sabato 31 ottobre 2020

Rai: giochi di guerra e scherzi con il fuoco

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Giochi di guerra e scherzi con il fuoco. Come abbiamo scritto, ieri in Cda poco o quasi nulla, o meglio … tanto. Leggiamo parte del comunicato stampa “…le ipotesi relative a chiusure o accorpamenti del canale Rai Storia e del canale Rai Sport sono riconducibili a simulazioni…”. Cioè, tradotto, abbiamo giocato a cercare di capire cosa succederebbe se… interessante, divertente, utile. Gli esercizi di scenario sono tipici dei giochi di simulazione, appunto, speso utilizzati in ambito militare.  

Peccato che il solo gioco di simulazione ora di interesse assolutamente strategico che riguarda la Rai non venga adeguatamente preso in considerazione. Ci riferiamo, per l’ennesima volta, alla transizione al DVB-T2. Lo abbiamo scritto più volte, lo hanno sostenuto studi e ricerche, che la “simulazione” più attendibile e verosimile è che, a partire dal  prossimo settembre, il servizio pubblico rischia di perdere qualche milione di telespettatori quando questi ultimi si potranno trovare lo schermo nero e uno o più televisori da rottamare. Già, perché nelle famiglie degli italiani ci sono più di un televisore in ogni abitazione che finora consentono di “reggere” gli ascolti. La televisione si potrà vedere, come già ora avviene in modo sempre più consistente, attraverso altri device privi di sintonizzatore Tv e, come noto, l’assenza di questa componente all’interno dell’apparato, consente di NON pagare il canone. L’equazione è semplice: più smartTv collegata in rete = meno televisori che fruiscono di DTT. Per fronteggiare questa eventualità occorre una campagna di informazione e comunicazione agli utenti ora, subito, e per tutta la durata dello svolgimento della transizione. Lo impone la Legge attraverso il dispositivo del Contratto di Servizio, senza esitazione e senza intermediazioni del MiSe. Ricordiamo ancora una volta l’art. 17: “1. La Rai garantisce l'informazione al pubblico in ciascuna area tecnica nel corso dell’attuazione della tabella di marcia nazionale per la liberazione della banda 700MHz, utilizzando le emissioni televisive e radiofoniche e il web. Tale informazione dovrà essere fornita senza interruzioni fino a quando le attività non saranno ultimate in tutto il territorio nazionale”. Non regge e non può reggere la scusa, insostenibile sotto ogni aspetto, che si debba “agire in coordinamento con il Ministero”. No, non è sostenibile anzitutto perché non è previsto da nessuna parte e poi perché, ormai sembra quasi evidente, che buona parte del Governo, implicitamente o esplicitamente, spinge in direzioni opposte a quella degli interessi del Servizio Pubblico.

Diciamolo in altri termini: una fortissima corrente di pensiero economico anzitutto, ma anche politico, sostiene un modello di televisione, di sistema radiotelevisivo, orientato più verso il broadband rispetto al broadcast. Altrimenti, non si comprende perché il Ministero ritarda ad avviare la campagna di comunicazione verso gli utenti. Ci è stato riferito “Si aspetta Natale, quando potrebbe essere più elevata la propensione alla spesa degli italiani che potrebbero approfittarne per comprare un nuovo televisore”. Evidente a chiunque che, con la situazione drammatica che stiamo attraversando, questo tema potrebbe non essere al centro dei pensieri degli italiani. Questo significa scherzare con il fuoco.

Per precisare e sintetizzare meglio ancora: se il futuro della televisione si sta disegnando nello streaming in questo scenario il vantaggio competitivo si gioca con l’utilizzo efficiente degli algoritmi. La Televisione digitale terrestre è fuori gioco in quanto non ha un “canale di ritorno” con il quale modellare proposte editoriali e nuovi contenuti, terreno di contesa fondamentale. La Rai è arretrata su ambedue i fronti: Rai Play è marginale (vedi i report di Auditel) e non si sa nulla su come Viale Mazzini ha intenzione di agire sul secondo fronte.

Tanto per dare un’idea della rilevanza del problema: leggiamo questa mattina sul Messaggero “La Commissione europea chiederà alle piattaforme digitali come Facebook, Twitter o Google trasparenza sul modo in cui i loro algoritmi raccomandano i contenuti, al fine di «proteggere la nostra democrazia». Ad annunciarlo è stata la commissaria alla concorrenza Margrethe Vestager. «Non possiamo lasciare che le decisioni che influenzano il futuro della nostra democrazia siano prese nel segreto di pochi consigli di amministrazione»”. Appunto, la Rai è nel cuore del flusso della comunicazione e dell’informazione, nonché della formazione della cultura nazionale e non è quindi irrilevante accendere le attenzioni su questo argomento. Se qualcuno a Viale Mazzini si vuole divertire, pagando pure lauti compensi a ricche società di consulenza, a fare “simulazioni” ha buoni temi sui quali esercitarsi.

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