è possibile parlare e dibattere di nulla se non ci sono certezze in questo senso. I numeri che si conoscono sono ai limiti del drammatico e ricordano quanto avvenne nel 2014 (Governo Renzi) laddove a fronte di una situazione di deficit e del prelievo forzoso (altrimenti definito scippo) di 150 milioni di euro si volle intervenire autorizzando la vendita di una parte di Rai Way per evitare di portare i libri in Tribunale. Il problema è che oggi, forse, la situazine è molto più grave.

In questa riunione di Consiglio, sostanzialmente, è stato affrontato il tema bilancio in relazione agli adempimenti previsti dal Contratto di Servizio. Si tratta di una questione molto delicata che vede confrontarsi scuole di pensiero diverse. Alcuni sostengono che il CdS sia stato impostato in un’epoca ora lontana e non più adeguata alle mutate condizioni sociali, politiche ed economiche del Paese e del mercato e quindi si può intervenire anche in corso d’opera. La seconda, alla quale apparteniamo, sostiene che questo CdS è ora immodificabile per due buone ragioni. La prima è che non ci sono tempi e condizioni per proporre modifiche sostanziali. Anzitutto le condizioni tecniche: nei 30 articoli che compongono il Contratto non vi è tracia di possibilità di modifiche. Solo  l’art. 25 istituisce una Commissione paritetica tra Rai e Ministero con il compito di “definire  a) “ le più efficaci modalità operative e di applicazione e di sviluppo delle attività e degli obblighi previsti dal presente Contratto in coerenza con l’evoluzione dello scenario di riferimento”   e b) “gli opportuni interenti volti a risolvere le difficoltà di applicazione e di interpretazione eventualmente emergenti”. Dopo di che si passa all’art. 30 che definisce la durata di 5 anni, cioè scadenza 2022. Le seconde condizioni “politiche” poi non sembrano certo delle migliori a mettere mano a modifiche del Contratto, visto l’attuale stato confusionale dei partiti che non sono in grado di esprimere un concetto compiuto sul futuro del Servizio Pubblico. Ciononostante è stata chiesta una consulenza ad una società esterna (forse pure ben retribuita) che ha ben pensato che si possa “derogare” agli obblighi previsti dal CdS per fronteggiare la crisi economica. Se lo avessero chiesto a noi, lo avremmo fatto gratis e subito.

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