Erano passate solo poche ore da quando ieri avevamo
pubblicato il Post di Bloggorai dove era scritto “… Non si raccoglieranno
margherite sul campo degli ascolti e degli altri generi Tv: la “faccenda”
dei pacchi d’azzardo di RaiUno potrebbe essere solo la punta di un fenomeno
dilagante sulle altre reti e sugli altri generi: le serie tv, le fiction con il
numero progressivo (Don Matteo 12 o Makari 4)” e, zacchete, arriva la prima
“botta” con l’anticipazione de L’Espresso che titola “La Rai perde lo
storico primato. Mediaset all’attacco. In esclusiva tutti i numeri del
sorpasso” e giù con i numeri impietosi. Si legge che “… Secondo quanto risulta
dai dati sulla stagione in corso aggiornati a venerdì 12 settembre - e che
siamo in grado di rivelare - Mediaset ha superato abbondantemente la Rai,
consolidando un sorpasso che non è più episodico ma ormai strutturale. Il
confronto tra i principali gruppi televisivi è chiaro: Mediaset: 38,5% di share
e Rai: 33,2%”.
La seconda “botta” arriva questa mattina con il Sole 24 Ore a firma Andrea Biondi che riporta dati dello Studio Frasi e titola “Mediaset scavalca la Rai. Canale 5, estate in vetta” dove si legge “Una rincorsa che parte da lontano. Ma, alla fine, l'estate 2025 ha segnato il sorpasso. Il consuntivo della bella stagione sancisce un ridisegno della geografia della televisione italiana”. È solo una “contingenza negativa” dovuta al fatto che alla Rai sono mancati i grandi eventi sportivi oppure si tratta di un fenomeno strutturale destinato a stabilizzarsi?
Leggiamo ancora un passaggio nodale: “… la
capacità del Biscione di attrarre un pubblico, evidentemente più giovane, che
la Tv la vede sui device on demand”. Questo il cuore del problema: come vi
abbiamo riferito più volte la diversità è nel “target” ovvero nel pubblico di riferimento
a cui si propone la diversa offerta editoriale: tra Rai e Mediaset tra i rispettivi
telespettatori corrono poco meno di 10 anni di differenza. Rai mena vanto di
riproporre Benigni e spera di avere Celentano (sponsorizzato dal Governo) condito da over dose di Techedechè insaporito da repliche di repliche e annaffiato da “fiaschi” di trasmissioni che durano
“l'espace d'une nuit”. Tanto per dare un’idea dei geni che abitano nell’ex
Viale Mazzini: da un lato è già a rischio chiusura una "nuova" trasmissione su RaiDue e dall'altro torna in video Miss Italia e dove lo mandano in onda? Su Rai
Play, of course. Ma era proprio necessario ripescare quello scheletro nell’armadio
del Servizio Pubblico solo perché fa piacere alla destra di Governo?
Non solo, non è sufficiente: il
mondo Rai è convinto di essere al centro dell’universo, di godere di una
impunità trascendente, di una sorta di “potere divino” dato dalla sua “natura”
di Servizio Pubblico indispensabile e imprescindibile, unico e insostituibile. Non è più così e non lo è da tempo. Leggiamo
su Italia Oggi in edicola questa mattina: “Dal 2013 a oggi il mezzo è sceso dal
41% al 12% degli investimenti pubblicitari globali. La TV lineare in Italia
è l'eccezione mentre nel resto del mondo è in caduta libera e sale la TV
connessa. In Italia viviamo ancora in una bolla spazio-temporale dove il
dibattito verte sullo scontro tra la Ruota della fortuna e Affari tuoi e su che
fine farà Striscia la notizia e in generale sulla TV lineare sempre centrale
sia per l'audience sia per la raccolta pubblicitaria. Il mondo va invece da
tutt'altra parte”.
Non c’è scampo: hai voglia a
parlare di “riforma” se nel frattempo la Rai lentamente e inesorabilmente
affoga nella sua palude di incapacità e “impossibilità ad essere”. Hai voglia
a parlare di “riforma” se non sei capace a dire una parola sul “prodotto Tv”, su
quello che va in onda, su quanto viene proposto agli italiani. La Rai arranca e
sprofonda proprio nella sua dimensione primordiale dell’offerta televisiva a
cui si accompagna la paralisi progettuale: quando scriviamo di “piani” ci riferiamo
a quello industriale, sepolto e dimenticato, che per quanto strampalato era o dovrebbe
essere pur sempre un “piano” con le sue metafisiche fantasie della Digital
Media Company e dei lunari KPI. Ci riferiamo, come ripetiamo ancora una volta, alla totale
assenza di un qualsivoglia “piano editoriale per l’informazione”. Zero, nemmeno
l’ombra, nemmeno un sussurro flebile di buona volontà. Abbiamo sotto gli occhi
il famigerato documento segretissimo “Linee Guida Palinsesti 2025-2027” dove si
recita il “de profundis” della tanto strombazzata “riforma per generi” e si
elencano i tanti “vulnus” che si sono evidenziati, a partire dalla sua profonda
crisi identitaria che ha impedito di “ … intercettare il bisogno del pubblico
ricostruendo altrove un posizionamento non più percepito in casa Rai”.
Già, ma chi e come si risolve
tutto questo e quanto tempo sarà necessario per farlo, mentre il resto del mondo,
Mediaset in testa, corrono a velocità doppia rispetto alla Rai?
Sarà sufficiente, intano, la “riforma della governance” del
Servizio Pubblico? Sarà sufficiente sottrarre l’Azienda dalle grinfie del Governo
di turno nominando i suoi vertici con i criteri EMFA? Non sapendo più a che Santo
votarsi, speriamo ... speriamo… anche se
la povera e anziana mamma diceva sempre “chi di speranza vive ... disperato muore”.
bloggorai@gmail.com
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